News Doping: Martin Maes trovato positivo

  • Cannondale presenta la nuova Scalpel, la sua bici biammortizzata da cross country che adesso ha 120 millimetri di escursione anteriore e posteriore in tutte le sue versioni. Sembra che sia cambiato poco, a prima vista, ma sono i dettagli che fanno la differenza e che rendono questa Scalpel 2024 nettamente più performante del modello precedente.
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mirc0

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Non so se ho mai fatto un errore professionale di questa portata e con queste conseguenze. Ma di certo se l'avessi fatto o lo facessi e mi dessero dell'incompetente me lo terrei, sarebbe il mio. Naturalmente vale anche per l'atleta che è responsabile a prescindere di quanto assume e per il team.

Immagina se ti sbagliassero a fare la dichiarazione dei redditi, perché il commercialista non aveva la capacità di controllare la legge in vigore, e ti si presentasse la Finanza a casa. Dopo di che, quando osservi che il commercialista non è stato capace, ti prendi del "moralista" :nunsacci:

Forse questo paese ha bisogno di un grosso bagno di realtà.
Secondo la versione ripoetata il medico ha curato il paziente nel modo migliore che riteneva opportuno.
L'obiettivo del medico è curare, non evitare sanzioni. non ha prescritto un farmaco che ha peggiorato la situazione clinica. Ricordiamo che è un medico volontario, non un medico sportivo di un team. Atleta e team hanno il compito e l'interesse di verificare se la terapia può essere idonea dal punto di vista disciplinare.

E in ogni caso quando si è sul campo errori se ne fanno ... Questa è una realtà
 

drmale

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Non sempre, ma con una certa frequenza.
Basta fare un esercizio e verificare podi di tour e giro degli ultimi 15 anni e poi mettere una croce sui nomi coinvolti in faccende di doping.
purtroppo non è illusione.
In questo caso non mi limitavo ai pro, e allo sport ma a ogni situazione della vita: "chiunque sia migliore di me, lo è perché ha degli aiuti". Questa illusione ci convince che il solo modo di emergere sia l'artificio. Purtroppo questa diffusa e illusoria convinzione porta alcuni a ritenere che anche la felicità passi attraverso un supporto chimico.
Analogo pensiero è quello di chi crede che evadere le tasse, o mettere in atto comportamenti opportunistici e sleali sia l'unica chiave per il successo professionale... E a competere lealmente neanche ci prova. In realtà questo è solo il paradigma dell'insoddisfazione.
 

doghy

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troppe
Secondo la versione ripoetata il medico ha curato il paziente nel modo migliore che riteneva opportuno.
L'obiettivo del medico è curare, non evitare sanzioni. non ha prescritto un farmaco che ha peggiorato la situazione clinica. Ricordiamo che è un medico volontario, non un medico sportivo di un team. Atleta e team hanno il compito e l'interesse di verificare se la terapia può essere idonea dal punto di vista disciplinare.

E in ogni caso quando si è sul campo errori se ne fanno ... Questa è una realtà

non sono medico per cui posso commentare solo a buon senso.
Ma non mi quadra molto

-bombare di antibiotici un atleta per una ferita talmente "grave" da vincere la gara stessa....

-da professionista non farsi qualche domanda su quali medicinali si sono assunti, se non altro prima di partecipare alle gare successive (se sono ad esempio un autista professionale lo so che se devo guidare la sera prima non mi posso tirare giu`20 negroni..un atleta professionista no?)

trovo in ogni caso molto interessante il commento rimportato da @marco , dove un medico sostiene, a mio avviso in maniera sensata, che in caso di aumento di infezione si prescrivono antibiotici ad ampio raggio, non si aumenta la dose di uno specifico....
 

mirc0

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Sulla terapia non mi pronuncio. Maes non è finito in ospedale per setticemia o altro e quindi il risultato medico è stato ottenuto. C'erano altre cure possibili e migliori da un punto di vista medico? Boh?

Non farsi domande su potenziale doping dei medicinali è un errore di Maes e del suo team. Non del medico volontario che nulla ha a che fare con il team di Maes.

Questo se vogliamo attenerci alla versione riportata.
Se entriamo nel campo dei sospetti possiamo pensare male di Maes, del team e del medico. Ma in questo caso non pensiamo ad incompetenza o scarsa professionalità.
 
