Schiavi e figli del vento

  • La Pinarello Dogma XC è finalmente disponibile al pubblico! Dopo averla vista sul gradino più alto del podio dei campionati del mondo di XC 2023 con Tom Pidcock (con la full) e Pauline Ferrand-Prevot (con la front), Stefano Udeschini ha avuto modo di provarla sui sentieri del Garda
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nemox

Biker velocissimus
28/10/06
2.603
56
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Padova
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Quel pomeriggio io e il mio compare stavamo affrontando una delle delle più lunghe tappe programmate.
Una delle caratteristiche più belle del sentiero per Santiago de Compostela sta nella variabilità dei paesaggi e delle condizioni nelle quali si pedala, per questo ci si abitua presto ad affrontare situazioni nuove, piacevoli o spiacevoli che siano.
Noi quel giorno eravamo piuttosto rilassati, dopo 500km già percorsi di esperienze ne avevamo già vissute in quantità e ci sentivamo quasi in diritto di non temere più nulla. Oramai sentivamo di saperne abbastanza per poter tenere ogni cosa, ogni evenienza sotto controllo.
Ma non era così. In un viaggio del genere non è mai così e quel giorno il vento ce l'avrebbe insegnato.

In realtà il percorso si era ben presto dimostrato piuttosto monotono con la sua piattezza e la vegetazione poco rigogliosa intorno. Solo sulla nostra destra, lontane forse un centinaio di chilometri, stavano delle montagne scure che si stagliavano imponenti sullo sfondo di un cielo azzurro ma incupito da grandi nuvole nero-grigiastre. In quel momento è proprio la visione di quelle montagne a tenere desto il nostro istinto di bikers. Quell'istinto che nasce dentro di noi ogni qual volta si ha in mente di raggiungere una meta sconosciuta e che si manifesta con quel vago senso di ansia, di vuoto in mezzo allo stomaco che attende di essere riempito pur a prezzo di una lunga fatica. Istinto che doveva giocoforza rimanere sopito a causa di un sentiero deserto che ci stava portando perentoriamente in tutt'altra direzione rispetto alle montagne.
E come sempre stavamo parlando tra di noi quando il vento ha iniziato a spingere con forza.
In genere il vento contrario provoca quantomeno un po' di fastidio ma quando si viaggia in bici si è per così dire “abbastanza corazzati” da prendere ogni fastidio come elemento, una parte integrante del gioco che si è deciso di giocare fino in fondo, quindi si affronta a testa bassa il vento esattamente come si fa con il dolore al fondoschiena, le gambe indurite o i muscoli del collo irrigiditi.
Ma questo non era un vento qualunque, almeno non per noi abitanti della pianura Padana abituati a qualche rara folata all'anno e il più delle volte benvenuta perchè preziosa cacciatrice di nebbie invernali o di afe estive.
Il vento per prima cosa ci ha privati della parola. Ben presto era infatti necessario urlare per farsi sentire, anche se la distanza tra noi era esattamente lo stesso metro di qualche chilometro prima. E per quanto ci si provi, il dover urlare continuamente fiacca in poco tempo la voce e anestetizza la necessità che si ha di percepire la presenza dell'altro attraverso la sua voce.
Poi ci si mette la fatica: procedere a circa 7 chilometri all'ora controvento, significa affrontare una salita con la consapevolezza che oltre non ci sarà alcuna discesa, ne come premio ne come ristoro alle nostre fatiche.
E in fine lui, il vento. Soffia talmente forte che le nostre k-ways hanno preso la forma perfetta dei nostri muscoli contratti dallo sforzo di rimanere attaccati alla bici. E' talmente violento da dare la sensazione che da un momento all'altro ci strapperà i vestiti di dosso, e dopo di loro toccherà alla nostra pelle. E' talmente potente e costante che ad un certo punto sembra essere diventato liquido tutto intorno al nostro corpo, tanto che non abbiamo nemmeno più la sensazione che soffi in una direzione precisa. E' semplicemente lì, presente tutt'intorno a noi, immobile o velocissimo, non lo sappiamo più.
Dopo qualche ora in queste condizioni la mente può vacillare, verrebbe da bestemmiare... ma qualsiasi parola viene ricacciata in gola nel momento stesso in cui viene proferita.
E allora continuiamo, rimanendo sempre vicinissimi ma ognuno solo con se stesso, ognuno nel proprio limbo fatto di percezioni alterate e con la forza della mente impegnata esclusivamente a far muovere le gambe che prima o poi ci porteranno fuori da questa dannata situazione!

Non ho nessuna foto di quella tappa, non abbiamo avuto ne tempo ne voglia di farne. L'unica immagine impressa nella mia mente è quella, a ripensarci vagamente inquietante, di una ragazzina di forse 12 o 13 anni che per breve tempo ha pedalato vicino a noi su di una piccola Graziella azzurra. Lì intorno non c'era nulla, non un paese e nemmeno una casa: niente da cui partire e nessun posto dove andare. Pedalava rilassata in posizione eretta, incurante della nostra presenza, con un'espressione serena sul viso e lo sguardo fisso verso un punto indefinito di fronte a lei.

