La coordinazione e i riflessi del biker

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Bentornati a tutti, oggi parleremo di due argomenti molto particolari e sempre tenuti in scarsa considerazione negli allenamenti: la coordinazione e i riflessi.

Vi è mai capitato in bici di compiere gesti poco armoniosi, specialmente da stanchi? Di ritrovarvi per terra senza sapere il perché? Di scoprire dopo mezza discesa che state frenando in modo molto approssimativo con entrambi i freni senza far più distinzione dx-sx? Di non riuscire a controllare il retrotreno della vostra bike in una lunga, veloce  e scivolosa curva sul ghiaietto?



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Vi sono molti aspetti dell’allenamento che possono andare oltre la crescita muscolare, oltre la resistenza e la potenza…che però possono dare degli eccellenti risultati. Una volta migliorati questi aspetti riusciremo ad essere più veloci e precisi, più lucidi, e soprattutto ad anticipare-prevedere alcuni movimenti della bike, o quanto meno a rendercene conto.

Partiamo dalla coordinazione per arrivare poi ai riflessi. I due argomenti infatti sono strettamente legati.

Vi sono diversi tipi di coordinazione:

–          Coordinazione intramuscolare: è la capacità delle fibre muscolari che compongono il singolo muscolo di contrarsi in maniera efficiente. Facciamo un esempio classico per definire questa condizione.

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E’ come se tantissime persone dovessero cercare di sfondare una porta; spingendo uno alla volta le probabilità sono basse, spingendo tutti assieme ma in direzioni differenti le probabilità restano ancora basse, ma spingendo tutti assieme  e nella stessa direzione la porta crolla giù.

SQUAT BILANC. 2

Questo succede anche in un semplice squat: se tutte le fibre si contraggono in maniera corretta il carico viene sollevato in modo corretto (non perfetto, manca altro tipo di coordinazione che vediamo sotto).

Semplificando, la coordinazione intramuscolare è la capacità del sistema nervoso di reclutare le fibre muscolari (di un singolo muscolo) in maniera più efficiente per raggiungere lo scopo voluto.

E’ però vero anche il contrario (rispetto all’esempio di prima dello squat): se io ho un bilanciere enorme da sollevare ma i dischi sono vuoti, o salterò per aria come una molla (ed è fisiologico, per fortuna aggiungerei) oppure riuscirò a rendermi conto dell’esagerazione del richiamo di fibre già ai primi gradi di rom, modulando di conseguenza la contrazione. Questa è un grado nettamente superiore di coordinazione.

–         Coordinazione intermuscolare: è la capacità del sistema nervoso di reclutare i muscoli coinvolti nel movimento in maniera efficiente per raggiungere lo scopo voluto. A differenza della coordinazione intramuscolare vista sopra, questa qualità è riferita alla capacità del sistema nervoso di utilizzare tutti i muscoli coinvolti nel movimento (come se fosse un’orchestra) e non un solo singolo muscolo. Infatti, in un gesto atletico non necessariamente tutti i muscoli vengono contratti allo stesso modo e nello stesso istante, ma in una sequenza spazio-temporale che risulta fondamentale per l’efficacia del gesto.

 

Per coordinazione infine, in modo molto più semplice e banale, nella vita di tutti i giorni si intende anche quella capacità di compiere gesti complessi in maniera fluida e veloce, di discernere la destra dalla sinistra e di compiere movimenti indipendenti con i due arti (tipo fare circonduzioni delle braccia avanti con dx e indietro con la sx)…insomma un qualcosa di molto simile a quanto visto nelle capacità coordinative nell’articolo sui giovanissimi:

Effettivamente è questo l’aspetto più evidente di una coordinazione ben sviluppata, che si traduce in un movimento fluido e ‘bello a vedersi’ in bike, nella velocità di reazione e controllo del peso, in una maggior consapevolezza di ‘dov’è il mio corpo nello spazio’ specialmente nelle fasi aeree dei salti, o più semplicemente per concludere, meno rischi e più velocità.

Può essere banale ma di facile comprensione come esempio. Negli ultimi anni in cui ho corso in downhill d’inverno andavo in moto da cross per migliorare la resistenza delle braccia su piste impegnative, oltre a fare esercizi funzionali che allora non andavano ancora molto di moda. Scoprii con immensa soddisfazione, che oltre a migliorare fisicamente, miglioravo soprattutto nella coordinazione. Il fatto di dover fare molte più ‘manovre’ in moto in condizioni di instabilità (cambiare marcia con un piede, frenare con l’altro, la frizione in una mano e il gas e l’altro freno nell’altra) mi rendeva molto più lucido e attento sulla risposta mia e del mezzo a fattori ambientali o derivanti dalla mia stessa guida. Tradotto: molto più controllo in velocità della bici specialmente su terreno duro e scivoloso, mi accorgevo prima di quando stava partendo via la bike e riuscivo a controllarla. E io che pensavo di soffrire solo meno nelle buche di Schladming!

