Al cospetto dei giganti

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Ci sono posti in grado di trasformare ogni sforzo in almeno una cartolina che ti si stampa in testa, da tirare fuori per dare colore alle giornate più grigie, per dare rilievo alle pianure della vita più piatte. Uno di questi posti per me è la zona dell’Eiger: ricca di storia alpinistica, di panorami mozzafiato, di 4000 verticali, di Montagna vera.



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Era una mattina dell’agosto 2014 quando con il mio più grande compagno di avventure Obbi siamo scesi alla fermata di Oberwald e sotto una pioggia poco incoraggiante abbiamo iniziato la nostra avventura di sei giorni zaino in spalla.

Saremmo di ritorno nel Vallese dopo 5 giorni. Prima ci aspettavano il Grimmelpass, il Grosse Scheidegg, il Kleine Scheidegg, il Kilchfluhpass e il Lötschenpass, per poi finire il sesto giorno con un super classico giro dell’Aletsch, come ciliegina sulla torta!
Saliamo al Grimmelpass per una bella stradina secondaria, che si inerpica a zigzag con una buona pendenza. Arrivati al passo ci ripariamo dal vento gelido dietro un pilastro della funivia, prima di buttarci verso Meringen con di fronte questo spettacolo della natura.

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La valle è lunga, tratti in discesa si alternano con brevi ma dure risalite, la stanchezza ancora non si fa sentire, sopraffatta dal desiderio di vedere e solcare posti nuovi. La prima tappa scorre veloce, le gambe girano e la testa c’è!

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Iniziamo l’ultima salita del giorno al Grosse Scheidegg dove ci aspetta un rifugista pronto a spellarci vivi con 8 euro a grappa. Solo dopo avergli organizzato un bel tour in Italia per le sue vacanze sia la birra che la grappa sono tornate a prezzi più digeribili.

La mattina ci si sveglia carichi, ci aspetta un altro tappone: Grosse Scheidegg, Grindelwald, Kleine Scheidegg, Lauterbrunnen. Tappone caratterizzato da panorami stupendi sui 4000 che ci sovrastano. Di questa giornata ricordo tre cose: i giapponesi ovunque, il crollo di un mega blocco di ghiaccio che con il suo boato ha ipnotizzato per qualche secondo una volpe stupenda che attraversava la strada proprio di fronte a noi, e la bellissima discesa da Grosse Scheidegg a Lauterbrunnen!!!

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Siamo alla fine del secondo giorno e già ci sono nelle gambe più di 4000 d+. La fame inizia a comandare e il Franco svizzero si inizia a far sentire a fine pasto, ma bisogna incamerare forze, il giorno dopo senza saperlo ci aspettano altri 3000 mt di dislivello svalicando il Kilchfluhpass, per poi proseguire fino a notte fonda lungo un sentiero pieno di sterco di vacca appiccicoso.

Di questo giorno, ricordo oltre quello che vi dirò dopo, la discesa dal Kilchfluhpass, un sentiero sinuoso che all’improvviso si è trasformato in un sentiero alpinistico, da fare con molta in quanto ci si deve calare alcuni metri bici in spalla e faccia a monte sospesi nel vuoto.

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Arriviamo esausti alle 21 di sera nell’unico ristorante aperto di Kandersteg: sembriamo due vaccari scesi dalle malghe! Non faccio in tempo ad aprire la porta che tutti i foulard e cravatte degli eleganti commensali si girano fissandoci per alcuni eterni secondi. Il metre corre verso noi urlando che quei tavoli liberi in verità non sono liberi. Faccio finta di non capire e avanzo rincorso dalla mia puzza.

Il metre indietreggia schifato. Arrivano rinforzi. Io non perdo un centimetro. L’aria è sempre più tesa e puzzolente, fino a quando Obbi non decide di sfoderare tutto il suo charme: si fa passare come il nobile accompagnato da uno zulù pieno di cacca di vacca che non parla inglese, gli credono, i commensali ricominciano a mangiare quando la cameriera lo fa sedere nel miglior tavolo libero. Mi siedo anche io. La fame è atavica e anche i bicchieri vuoti non portano serenità!

