[Test] Rose Root Miller 8

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La Root Miller è la proposta di Rose per il settore trail – all mountain leggero. Ruote da 29″, geometrie molto compatte e 130mm di escursione rendono la Root Miller una bici molto interessante. Vediamo di scoprire come si è comportata in un mese di test!


La Root Miller 8


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La Root Miller, con i suoi 130mm nasce come bici da trail – all mountain leggero. Una bici insomma pensata per giri lunghi, magari a tappe, dove è importante arrivare in cima nel miglior modo possibile e poi scendere in sicurezza su ogni terreno. Non si tratta insomma di un mezzo da  enduro, ma neppure una bici marathon, anche se in alcune gare tecnicamente impegnative come la Transalp o la Transvesubienne potrebbe sicuramente dire la sua.

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Il telaio è in alluminio, l’escursione di 130mm anteriori e posteriori. Il montaggio della bici in test è quello della Root Miller 8 con alcune personalizzazioni, così come è personalizzata anche l’escursione della forcella (di serie la Float è settata a 120mm, nella bici in test a 130mm). Lo schema di sospensione è il classico giunto Horst che caratterizza tutta la gamma Rose, ovviamente ottimizzato per la destinazione d’uso di questa bicicletta e per le ruote da 29″.

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La taglia da noi provata è una M, ma è caratterizzata da un orizzontale virtuale di ben 590mm, adatta quindi alla mia statura (182 cm). L’altezza del piantone sella è comunque di 480mm, un po più lungo della media che mi ha permesso di rispettare abbondantemente il minimo inserimento del reggisella. Il passo da noi misurato è di 1124mm, mentre la lunghezza del carro è ben 460mm: le ruote da 29 sono più ingombranti e richiedono per forza un telaio più lungo. Il movimento centrale si trova a solo 334cm da terra, quindi piuttosto basso.

Caratteristica saliente della bici è l’angolo sterzo particolarmente chiuso (69,5° con la forcella da 130mm), quota che può sembrare un azzardo per una bici trail-AM, ma che come vedremo sui sentieri conferisce una buona agilità alla bici. L’angolo sella è di 73,5° (mezzo grado più aperto di quella di serie sempre per via della forcella più alta).

Analisi statica ed allestimento

La prima impressione che si ha del telaio è il design molto lineare. La bici è complessivamente pulita, semplice, in pieno stile tedesco. Le rifiniture sono abbastanza curate: passaggi guaine/tubi interni e ben studiati nei punti critici, predisposizione per il cavo del reggisella telescopico. Il tubo sella dritto e non interrotto offre la possibilità di abbassare la sella quanto si vuole, caratteristica apprezzata da chi non usa ancora il telescopico.

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Carro realizzato con tubazioni quadrate e giunti piuttosto massicci sono un chiaro segnale che la Root Miller è una bici pensata per durare nel tempo, il peso del telaio è comunque di 2,5kg senza ammortizzatore. Movimento centrale Press Fit, forcellino posteriore 142×12 per conferire un’elevata rigidità nonostante il carro più lungo del normale.

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L’allestimento è di alta gamma, a cominciare dalle sospensioni. Davanti troviamo la Fox Float 32 con trattamento Kashima e perno da 15mm. L’idraulica è la versione FIT della cartuccia CTD, con le ormai note 3 posizioni (Climb, Trail, Descend) che adattano al meglio il comportamento della forcella a seconda dei vari terreni. Una forcella veramente valida nel funzionamento, decisamente plush ma con una marcata progressività che permette un buon assorbimento dei piccoli urti senza però risultare vuota a metà corsa. In questo modo si evita che l’anteriore si insacchi negli avvallamenti o affondi eccessivamente in frenata.

