[Test] E:i Shock di Ghost

E:i Shock è la sigla che identifica la gestione elettronica della frenatura in compressione della sospensione posteriore sviluppato da Rock Shox ed adottato da Ghost su parte della propria gamma. In questo test abbiamo avuto modo di provarlo sulla AMR Plus Lector 9100 E:i, full da all mountain con 150 mm di travel anteriore e posteriore. La lista completa dei modelli di casa Ghost che adottano l’E:i Shock ed un video esplicativo di come funziona li trovate seguendo questo link.

Per testare l'E:i Shock Ghost ci ha messo a disposizione la AMR Plus Lector 9100, leggera e scattante alla mountain in carbonio
Per testare l’E:i Shock Ghost ci ha messo a disposizione la AMR Plus Lector 9100, leggera e scattante all mountain in carbonio

 


Perchè un controllo elettronico della frenatura in compressione


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Probabilmente la maggior parte di voi sa benissimo cos’è la frenatura in compressione di un ammortizzatore, a cosa serve e qual è la gestione ottimale in funzione delle varie situazioni che ci troviamo ad affrontare nel corso di un’uscita. Se invece non lo sapete, o magari desiderate approfondire il tema, niente paura: basta andare nel Tech Corner e leggere questo articolo di Danybiker.

Ciò premesso, risulta evidente come una sospensione in grado di gestire autonomamente questo parametro sia sulla carta una manna, non solamente per una questione di comodità ma anche di efficienza e sicurezza. Pur nell’ipotesi favorevole (ma non scontata) di un comando remoto al manubrio, la gestione manuale non è infatti così semplice. O meglio, diventa tanto più difficoltosa quanto più aumenta la varietà di situazioni e la frequenza con cui si presentano. Un paio di esempi pratici: i cosiddetti “mangia e bevi”, vale a dire quei tracciati che alternano in rapida successione tratti in salita a tratti in discesa, magari su fondo variabile. Oppure una discesa che alterna tratti più o meno sconnessi a tratti scorrevoli dove è possibile rilanciare. Oppure ancora una discesa inframmezzata da brevi risalite ripide e tecniche.

Si tratta di situazioni che, per ottenere sempre il meglio dalla sospensione posteriore, richiederebbero continui interventi sul comando del controllo della compressione. In teoria non è un grosso problema, dato che non servono studi decennali o grandi competenze per capire che tipo di situazione e fondo stiamo affrontando (o stiamo per affrontare, dato che in genere è meglio anticipare), in pratica si possono invece presentare una serie di inconvenienti:

_si tratta di situazioni nelle quali spesso dovremo agire anche su altri comandi (cambio, reggi telescopico, talvolta i freni). Un comando in meno da gestire semplifica la vita ed accorcia i tempi necessari perchè il mezzo sia perfettamente impostato in funzione del tratto che stiamo per affrontare.

_specie quando si è stanchi o in affanno la lucidità non è delle migliori, i tempi di reazione si allungano e pure la possibilità di commettere errori (ad esempio dimenticandosi di impostare il nuovo settaggio o settandolo in ritardo, “ciccando” il registro o addirittura dando il comando opposto a quello necessario)

_si tratta di una manovra che, nella migliore delle ipotesi, richiede di staccare il pollice dalla posizione ideale e quindi più sicura. Peggio che andar di notte nel caso si dovesse agire direttamente sul corpo dell’ammo in quanto sprovvisto di controllo remoto.

Vi sembrano dei casi limite? Sarà, ma se ci pensate è probabile che qualche volta vi siate trovati in una di queste situazioni, sia per quanto concerne la tipologia di itinerari che gli inconvenienti legati all’azionamento manuale (se ad esempio vi fosse capitato con il comando del reggi telescopico cambia poco, dal punto di vista concettuale).

Il perchè del controllo elettronico della compressione dell’ammo è perciò riassumibile in tre punti fondamentali: perchè garantisce che la sospensione lavori sempre nelle condizioni che offrono la miglior resa, perchè è un pensiero in meno per il biker che potrà così concentrarsi su altro,  per una questione di sicurezza.