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Usciamo dal volutamente scherzoso esempio per capire altre cose: quanti di questi movimenti sono volontari? Quanti involontari? Quanti diventano automatici nel tempo? Quanto si può realmente migliorare?

I movimenti secondo alcuni studiosi si dividono in volontari, automatici e riflessi. La nostra esistenza è regolata in ogni momento da fenomeni riflessi, cioè di reazione a uno stimolo. Anche le posizione che assumiamo in piedi, seduti, ecc…sono il risultato di contrazioni riflesse dei nostri muscoli; la forza di gravità tende a farci cadere in avanti o indietro, procurando un modico stiramento dei muscoli della catena ora anteriore ora posteriore. A questo stimolo detti muscoli reagiscono mantenendosi leggermente contratti, definendo ‘il tono’ che abbiamo in posizione eretta (che da supino si annulla).

–          Movimento volontario: si intende quello che viene voluto e regolato nei dettagli da una rappresentazione mentale cosciente, la quale pensa costantemente alle varie fasi, ovvero ai movimenti parziali dell’intero gesto. Questa caratteristica se allenata da risultati molto semplici con allenamenti molto semplici (vuoi anche solo le distensioni in panca piana…dove comunque i sistemi prorpiocettivi entrano comunque in funzione).

–          Movimento involontario: è l’esempio del tono costante in stazione eretta, o della attivazione e coordinazione muscolare durante una camminata. In fase adulta, anche se lo abbiamo imparato da piccoli, si considera qualcosa ad altissima componente involontaria.

–          Movimento automatico: è un qualcosa che parte da quella semplice camminata e arriva ad un gesto atletico, è quel gesto che può essere eseguito con disinvoltura ed eleganza, che inizialmente era volontario, ma poiché è stato ripetuto migliaia e migliaia di volte, è ormai immagazzinato nella memoria come un file stabile.

 

–          Arco riflesso: i movimenti riflessi sono determinati dall’attività delle cellule del midollo spinale e il percorso dell’impulso è quello di un arco. Parte dalla fibra muscolare, dai recettori che hanno registrato lo stiramento, il trauma, la differenza di temperatura ecc…va lungo la fibra sensitiva che ritorna al midollo attraverso il nervo spinale, collegandosi con la cellula sensitiva del corno posteriore, questa poi con un’altra fibra si collega a una cellula motoria del corno anteriore e da questa parte una fibra motoria che percorre lo stesso nervo e così l’impulso giunge alla stesso muscolo da cui era partito: il muscolo allo stiramento iniziale reagisce con una contrazione.

 

Tutti questi movimenti e riflessi sono altamente collegati tra loro, tanto che è difficile definirne i confini precisi. Quello che è certo è che (ricordate l’articolo sui giovanissimi?) se queste capacità sono state sviluppate in giovane età, sarà più semplice migliorarle o ‘richiamarle’; certo è anche che più lavoriamo su queste capacità e più movimenti prima volontari, verranno riconosciuti dal corpo come automatici.

Vero anche che lavorare sul sistema propriocettivo con superfici instabili (ma questo l’abbiamo detto milioni di volte) da eccellenti risultati sul ‘primo anello della catena’, o sul ‘primo pilastro dell’arco’ che dir si voglia. E vero infine che lavorare sulla capacità di riflessi occhio-mano, occhio-corpo in genere (quello che nel 99% si intende per ‘riflessi’ nell’immaginario collettivo) non può che essere un eccezionale esercizio. Un pelo difficile da mettere in pratica senza una adeguata attrezzatura.

Dal momento che per migliorare certe capacità non occorre solo andare in bici ma anche in palestra ecco che sotto vedremo alcuni esempi, soprattutto per quel che riguarda lavori propriocettivi, coordinazione in fast-agility e riflessi oculari.

Man mano che eseguiamo un movimento, questo viene regolato e corretto nei dettagli, proprio durante l’esecuzione, in modo più o meno automatico, a seconda del grado di padronanza che abbiamo dello stesso, sulla base delle informazioni sensoriali (visive) e sensitive (dei recettori muscolari=propriocettori): es., decidiamo di prendere un oggetto, il braccio comincia ad estendersi, noi vediamo e/o sentiamo se va nella giusta direzione, le correzioni avvengono inconsciamente=automaticamente, cioè senza che ce ne accorgiamo.