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sembola

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@mirc0 il medico ha anche il dovere di informare adeguatamente il paziente... e non è stato in grado di farlo.

Ricapitolando, se è vero quanto raccontato abbiamo: una organizzazione di una gara che chiama un medico che non è a conoscenza della normativa antidoping , nemmeno gli fornisce una linea dati, dopodi che il medico ad una precisa domanda dà una risposta nel miglior dei casi non accurata e un atleta/team che non si preoccupano di verificare con uno specialista se sia tutto regolare o no. Così ad occhio direi che il giudizio iniziale espresso da Marco di "dilettanti allo sbaraglio" ci stia tutto.

Oppure tutta la vicenda è una copertura, ed allora il giudizio sarebbe tutt'altro.

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FeO

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@mirc0 il medico ha anche il dovere di informare adeguatamente il paziente... e non è stato in grado di farlo.

Ricapitolando, se è vero quanto raccontato abbiamo: una organizzazione di una gara che chiama un medico che non è a conoscenza della normativa antidoping , nemmeno gli fornisce una linea dati, dopodi che il medico ad una precisa domanda dà una risposta nel miglior dei casi non accurata e un atleta/team che non si preoccupano di verificare con uno specialista se sia tutto regolare o no. Così ad occhio direi che il giudizio iniziale espresso da Marco di "dilettanti allo sbaraglio" ci stia tutto.

Oppure tutta la vicenda è una copertura, ed allora il giudizio sarebbe tutt'altro.

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Sono d'accordo con te.
Poi aggiungo che se una persona fa di mestiere l'atleta è suo DOVERE assicurarsi che i medicinali che gli danno siano regolari o no...mi sembra buonsenso. Come ho già detto io squalificherei a prescindere tutti quelli che becco positivi al doping...

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gibopeo

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Come ho scritto anch’io, o parliamo di dilettanti allo sbaraglio (e mi riferisco all’atleta ed al suo team, non al medico che ricordo non era il medico della squadra e del doping era autorizzato a fregarsene dato che il suo unico obiettivo era curare il paziente nel miglior modo, almeno quello per lui migliore) oppure stiamo parlando di altro, ossia di una storiella inventata per giustificare l’uso di un diuretico, vietato dal regolamento antidoping.
Non esistono altre possibilità o attenuanti.
Commenti del tipo “si vabbè ma non ha effetto sulla prestazione” “beh ma se è una sostanza data dal medico della gara” “è stato spiegato il perché ed il come della somministrazione quindi potevano evitare la pena” ecc ecc denotano solo che non si è capito nulla di come funziona e deve funzionare l’antidoping, per essere giusto ed imparziale e soprattutto incisivo nel punire e disincentivare in modo efficace l’uso di sostanze proibite.
Ho lavorato per 8 anni nell’antidoping dei cavalli, soggetti che quindi nemmeno volontariamente assumono farmaci, quindi qualcosina ne capisco.
Qualsiasi storiella o scusa, arriva a posteriori e sarà usata nei tribunali. Sei positivo ad una sostanza proibita. Questo basta per squalificarti.
 
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drmale

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@mirc0 il medico ha anche il dovere di informare adeguatamente il paziente... e non è stato in grado di farlo.

Ricapitolando, se è vero quanto raccontato abbiamo: una organizzazione di una gara che chiama un medico che non è a conoscenza della normativa antidoping , nemmeno gli fornisce una linea dati, dopodi che il medico ad una precisa domanda dà una risposta nel miglior dei casi non accurata e un atleta/team che non si preoccupano di verificare con uno specialista se sia tutto regolare o no. Così ad occhio direi che il giudizio iniziale espresso da Marco di "dilettanti allo sbaraglio" ci stia tutto.

Oppure tutta la vicenda è una copertura, ed allora il giudizio sarebbe tutt'altro.

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Non credo che un medico abbia di default idea dei farmaci dopanti per il ciclismo enduro, salvo sia uno specialista del settore, come un rarissimo medico sportivo. Inoltre, fuori dall'Italia non so, ma in Italia trovare un medico di gara è già una bella impresa. Impossibile trovare uno specialista, perché o non te lo puoi permettere o non ha voglia di rompersi a venire a una gara. Non puoi usare un dipendente della PA, cioè di un qualsiasi ospedale o ambulatorio pubblico, perché c'è una norma del '92, ad opera del doctor subtilis, che lo vieta. Ti rimangono i neolaureati neoiscritti all'albo, in attesa di entrare in specialità, e da li in poi non possono accettare incarichi privati, oppure in attesa di entrare nei corsi per MMG, dopo anche in questo caso vige l'interdizione. Non credo proprio che tra questi, salvo le eccezioni, ci sia una specifica competenza della complicata normativa relativa alla sterminata farmacopea interdetta.
 

