Le paraboliche

Ormai i park nostrani, seguendo la moda di quelli stranieri, si stanno riempiendo di appoggi e paraboliche.
Oggi vediamo come affrontare questo tipo di curva.

Partiamo da un presupposto. Nel mio modo di vedere esistono due tipi di curve paraboliche.
Ci sono curve realmente paraboliche, in cui uno può entrare praticamente alla velocità che vuole, e in cui si va a lavorare con la parte centrale della gomma. Ci sono curve, definite sempre paraboliche, in cui l’inclinazione della curva ci aiuta a stare in strada e ci permette di aumentare la velocità con cui affrontiamo la curva in questione. Per semplicità chiameremo queste seconde: “Semiparaboliche”.


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foto 1


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Paraboliche.

Come già anticipato su questo tipo di curve possiamo forzare la mano e mantenere una velocità veramente alta, in alcuni casi anche incrementarla. Queste curve sapranno infatti contenerci utilizzando la forza centrifuga come vettore verticale della ruota sul terreno, aumentando così a dismisura il grip e quindi la possibile velocità di percorrenza. Le paraboliche sono quindi quelle in cui, come detto, la gomma lavora nella sua parte centrale, in cui non si hanno forze (o comunque se ne hanno poche) che tendono a far scivolare le gomme.
Per riconoscere al volo una parabolica vera da una “semiparabolica” consideriamo come regole di base che in una parabolica vera noi ci andiamo ad inclinare, ma rimanendo sempre a 90° rispetto al terreno su cui viaggiamo. Quindi una parabolica vera è una parabolica in cui noi siamo inclinati e piegati, ma le nostre ruote formano comunque un angolo retto con il terreno.
A differenza delle curve base spiegate nell’apposito topic, qui possiamo mantenere una posizione molto aggressiva e addirittura possiamo mantenere i piedi paralleli. In questo modo potremo sfruttare la forza delle nostre gambe per acquisire velocità e aumentare ancora il grip se servisse. Spingendo infatti aumentiamo la pressione sul terreno, quindi la forza che andiamo a sviluppare, e conseguentemente il grip.

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foto 2

Ricordiamoci che come al solito lo sguardo è alto e punta lontano, le braccia saranno sempre un po’ piegate e caricheranno al meglio la ruota anteriore. Le gambe come detto fanno la maggior parte del lavoro. In entrata di curva saranno leggermente piegate, come se avessimo un po’ di “sag” (ricordiamoci che i nostri arti sono le sospensioni con più corsa e più sensibilità che abbiamo), durante la curva dovranno lavorare al meglio per mantenere il carico del corpo centrale e far scorrere la bicicletta senza intoppi. Infine se vorremo potremo usarle per spingere in uscita di curva, affiancando una certa spinta anche con le braccia, questo ci permetterà di guadagnare velocità e, nel caso di curve ripetute (come quelle in foto) di chiudere le traiettorie e entrare al meglio nella curva successiva.
Un ottimo allenamento per questo tipo di curve si ha nei pump track, in cui le paraboliche sono elementi che, come le gobbe, devono farci guadagnare velocità.

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foto 3

Semiparaboliche.

La maggioranza di quelle che noi comunemente definiamo paraboliche sono in realtà “semiparaboliche”. Si riconoscono perché si ha un appoggio, il terreno è inclinato in modo da aiutarci durante la curva, minimizzando per quanto possibile le forze laterali che cercano di far scivolare le ruote.
Le semiparaboliche vanno affrontate con una tecnica che potremo definire a metà fra la tecnica per le curve paraboliche, e quella per le curve senza appoggio. Inoltre in base all’ampiezza della curva andremo a decidere per una tecnica più vicina ad una parabolica vera e propria nelle curve con raggio corto/chiuso, o più vicina ad una curva piatta nelle curve con raggio ampio, e nelle curve lunghe.
Nel primo caso infatti andremo a “spigolare” il più possibile per sfruttare la pressione che riusciamo a creare col nostro corpo, sarà perciò importante avere i pedali paralleli e poter sfruttare le nostre gambe spingendo per uscire dalla curva (foto 4). Nel secondo caso (foto 5) invece saremo costretti a rimanere appesi alla bici, caricando il pedale esterno e mantenendo una linea più rotonda possibile, con una tecnica praticamente identica a quella spiegata per le curve senza appoggio.
In ogni caso le braccia e le spalle sono ben avanzate per andare a caricare l’anteriore. Si presuppone infatti che una parabolica sia abbastanza liscia, e che non ci siano rischi di impuntare su buche, radici o quant’altro.

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Nella sequenza di foto (dalla 1 alla 4) possiamo notare una curva che cambia faccia mentre la percorriamo. Vediamo infatti come la linea e le inclinazioni della curva la rendano una parabolica vera e propria nella sua prima metà, mentre si apre diventando una semiparabolica durante la sua parte finale. Vedete come la linea che ho seguito segua le regole spiegate sopra, una prima parte in cui si spinge nella parabolica senza paura che le gomme scivolino. Quando poi si arriva nella zona di semiparabolica sono andato a spingere con le gambe per “spigolare” e chiudere la curva, andando a ricercare la linea migliore per la curva successiva. Ponendo attenzione sul terreno polveroso possiamo notare come nella prima parte (foto 1-2) non vada ad alzare terra, il che ci indica appunto come non ci siano forze che tendano a farmi scivolare le ruote lateralmente. Nella seconda parte (foto 4) invece la terra si alza e si sposta verso l’esterno della curva. Questo indica decisamente un lavoro diverso della gomma, indica che sono i tasselli laterali a lavorare, e indica inequivocabilmente che siamo su una “semiparabolica”.

NB: nel fotoalbum di raida come mangi trovate la sequenza della curva completa.

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foto 5

Ingrediente segreto: set up

Sappiamo che il settaggio delle sospensioni varia molto la risposta della nostra bici ai nostri abusi. Il settaggio ideale per questo tipo di percorsi consiste nell’avere delle sospensioni molto rigide (quindi precarico e compressione più chiuse del normale) e un ritorno abbastanza lento. La rigidità delle sospensioni ci permetterà infatti di non infossarci nella parabolica ma di essere sempre sostenuti dalla nostra bici, inoltre renderà più efficiente le spinte di gambe e braccia in uscita di curva. Il ritorno lento invece ci aiuterà a non “rimbalzare” durante la parabolica e a donare quindi stabilità al mezzo.
Se andate quindi ad affrontare un percorso esclusivamente di paraboliche provate a chiudere di un paio di click questi parametri, potreste trovare un buon set up!

Jack

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