 

Di cosa si compone e come funziona l’E:i Shock

Il sistema E:i Shock si compone delle seguenti parti:

 

Rilevatore di cadenza di pedalata

Il rilevatore è posto all’altezza del movimento centrale. Il suo compito è ovviamente quello di stabilire se il biker sta o meno pedalando, dato che l’idraulica dell’ammortizzatore viene impostata su “open” appena il sistema rileva che la cadenza di pedalata scende al di sotto di un certo valore (facendo un po’ di prove al banco abiamo rilevato 30 r.p.m.).

 

Gli accelerometri

Un primo accelerometro è posto sul fodero della forcella, mentre un secondo si trova nel supporto del computer e perciò solidale allo stem. Il compito degli accelerometri è quello di misurare l’entità degli impatti, “ignorandoli” se solamente l’accelerometro posto sullo stem rileva movimento. In quel caso vorrebbe infatti dire che la forcella si sta comprimendo per effetto del bobbing e non perchè il terreno presenta delle asperità, quindi non avrebbe senso aprire l’idraulica dell’ammortizzatore.

La scelta di posizionare i sensori deputati alla “lettura” del terreno sulla forcella, quindi sostanzialmente sulla ruota anteriore anzichè sulla posteriore, permette al sistema di conosere in anticipo ciò che passerà sotto la ruota posteriore (con quanto anticipo dipende ovviamente dalla velocità a cui si sta procedendo). Non bisogna infatti dimenticare che i tempi di reazione del sistema non sono nulli e sono dati dalla somma di quelli elettronici e quelli idromeccanici.

 

L’ammortizzatore Rock Shox Monarch Relay

L’ammortizzatore utilizzato dall’E:i Shock è il Monarch Relay di Rock Shox, sostanzialmente un RT3 dotato di un dispositivo elettrico di attuazione del registro della compressione. Troviamo quindi tre livelli di frenatura in compressione (open-medium-locked) ed il controllo del ritorno di tipo classico. Approfittiamo di questo capitolo per rispondere ad una domanda che sicuramente in molti si saranno già posti: cosa succede se il sistema si guasta, magari perchè si strappano i cavi in seguito ad una caduta, o se la batteria ci pianta in asso? La compressione rimane nella posizione in cui si trova in quel momento, ma è tuttavia possibile accedere ed agire manualmente sul registro mediante una chiave esagonale da 2 mm.

Ben evidente sulla testa del Monarch Relay l'alloggiamento del servomeccanismo che agisce sul registro della compressione
Ben evidente sulla testa del Monarch Relay l’alloggiamento del servomeccanismo che agisce sul registro della compressione

 

La batteria ricaricabile

La batteria che alimenta l’intero sistema – eccezion fatta per il computerino dotato di display – è posizionata sull’obliquo del telaio. Ghost garantisce una durata di 25 h di riding, mentre la ricarica completa avviene in 1.5 h. Il caricabatterie è ovviamente in dotazione e la batteria pesa 126 g.

 

Il comando remoto

Il comando dell’E:i Shock trova alloggiamento sulla piega e, tramite due pulsanti con il simbolo della freccia, permette di scegliere in che modalità far lavorare la sospensione posteriore. Oltre alla modalità “auto”, la quale demanda la gestione dell’ammo al processore, l’E:i Shock può infatti lavorare in manuale lasciando che sia il biker a impostare la compressione desiderata. L’attuazione rimane in ogni caso di tipo elettrico.

Ad ogni pressione del pulsante il sistema cambia stato secondo la sequenza open-medium-locked-auto (e viceversa se si preme la freccia che punta verso il basso). Una ulteriore pressione al termine della sequenza fa ricominciare il daccapo il ciclo, il quale non ha di fatto un punto di inizio o di fine. Questo vale per entrambi i pulsanti a freccia. Un ulteriore pulsante tondo posizionato fra le due frecce è deputato alla gestione delle funzioni di tipo classico del computerino (velocità, km percorsi etc.).