ZAZZI

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L'ho già detto in un altra discussione per l'ennesimo caso di doping (ormai sono centinaia i casi), quando si interviene iniziando a "spaccare" il capello in quattro, per giustificare-in qualche modo- l'accaduto: spesso e volentieri con motivazioni "sgangherate" dietro, c'è solo una malcelata giustificazione dell'uso di sostanze dopanti. Almeno avessero il coraggio di sostenerlo pubblicamente!
 

bach7

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E' un opinione che rispetto. Però non spiega perché nel ciclismo e in altri sport a biglietto 0, ci sia una vera e propria persecuzione antidoping, mentre in molti e assai famosi sport no. Nel calcio, nel basket e nel rugby mancano i controlli, non credo invece che manchi l'uso di sostanze, che aumentano reattività, potenza, forza e resistenza. Ma davvero crediamo ancora alla storiella che in quegli sport prevale il solo talento. Tutto lo sport professionistico si avvale di sostanze che aumentano e alterano le prestazioni. Sostanze dannose come tutti i farmaci, che andrebbero presi a ragion veduta, e non fin dalla prima infanzia distribuiti come caramelle. Dalla porzione di obelix, alle noccioline di super pippo, agli integratori per aumentare la memoria, la concentrazione, fino ad arrivare ai farmaci, spesso dopanti, per lenire il prurito delle punture di zanzare, è presente la cultura della pastiglia magica. Il doping non è altro che la prosecuzione della logica c'è una pillola per tutto: studiare di più, essere più resistenti ai 'virus', dimagrire, far crescere i capelli, battere gli altri nello sport e guarire dalla malattia dell'agnello.

anche io sono convinto che in tutti gli sport l'uso di sostanze proibite sia più o meno diffuso.

e probabilmente la "scorciatoia" (fare la stessa cosa con meno fatica, sopravanzando i nostri competitori) è sempre la prima opzione che il nostro cervello valuta (una sorta di lascito di quando dovevamo procurarci il cibo agli albori della nostra specie).

se ci pensiamo bene, l'idea nobile del confronto alla pari, tanto caro allo sport, poco si sposa con la realtà dove un'antilope "rubata" al gruppo rivale/vicino faceva la differenza tra vivere e morire.

probabilmente l'dea che nel calcio (o altri sport di squadra dove c'è un maggior componente tecnico) il doping sia meno diffuso deriva dal fatto che bene o male "certi numeri" (una rovesciata, un tiro al volo, una sgroppata sulla fascia ecc.) puoi vederla sul campetto di periferia fatta dal primo sconosciuto, mentre nel ciclismo (o nell'atletica) il classico uomo medio da divano ritiene impossibili (al naturale) i 200 km di una tappa del tour... o addirittura un "giretto" da 100 km con gli amici... semplicemente perchè la sua esperienza si ferma ai 6 km sul lungomare...

poi ovviamente in alcuni sport gli interessi economici sono tali che le "resistenze" sono ben efficaci...
 

Vietto

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Da quello che so esiste il doping anche per chi fa tiro al piattello... Fate voi!

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fafnir

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Semplice e lineare.
Se non agisci in questo modo, da professionista, o sei in realtà un dilettante allo sbaraglio, tu e chi ti circonda, oppure hai raccontato questa storia per cercare di giustificarti in qualche modo, perché hai qualcosa da nascondere.
Sia nel primo che nel secondo caso, non puoi passarla liscia, nel rispetto di un regolamento e di tutti i tuoi avversari, dal primo all’ultimo.
Bastava questo commento, se non è davvero un tentativo di doping come afferma Maes, forse per lui è ancora peggio.
Come può considerarsi un atleta professionista se non sta nemmeno attento a queste cose, un errore da dilettante allo sbaraglio da parte di un atleta pagato come professionista dagli sponsor e dal team e che rischia di perdere un campionato del mondo..non la gara del paese.
Giusto punirlo in entrambi i casi, bastava controllare appena possibile e comunicare subito l'assunzione.
 