Lui con eleganza ascolta per almeno 10 minuti la stessa mentre spiega in sfizzo-inglese il menu, lettera per lettera, mentre io inizio a fissare un punto a caso del tavolo. Mi inizia a girare tutto, la cameriera dopo 15 minuti che chiaccherava passa alla seconda pagina, ora ci sono da spiegare i primi, nella loro evoluzione storica, dal tardo medioevo a oggi….basta! Le blocco il braccio, mi guarda, si azzitta, la guardo e le dico: “PLISSSS….BIGGGG BIRRRR!!! Obbi mi guarda con un misto di schifato e sorridente, la cameriera se ne va scioccata, le cravatte se ne vanno, e tutto lo staff inizia a capire che quei due a tavola mangiano più di 10 incravattati con fuori il Ferrari. 100 euro a testa e si va a dormire sazi.

Le tappe alpine pedalate sono finite, il giorno dopo, su consiglio del figlio del ristoratore, evitiamo di salire al Gemmipass perché la discesa in agosto è superverboten, ripieghiamo così in un più “tranquillo” Louchenpass fino all’omonimo rifugio. Ignari di quello che ci aspettava, capiamo subito l’andazzo dopo qualche colpo di pedale, la valle si stringeva sempre più, le montagne ci guardavano sempre più dall’alto. Attraversiamo un pontile e capiamo che è ora di mettere la bici in spalla.

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Da 1500 a 2700m ci aspettavano un piccolo ghiacciaio da attraversare e una bella parete verticale da fare con molta attenzione.

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Arrivati al rifugio decidiamo che quello era il posto dove passare la sera e dormire. Era troppo bello per scendere. La cena con il tramonto che colora di rosa tutto è indimenticabile! (Nel blog di Obbi trovate la descrizione della salita).

La notte a 2700m non chiudo occhio, prendo la frontale, il libro nello zaino e me ne vado in cucina a leggere. Alle 4 i primi trekker mi guardano strano, per ingannare il krucco di turno inizio a fare colazione con tutti quelli che man mano scendevano. Arrivano le 7, scende Obbi tutto bello riposato: foto di rito e via per un sentiero stupendo, passando per Kummenalp, cioccolato caldo, e via in picchiata fino a Ferden.

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Qui, invece di riprendere a risalire, ci siamo adagiati sull’asfalto che in discesa ci ha portato fino alla stazione di Gampel, dove in treno siamo andati alla base del giro dell’Aletsch. Scesi a Morel alle 16 ci siamo rimessi a salire fino a Riederalp dove un dolce donzella dell’infopoint ci ha annunciato che l’unico posto dove dormire era un 5 stelle di lusso. Pronti a dormire anche sotto un ponte, iniziamo a bussare a tutti in cerca di un letto umano: trovato al 10° tentativo, ci dirigiamo verso la mangiatoia di un fortunato ristoratore, il quale si sta ancora chiedendo come sia possibile in 2 mangiare 2 fondue, 2 rostie e 2 litri di birra. Strisciamo senza vedere il conto e andiamo a dormire!

Il giorno dopo ci aspettava il super classico della zona, il sentiero panoramico sul ghiacciaio dell’Aletsch.
Apriamo le finestre belli carichi con le gambe di legno cigolanti e ci accorgiamo che non si vedeva nemmeno il manubrio della mtb per la nebbia che c’era. Morale basso partiamo, saliamo ma tutta nebbia. Iniziamo il sentiero panoramico ma tutta nebbia. Giriamo l’angolo, alzo lo sguardo e vedo una chiazza di celeste: era il vento che stava facendo il suo lavoro, stava preparandoci il premio per aver sofferto e superato di tutto lungo questo fantastico giro.
Obbi non aveva nemmeno in foto visto cosa lo avrebbe aspettato: una folata di vento e si è aperto il sipario! Il ghiacciaio con tutta la sua potenza!Nitido! Elegante! Impetuoso!

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In euforico silenzio iniziamo a pedalarlo. La tensione cala, ma la stanchezza si sente, e un errore poteva costare caro a Obbi sul quel dirupo. Rifatto il checkup a corpo e bici si riparte, la lucidità sta ormai venendo meno, inebriata dal panorama stupendo.
Arriviamo a un bivio, dove la provvidenza ci ha fatto trovare un local pronto a scortarci a velocità da dh fino a Fiesch. L’avventura è finita. Birra per tutti e foto di rito!
Grazie a madre natura e grazie a noi caro Obbi. Alla prossima avventura!

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