Da quanto detto risulta che esistono movimenti volontari corretti automaticamente e movimenti automatici corretti volontariamente: insomma la volontarietà dipende dal grado di vigilanza ed attenzione che poniamo durante l’esecuzione, e per questo è bene lavorarci su!

Qui non stiamo facendo nient’altro che un recupero della stabilità della cuffia dei rotatori e del core. Andrea Scabrosi viene da un infortunio alla spalla, ma è un crossista, perchè quindi non metterlo su due superfici indipendenti instabili e fargli fare un lavoro che, pur facendolo lavorare su entrambi gli aspetti più importanti, ha una forte componente coordinativa?

Nient’altro che un lavoro di fast agility con l’utilizzo di step (di solito si utilizza speed ladder ma non tutti ne hanno una). Dobbiamo avere capacità di ritmizzazione, e i muscoli (nel loro complesso agonisti-antagonisti-stabilizzatori in continua modulazione) devono ora stoppare, ora muovere il corpo, e nella giusta direzione.

L’esericizio di prima con la componente controresistente dell’elastico, e con l’aggiunta di mezzi burpees iniziali e affondi laterali.

Controllo – fast – stop – isometria monopodalica

Lavoro sulla coordinazione, sulla risposta neuromuscolare, sui riflessi, sulla propriocettività, sul core. La tecnologia fitlight trainer permette con diversi programmi di migliorare i tempi di risposta dell’atleta a stimoli visivi (lo usano in formula 1 per capirci), volutamente cercati, o sfruttando la ‘coda dell’occhio’. Come vedete ogni tanto partono anche delle luci che ingannano, così come è possibile accendere luci di colore diverso dicendo all’atleta di spegnerne alcune e ignorarne altre.

In isometria monopodalica su un cuscino propriocettivo, simulando la presa sul manubrio della bike e fissando un punto fisso lontano (la palla medica che vedete appoggiata sugli step a fine sala – per lavorare sulla profondità) – spegnere più velocemente possibile le sole luci blu.

In una posizione che abbiamo già visto, shoot incrociato (prendendo come riferimenti le X sul muro) – è richiesto molto equilibrio e molta coordinazione. Tenere in mano 2 manubrietti, dischi, o meglio ancora palline contenenti acqua (destabilizza) aumenta la difficoltà.

Sempre in equilibrio sulla fitball farsi lanciare velocemente delle palline (o lanciarle contro il muro – meglio se palline tipo pilates da 300-500-1000 gr) senza guardarle direttamente, è uno degli esercizi più famosi per la coordinazione dei bikers.

Tornando sulla terraferma, anche esercizi come quello che vedete sopra (uno step up + passo indietro) , seppur banali, possono dare ottimi risultati a livello coordinativo (perchè no sfruttarlo come recupero attivo? occhio che non è semplicissimo a livello cardio).

Se alcuni di questi esercizi è bene farli da freschi, perchè sono richieste condizioni fisiologiche particolari, altri esercizi (in realtà quasi tutti in atleti di alto livello), danno dei benefici esagerati se inseriti in circuiti intensi, e specificatamente alla fine, quando non si è più molto lucidi (come in gara). E’ proprio qui che si fa la differenza sulla prestazione ad alti livelli, specialmente in discipline gravity. Anche mentalmente, il rimanere lucidi e continuare a respirare nonostante la fatica, crea un adattamento che in gara darà grandi risultati.

Finisco per completezza, sottolineando che la componente neuromuscolare (collegata alla rapidità e alla coordinazione) non è solo una caratteristica migliorabile nel tempo, oppure solo immagazzinata e archiviata in giovane età, è anche il risultato di meccanismi fisiologici precisi, e in quanto tale, si può migliorare, testare o monitorare nel tempo con altri strumenti e con altri accorgimenti (che toccano anche l’alimentazione) ma ci torneremo presto!

Ringrazio Pietro Longo per la disponibilità e la tecnologia Fitlight Trainer messa a disposizione (ttp://www.fitlightitalia.it/fitlight_brochure.pdf) e tutti gli sponsor che come sempre ci aiutano a dare il massimo della qualità.

La prossima settimana parleremo di Taping Neuromuscolare: ok fa tanto figo, ma serve? Se si quando? Come? E’ utile in gara? Come si applica e quali sono le indicazioni specifiche?

 

Alla prossima puntata e buona coordinazione a tutti!!!

 

Federico Frulloni

personal fitness trainer & preparatore atletico

www.fftraining.it

[email protected][email protected]

FB – LKin – TWT

3482206686

 

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