sembola

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Non credo che un medico abbia di default idea dei farmaci dopanti per il ciclismo enduro, salvo sia uno specialista del settore, come un rarissimo medico sportivo. Inoltre, fuori dall'Italia non so, ma in Italia trovare un medico di gara è già una bella impresa. Impossibile trovare uno specialista, perché o non te lo puoi permettere o non ha voglia di rompersi a venire a una gara. Non puoi usare un dipendente della PA, cioè di un qualsiasi ospedale o ambulatorio pubblico, perché c'è una norma del '92, ad opera del doctor subtilis, che lo vieta. Ti rimangono i neolaureati neoiscritti all'albo, in attesa di entrare in specialità, e da li in poi non possono accettare incarichi privati, oppure in attesa di entrare nei corsi per MMG, dopo anche in questo caso vige l'interdizione. Non credo proprio che tra questi, salvo le eccezioni, ci sia una specifica competenza della complicata normativa relativa alla sterminata farmacopea interdetta.
giusto, ma allora all'atleta non dici "per quanto ne so il farmaco xyz non è dopante" ma "non lo so, ma lo ritengo necessario".

Nel mio lavoro, che è infinitamente più semplice e dove le conseguenze di un mio errore sono incomparabilmente meno gravi, se mi viene chiesta una cosa che non conosco (magari perché estremamente specialistica) alzo le mani: se posso suggerisco la fonte informativa o l:esperto specializzato a cui rivolgere la domanda, ma non tiro ad indovinare.

Detto questo, voglio chiarire che il medico non va messo in croce, non sarà stato all'altezza della situazione ma l'inadeguatezza dell'atleta e del team è ancora peggio. Sempre che le cose siano andate come riferite, naturalmente.

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giusto, ma allora all'atleta non dici "per quanto ne so il farmaco xyz non è dopante" ma "non lo so, ma lo ritengo necessario".

Nel mio lavoro, che è infinitamente più semplice e dove le conseguenze di un mio errore sono incomparabilmente meno gravi, se mi viene chiesta una cosa che non conosco (magari perché estremamente specialistica) alzo le mani: se posso suggerisco la fonte informativa o l:esperto specializzato a cui rivolgere la domanda, ma non tiro ad indovinare.

Detto questo, voglio chiarire che il medico non va messo in croce, non sarà stato all'altezza della situazione ma l'inadeguatezza dell'atleta e del team è ancora peggio. Sempre che le cose siano andate come riferite, naturalmente.

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Hai perfettamente ragione, il tema di cui parli dovrebbe diventare il focus di chi si occupa di deontologia medica da un lato, e di teoresi scientifica dall'altro. Il problema sta nel fatto che se la medicina non si farà affiancare (in realtà in alcuni paesi già è così ) dall'Int, Art. saremmo sempre di più esposti all'errore. E la medicina generale, è già qualcosa il cui rapporto con il metodo scientifico è debole, per diversi motivi, il primo l'enorme quantità di trattamenti, il secondo una semantica (cfr semeiotica) dei sintomi che diventa sempre più articolata. Ci si sta rendendo conto che i sintomi sono un rebus complicatissimo, spesso vengono fraintesi, e i trattamenti, anch'essi vasti e con effetti secondari che alterano la fenomenologia dei sintomi. Tutto questo spinge il medico, nella sua singolarità a trascurare dettagli come quello di cui hai detto, tendendo a replicare un comportamento abituale; senza domandarsi se ha di fronte un atleta oppure no. Non si preoccupa del possibile doping, ma opera come d'abitudine: si preoccupa del rischio infezione. E' uno dei tanti scherzi che il nostro cervello fa a tutti, come quello di nascondere il ciclista, all'automobilista.
 

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se un medico "nuovo" , che non conosce uno che fa gare ad alto livello, gli prescrive dei medicinali senza chiedere informazioni sulla sua vita, dovrebbe essere l'atleta stesso a chiedergli se può assumere i farmaci prescritti dovendo partecipare ad una gara, e magari chiederne poi conferma anche al medico del proprio team
 
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Un atleta pagato e seguito da un (team) medico non va da un medico qualsiasi che non sia della squadra.
sei in un posto nel mezzo del nulla. ti fai male. come fai ad andare dal medico della squadra se non è li? :spetteguless:

occhio che cmq è un problema che riguarda tutti i tesserati, anche quelli amatoriali...

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