Il comando remoto è ben integrato e di dimensioni contenute. I pulsanti non hanno mai mancato un colpo e sono ben sensibili, il che richiede un po' d'attenzione nelle fasi di guida concitate se si gestisce l'ammo in manuale
Il comando remoto è ben integrato e di dimensioni contenute. I pulsanti non hanno mai mancato un colpo e sono ben sensibili, il che richiede un po’ d’attenzione se si gestisce l’ammo in manuale nelle fasi di guida concitate

 

Il computer con display

Sul dislplay del computerino viene visualizzata sia la modalità in cui sta operando il sistema (se in auto o in una delle tre posizioni settate manualmente) che la frenatura della compressione in quel preciso istante. Sono poi presenti le indicazioni classiche di tutti i computerini di quel tipo.

Quando in modalità AUTO, un ammortizzatore stilizzato sulla sinistra del display visualizza il settaggio corrente mediante delle tacche che man mano lo riempiono (0=open, 2=medium, 4=locked)
Quando in modalità AUTO, l’ammortizzatore stilizzato sulla sinistra del display visualizza il settaggio corrente mediante delle tacchette  (0=open, 2=medium, 4=locked)

 

Il processore

La “mente” del sistema è il processore alloggiato al di sotto del computerino con display, suo è infatti il compito di interpretare le informazioni provenienti dai vari sensori e stabilire il settaggio più opportuno quando il sistema lavora in AUTO.

L’intero sistema, cavi compresi, pesa circa 600 g ed è a tenuta stagna.

 

Non una bella vista per chi ama i ponti di comando puliti e cablaggi minimali...
Non una bella vista per chi ama i ponti di comando puliti e cablaggi minimali…

 

Come funziona l’E:i Shock

Prima di vedere come l’E:i Shock gestisce a livello di sospensione le informazioni provenienti dai sensori, spendiamo qualche parola sulla modalità di lavoro AUTO (che poi è quella che realmente ci interessa, dato che non avrebbe un gran senso portarsi a spasso tutto l’ambaradan per poi gestire la sospensione in manuale).

La modalità AUTO prevede in realtà cinque “sottomodalità” identificate come AUTO1, AUTO2 etc. alle quali corrispondono diversi livelli di sensibilità del sistema (AUTO1 è il più sensibile, AUTO5 il più “duro”). Abbiamo volutamente parlato di sensibilità del sistema e non della sospensione perchè di fatto è la facilità con cui il sistema “apre” la sospensione a variare, non la frenatura idraulica dell’ammo ai vari livelli di chiusura della piattaforma. In altre parole, perchè il programma AUTO1 passi ad esempio dalla posizione LOCKED a MEDIUM saranno necessari impatti di minore entità rispetto a quelli richiesti dal programma AUTO2 e così via a salire fino al programma AUTO5.

Il settaggio del livello di sensibilità in modalità AUTO si effettua sul computerino e richiede la pressione contemporanea di due pulsanti. Per quanto la procedura richieda una manciata di secondi, è quindi necessario fermarsi per compiere l’operazione. E’ in ogni caso poco probabile che durante un’uscita si senta la necessità di variare tale parametro, in quanto dipendente da stile di guida e, al limite, dalla taratura della forcella.

Vediamo ora come l’E:i Shock imposta l’ammortizzatore in base alle informazioni che arrivano dai sensori:

_presenza di pedalata + fondo scorrevole/ostacoli di piccole dimensioni: LOCKED

_presenza di pedalata + fondo mediamente sconnesso: MEDIUM

_presenza di pedalata + fondo fortemente sconnesso: OPEN

_assenza di pedalata, indipendentemente dal tipo di fondo: OPEN

Considerando che l’entità degli impatti viene sostanzialmente misurata dal sensore posto sulla forcella, risulta evidente sin d’ora come la taratura di quest’ultima influenzi in modo significativo la risposta del sistema.