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Anche l’ammortizzatore è il top di gamma di casa Fox: il Float CTD Remote Boost Valve, con trattamento Kashima. Interasse di 190mm e corsa di 51mm, per un rapporto medio di compressione di 2,56. Ottimo il funzionamento dell’ammortizzatore in ogni condizione: scorrimento ottimale ed eccellente tenuta al surriscaldamento anche su discese impegnative.

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Entrambe le sospensioni sono comandate da un unico comando, che permette di scegliere tra le tre modalità Climb, Trail e Descend. Molto comodo come sistema, soprattutto quando c’è un alternanza di tratti scorrevoli (magari su asfalto) e tratti di sentiero, oppure sui saliscendi quando si può attivare e disattivare il propedal a proprio piacimento. Unico neo è che si aggiungono due ulteriori guaine al telaio, che insieme al reggisella telescopico ed ai manettini rendono il manubrio della Root Miller più simile alla plancia di un aereo che ad un manubrio da bicicletta. Quando però si ha preso la mano con tutti questi comandi, si comincia ad apprezzarne l’utilità.

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La trasmissione è affidata ad un gruppo completo XO 2×10. Deragliatore posteriore Type 2 (con frizione), guarnitura XO con pedivelle in carbonio. Ottimo il funzionamento complessivo della trasmissione, rapida e precisa in ogni condizione. Il deragliatore Type 2 aiuta a ridurre il rischio di caduta della catena, ma quando il gioco si fa duro può capitare che ogni tanto  la catena cada esternamente alla guarnitura. Piuttosto completa la rapportatura, con pacco pignoni 11-36 e corone 22-36. Ricordiamoci che si tratta di una 29er (lo sviluppo metrico è maggiore a parità di rapporto): quindi a conti fatti la gamma di rapporti è piuttosto ampia e completa, perfetta sia per le salite più ripide che per i trasferimenti su asfalto. Un rider allenato potrebbe preferire dei rapporti più lunghi, ma in ottica trail-AM i rapporti corti sono fondamentali ed appoggiamo appieno la scelta di Rose.

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I freni Formula R1 Racing con leva in carbonio, viteria in titanio e guaina in Kevlar nascono per l’XC, ma nonostante la loro leggerezza (270g) con i dischi in due pezzi da 180mm si sono dimostrati competitivi anche per un uso più spinto. Unica pecca la mancanza di FCS e la necessità di ricorrere al multi tool per regolare la distanza della leva.

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Le ruote Easton Haven 29er, in alluminio, non saranno tra le più leggere del mercato (1,8kg la coppia) ma si sono rivelate piuttosto rigide e robuste: nonostante le abbiamo maltrattate, hanno mantenuto perfettamente la loro centratura e tensione dei raggi.

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Ciligina sulla torta della Root Miller è l’ottimo KS LEV, reggisella telescopico da 125mm con innesto cavo fisso. Ottimo il funzionamento, fluidissimo nello scorrimento e preciso nel bloccaggio e molto comodo grazie alla guaina fissa che evita problemi di interferenza con gambe o telaio. Promosso a pieni voti!

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Completano il montaggio il manubrio Crank Brothers Cobalt 3 da 720mm, lo stem Crank Brothers Iodine da 65mm e le gomme Schwalbe Nobbi Nic Evo 2,35 Snake Skin mescola Pace Star. Due gomme veramente generose come sezione, che come vedremo meglio in seguito non brillano per scorrevolezza.

Prime impressioni e setup

La prima impressione che si ha in sella è di essere sopra una bici piuttosto ingombrante. Sembra di stare seduti in mezzo alle ruote e l’avantreno risulta parecchio alto. Per questo motivo decidiamo di impostare sin da subito il manubrio più basso possibile, posizionando anche la pipa con angolazione negativa.

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La scelta si rivelerà subito vincente, conferendo alla bici una buona impostazione in sella, migliorando la performance in salita e la guidabilità in discesa. E’ proprio in discesa che rimaniamo sin da subito sorpresi dalla buona maneggevolezza del mezzo.