Noi schiavi, lei figlia del vento.
 

iz5dki

Biker dantescus
25/3/07
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78
0
70
lucca
picasaweb.google.com
Bike
Ghost 29 Amr Carbonio
Complimenti bel testo, effettivamente oggi era veramente forte il vento anche dalle mie parti, ma per un boy scout come me ci vuol ben altro per non uscire in mtb.
buona strada:il-saggi:
 

lello.m

Biker superioris
9/4/09
867
11
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Guspini Sardegna
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Bike
scott scale 900
Quel pomeriggio io e il mio compare stavamo affrontando una delle delle più lunghe tappe programmate.
Una delle caratteristiche più belle del sentiero per Santiago de Compostela sta nella variabilità dei paesaggi e delle condizioni nelle quali si pedala, per questo ci si abitua presto ad affrontare situazioni nuove, piacevoli o spiacevoli che siano.
Noi quel giorno eravamo piuttosto rilassati, dopo 500km già percorsi di esperienze ne avevamo già vissute in quantità e ci sentivamo quasi in diritto di non temere più nulla. Oramai sentivamo di saperne abbastanza per poter tenere ogni cosa, ogni evenienza sotto controllo. Ma non era così. In un viaggio del genere non è mai così e quel giorno il vento ce l'avrebbe insegnato.

In realtà il percorso si era ben presto dimostrato piuttosto monotono con la sua piattezza e la vegetazione poco rigogliosa intorno. Solo sulla nostra destra, lontane forse un centinaio di chilometri, stavano delle montagne scure che si stagliavano imponenti sullo sfondo di un cielo azzurro ma incupito da grandi nuvole nero-grigiastre. In quel momento è proprio la visione di quelle montagne a tenere desto il nostro istinto di bikers. Quell'istinto che nasce dentro di noi ogni qual volta si ha in mente di raggiungere una meta sconosciuta e che si manifesta con quel vago senso di ansia, di vuoto in mezzo allo stomaco che attende di essere riempito pur a prezzo di una lunga fatica. Istinto che doveva giocoforza rimanere sopito a causa di un sentiero deserto che ci stava portando perentoriamente in tutt'altra direzione rispetto alle montagne.
E come sempre stavamo parlando tra di noi quando il vento ha iniziato a spingere con forza.
In genere il vento contrario provoca quantomeno un po' di fastidio ma quando si è in viaggio in bici si è per così dire “abbastanza corazzati” da prendere ogni fastidio come elemento, una parte integrante del gioco che si è deciso di giocare fino in fondo, quindi si affronta a testa bassa il vento esattamente come si fa con il dolore al fondoschiena, le gambe indurite o i muscoli del collo irrigiditi.
Ma questo non era un vento qualunque, almeno non per noi abitanti della pianura Padana abituati a qualche rara folata all'anno e il più delle volte benvenuta perchè preziosa cacciatrice di nebbie invernali o di afe estive.
Il vento per prima cosa ci ha privato della parola. Ben presto era infatti necessario urlare per farsi sentire, anche se la distanza tra noi era esattamente lo stesso metro di qualche chilometro prima. E per quanto ci si provi, il dover urlare continuamente fiacca in poco tempo la voce e anestetizza la necessità che si ha di percepire la presenza dell'altro attraverso la sua voce.
Poi ci si mette la fatica: procedere a circa 7 chilometri all'ora controvento, significa affrontare una salita con la consapevolezza che oltre non ci sarà alcuna discesa, ne come premio ne come ristoro alle nostre fatiche.
E in fine lui, il vento. Soffia talmente forte che le nostre k-ways hanno preso la forma perfetta dei nostri muscoli contratti dallo sforzo di rimanere attaccati alla bici. E' talmente violento da dare la sensazione che da un momento all'altro ci strapperà i vestiti di dosso, e dopo di loro toccherà alla nostra pelle. E' talmente potente e costante che ad un certo punto sembra essere diventato liquido tutto intorno al nostro corpo, tanto che non abbiamo nemmeno più la sensazione che soffi in una direzione precisa. E' semplicemente lì, presente tutt'intorno a noi, immobile o velocissimo, non lo sappiamo più.
Dopo qualche ora in queste condizioni la mente può vacillare, verrebbe da bestemmiare... ma qualsiasi parola viene ricacciata in gola nel momento stesso in cui viene proferita.
E allora continuiamo, rimanendo sempre vicinissimi ma ognuno solo con se stesso, ognuno nel proprio limbo fatto di percezioni alterate e con la forza della mente impegnata esclusivamente a far muovere le gambe che prima o poi ci porteranno fuori da questa dannata situazione!

Non ho nessuna foto di quella tappa, non abbiamo avuto ne tempo ne voglia di farne. L'unica immagine impressa nella mia mente è quella, a ripensarci vagamente inquietante, di una ragazzina di forse 12 o 13 anni che per breve tempo ha pedalato vicino a noi su di una piccola Graziella azzurra. Lì intorno non c'era nulla, non un paese e nemmeno una casa: niente da cui partire e nessun posto dove andare. Pedalava rilassata in posizione eretta, incurante della nostra presenza, con un'espressione serena sul viso e lo sguardo fisso verso un punto indefinito difronte a lei.

Noi schiavi, lei figlia del vento.
Gran bel testo NEMOX:medita:
 

margherita7642

Biker infernalis
31/12/08
1.975
-11
0
47
Bergamo
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Stupenda!!

Mi hai fatto emozionare, forse perche avendo fatto anche io il Cammino mi hai fatto ricordare le difficoltà affrontate,e l'orgoglio d'averle superate...:celopiùg:





:spetteguless:Sulla strada per Muxia una forte folata di vento mi ha buttata a terra mentre risalivo le collina a 3kmh
 

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