 

La prova sul campo

In salita su asfalto, ed in generale sui fondi scorrevoli, la sospensione fa esattamente ciò che dovrebbe fare affinchè il rendimento della pedalata sia ottimizzato, vale a dire lasciare l’ammortizzatore in posizione LOCKED. Una prova interessante è stata quella di pedalare in modo esageratamente scomposto in fuorisella causando un bobbing molto marcato sulla forcella: anche in questo caso l’E:i Shock risponde correttamente, rilevando che la forcella non si comprime per effetto delle asperità del fondo e quindi lasciando l’ammortizzatore chiuso. Questa prova è stata fatta anche con il programma AUTO1, il più sensibile e perciò più facilmente “ingannabile”. Il peso contenuto della bici, la scorrevolezza delle Nobby Nic ed una buona posizione in sella fanno il resto, rendendo la Lector piacevole e molto redditizia da pedalare anche sulle salite più ripide.

Lasciati i fondi scorrevoli per quelli più tecnici, capiamo da subito che il setting duro della forcella da noi utilizzato (parecchi psi al di sopra di quanto suggerito da RS per rider del nostro peso) influenza abbastanza pesantemente la risposta dell’E:i Shock. Pur impostando il programma AUTO1, infatti, solamente in caso di ostacoli di una certa entità il sistema apre l’ammo settandolo su MEDIUM. In puri termini di resa della pedalata questo è tutt’altro che un male, ma chi in salita desidera il massimo della comodità ed un setting morbido potrebbe desiderare un livello di sensibilità più elevato. Nonostante sia ragionevole supporre che difficilmente chi ama quel tipo di feeling terrà un settaggio molto duro della forcella, crediamo che spostare l’intero range di risposta del sistema verso una maggior sensibilità renderebbe più facilmente sfruttabili i 5 livelli a disposizione. In modalità AUTO5 sembra infatti di pedalare una front, tanto resta granitico il retrotreno anche in presenza di fondo ben sconnesso.

Pedalando su fondi molto variabili che permettono di sviluppare una discreta velocità, quindi in pianura, lieve salita e frequenti saliscendi, l’E:i Shock mostra al massimo il suo potenziale. E’ infatti in questi frangenti che il sistema lavora a pieno ritmo adattando continuamente il setting dell’ammortizzatore alle condizioni del terreno e di riding, il che è confermato dalla specie di sibilo che si sente ad ogni intervento del meccanismo di attuazione. Alternando tratti in sella ad altri dove ci alziamo sui pedali anche sui fondi sconnessi, rimaniamo colpiti da come l’E:i Shock sappia riconoscere in modo veloce ed efficace il tipo di fondo su cui ci stiamo muovendo senza farsi ingannare dal bobbing indotto dal biker. In queste condizioni una simile efficacia e frequenza di intervento sarebbero assolutamente impensabili con dei comandi manuali di tipo classico.

E la gestione manuale dell’E:i Shock come si comporta? Abbiamo fatto anche questa prova in svariate situazioni di riding: se in salita i risultati sono stati del tutto soddisfacenti, in condizioni di riding più “movimentate” quali la discesa o quelle descritte poco sopra i risultati non ci hanno entusiasmati. Il sistema non manca un colpo e l’ergonomia del comando remoto è buona, ma la quasi impossibilità di leggere il display quando si è in fuorisella, su fondi sconnessi ad andatura sostenuta, ed in generale quando la guida richiede concentrazione, fa sì che ci si trovi facilmente ad impostare il settaggio sbagliato. Non aiuta il fatto che i settaggi si ripetono ciclicamente ad ogni pressione dei pulsanti, e fra una cosa e l’altra bastano pochi metri per perdere il controllo della situazione. Da questo punto di vista crediamo che un comando remoto di tipo meccanico, la cui posizione è facilmente verificabile con un colpo d’occhio, sia ben più semplice ed efficace da gestire. In ogni caso l’abbiamo già detto e lo ripetiamo: portarsi a spasso l’E:i Shock per utilizzarlo in manuale non avrebbe alcun senso.