Settimano le sospensioni senza esagerare con la pressione: vista la marcata progressività delle stesse optiamo per un setup più morbido. Consci di non avere problemi di fine corsa o di mancanza di sostegno nella parte intermedia della corsa, possiamo in questo modo  ottimizzare l’assorbimento dei piccoli urti.

Sul campo

Passiamo ora all’aspetto sicuramente più interessante: il comportamento sul campo.

Il terreno di prova della Root Miller sono stati i sentieri abituali su cui giriamo ogni giorno. Abbiamo percorso itinerari conosciuti per avere un termine di paragone, cercando di variare però il terreno e la tipologia di giro, passando dal fondo terroso e compatto collinare alle rocce della Liguria, dai brevi giri pomeridiani ai lunghi tour in pieno stile AM.

Come sempre suddivideremo il test in situazioni tipo, per meglio analizzare il comportamento della bici nei diversi ambiti.

SALITA SCORREVOLE

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Iniziamo come sempre dalla salita su fondo scorrevole, asfalto o sterrato compatto. Posizionato il comando remoto su Climb, entrambe le sospensioni si irrigidiscono, sembrando quasi bloccate. In realtà non si tratta di un blocco totale, ma di una sorta di piattaforma stabile che elimina tutte le oscillazioni indesiderate, anche pedalando fuori sella. La bici su questo tipo di fondo è estremamente performante, le sospensioni non si muovono e la pedalata è estremamente redditizia.

Quello che più ha penalizzato la bici in questa situazione è stata però la scorrevolezza delle gomme: le Nobby Nic da 2.35 abbondanti scorrono veramente male, specialmente su asfalto, con una marcata rumorosità ed una rapida usura. Una gomma più scorrevole, almeno al posteriore, migliorerebbe di molto la situazione!

Sui rilanci l’elevato peso delle gomme e delle camere d’aria, insieme ad una coppia di ruote non molto leggera, penalizzano leggermente la bicicletta, che non ha brillato particolarmente sui cambi di ritmo. Su questo tipo di salita abbiamo quindi preferito tenere un’andatura costante, senza esagerare con fuori sella o scatti fulminei. Come migliorare quest’aspetto? Innanzitutto, dato che i cerchi sono tubeless, si potrebbero latticizzare le gomme con un risparmio di almeno 200g a ruota. Delle gomme più leggere migliorerebbero poi la situazione, ma attenzione alle pizzicature!

SALITA TECNICA

Passiamo ora alla salita tecnica, ambito in cui le 29er in genere si distinguono per performance e prestazioni: sappiamo tutti che i ruotoni in salita danno il meglio di sé sul ripido e sullo sconnesso.

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Come sempre le ruote da 29 dimostrano di avere un’eccellente trazione, specialmente in accoppiata con il voluminoso Nobby Nic 2.35 posteriore. Anche il superamento degli ostacoli, grazie al minor angolo di attacco, è decisamente più agevole rispetto ad una bici 26″ di pari categoria. Bisogna insomma solo aver la gamba, tenere il ritmo e pedalare: gli ostacoli non sono un problema.

Il carro con giunto Horst lavora piuttosto bene nel superare gli ostacoli: non si insacca ed assorbe le irregolarità facendo si che la ruota rimanga sempre attaccata al terreno, ottimizzando la trazione. Sulle salite tecniche ci siamo trovati piuttosto bene utilizzando l’impostazione Trail di ammortizzatore e forcella, il giusto compromesso tra assorbimento degli ostacoli e stabilità in pedalata. Solo su tratti particolarmente impegnativi abbiamo aperto del tutto le sospensioni, soprattutto per avere la forcella completamente sbloccata (il doppio comando non consente di sbloccare la forcella tenendo l’ammortizzatore il Trail).