Per quanto concerne il comportamento in discesa non c’è molto da dire, dato che nel momento in cui il sistema non rileva pedalata e/o rileva una velocità maggiore di 40 Km/h posiziona l’ammo in OPEN indipendentemente dal tipo di fondo.

Bene anche la AMR Lector, che oltre ad essere un’ottima scalatrice si è dimostrata facile e sicura anche in discesa. Un’ottima allrounder, quindi, impreziosita da un sistema al momento abbastanza esclusivo.

 

Cosa non ci ha convinti

Se in linea generale l’E:i Shock ha dimostrato efficienza ed affidabilità, in alcune situazioni la gestione automatica non ci ha totalmente convinti.

 

In salita

In caso di forcelle dotate di blocco o riduzione di travel, quale è la Revelation montata sulla Ghost AMR, l’utilizzo di queste funzionalità compromette il funzionamento dell’E:i Shock. Se a forcella bloccata l’ammo a sua volta in “locked” ha un senso, diverso è il discorso quando si sfrutta la riduzione del travel: a meno di impatti con gradoni od avvallamenti improvvisi, la forcella si comprime infatti poco o niente con il risultato che l’ammortizzatore  resta quasi costantemente in posizione “locked”, anche quando un settaggio “medium” garantirebbe maggior comfort e trazione. In queste situazioni di forte pendenza, e conseguentemente velocità ridotta, abbiamo spesso usato con soddisfazione la gestione manuale.

Ogni volta che si parte, indipendentemente da tipo di fondo e pendenza, l’ammortizzatore è settato su “open” (pedali fermi=ammo aperto). Nessun problema se ci troviamo in una situazione agevole, ma in caso di partenza da fermi su tratti molto ripidi e tecnici non si tratta certo del settaggio ideale.

 

In discesa

I limiti riscontrati in discesa sono sostanzialmente legati ai tempi di reazione del sistema. Nonostante la CPU riesca ad elaborare le informazioni ricevute e stabilire il setting corretto in un decimo di secondo, perchè di fatto l’ammortizzatore cambi il suo settaggio servono infatti tempi ben più lunghi. Abbiamo fatto qualche prova al banco in tal senso, rilevando in modo abbastanza “spannometrico” circa 1.5″. Se in salita un tale tempo di reazione è tutto sommato accettabile, all’aumentare della velocità le cose cambiano. A 30 km/h, velocità tutt’altro che mostruosa anche in fuoristrada, significa ad esempio percorrere 12.5 metri. Vediamo alcuni casi dove questo può causare qualche problema:

_se provenendo da un tratto compatto e pedalato si smette di pedalare entrando in una sezione sconnessa, si percorrerebbero 12.5 m prima che l’ammo si apra. E’ pur vero che in genere si smette di pedalare con un minimo di anticipo, ma non così tanto. Risultato: si percorrerebbero alcuni metri ad ammo chiuso, e considerando che la frenatura è molto marcata sarebbe quasi come essere su una front. Ovviamente la situazione diventa più critica quanto più la velocità aumenta, dato che lo spazio percorso ad ammo chiuso sarebbe ancora maggiore e la velocità più elevata.

_pedalando per prendere velocità in vista di un drop: a meno di non smettere con buon anticipo, anche in questo caso è abbastanza probabile che l’ammo non faccia in tempo a modificare il proprio settaggio.

_quando pedalando un tratto scorrevole ci si trova di fronte un ostacolo superabile con un bunny-hop: l’ammo non apre in tempo e con buona probabilità si atterrerà ad ammo chiuso.

Da notare che la ridondanza del termine “probabilità” non è da attribuire (solamente) alle scarse doti letterarie di chi scrive, visto che di fatto non è sempre facile prevedere in che modalità si troverà la sospensione posteriore al momento dell’atterraggio. Si tratta quindi di situazioni dove l’E:i Shock richiede una certa dose di attenzione, dato che un conto è entrare in una sequenza di radici o atterrare da un drop con una full da 150 mm, ben altro con una bici che si comporta quasi come una front.

 

ghost-bikes.com

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