Sulla carta il carro particolarmente lungo  dovrebbe rendere la bici molto stabile sul ripido. Quando però siamo saliti in sella abbiamo riscontrato una certa tendenza della bici ad impennarsi sulle salite più impegnative. La ruota anteriore, quando la pendenza si fa importante, tende ad alleggerirsi ed a sollevarsi, costringendo il rider ad accovacciarsi sul manubrio per non farla alzare. Il tutto naturalmente nonostante il manubrio flat, la pipa montata negativa e nessuno spessore sotto di essa.

La causa? Difficile a dirsi, probabilmente un mix tra una taglia abbastanza compatta per un rider di 1,82m ed un avantreno particolarmente alto (ricordiamo che la Float era impostata a 130, invece che i 120mm di serie). C’è comunque da dire che abbiamo riscontrato questa fastidiosa tendenza solo sui tratti particolarmente ripidi, tratti che solo l’elevata trazione del Nobby Nic da 29″ permetterebbe di pedalare.

Se sul dritto la Root Miller se la cava piuttosto bene, sui tornanti in salita il maggiore ingombro delle ruotone ed il carro particolarmente lungo non aiutano, nonostante l’angolo di sterzo particolarmente chiuso aiuti a ridurre il raggio di sterzata. Dovendo fare un paragone con una bici tradizionale da 26″ bisogna ammettere che la Root Miller risulta più impacciata, mentre  tra le 29er di pari categoria ci è sembrata una delle migliori.

SALISCENDI

Quando si gira in montagna capita spesso di incontrare lunghi traversi o tratti di saliscendi. Su questo tipo di percorsi la Root Miller se la cava abbastanza bene. Le sensazioni di guida rispetto ad una 26″ di pari categoria sono diverse: con la 26 è più facile far accelerare la bici pompando gli avvallamenti e le curve, mentre la Rose tende a mantenere più facilmente la velocità.

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Che cosa significa? Beh su un mezzacosta stretto, con avvallamenti, curvettine in rapida successione, una bici tradizionale permette di prendere velocità senza pedalare, solo lavorando di braccia e gambe e pompando gli ostacoli. Con la Root Miller questo è molto più difficile, di contro però la bici tende a superare eventuali ostacoli con più facilità. Questo in pratica significa che se ad esempio incontriamo un tappeto di radici, la Root Miller lo supera senza neanche accorgersene, senza perdere velocità. D’altronde il nome “Root Miller” non è stato scelto a caso!

DISCESA SCORREVOLE

Passiamo ora alla discesa vera e propria. Quando  il sentiero si fa scorrevole, non ci sono grossi ostacoli o eccessive difficoltà, la Root Miller da il meglio di sé.

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La guidabilità e la maneggevolezza della bici sono ottime, merito sicuramente dell’angolo di sterzo molto chiuso. Anche su sentieri più tortuosi la bici è veramente divertente da guidare, non sembra quasi di essere in sella ad una 29er! Il feeling è stato subito ottimo, soprattutto su curve mediamente ampie o con appoggio.

Quando si incontrano degli ostacoli, specialmente sul dritto, le ruote da 29″ passano oltre senza intoppi, mantenendo fluida la marcia e costante la velocità. Unica pecca sono state le gomme, che su pietre o radici appena umide schizzavano via come una pallina da flipper.

Il bilanciamento delle sospensioni (settate entrambe a 130mm) è ottimo: forcella e carro posteriore lavorano in buona sincronia. Il retrotreno tende ad assorbire molto bene gli ostacoli, risultando piuttosto plush nella prima parte. Ottimo il comportamento in franata: non si percepisce alcun impigrimento della sospensione, quindi la bici lavora molto bene anche su tratti ripidi sconnessi.

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Sui rilanci non è ovviamente il massimo della reattività, ma qui la colpa è da imputare quasi sicuramente alle gomme poco scorrevoli e pesanti. In compenso, sui brevi rilanci in cui si deve prendere di slancio, la bici sale agevolmente e la ruota da 29″ aiuta a non perdere trazione quando si pedalata furiosamente sui pedali, anche se il fondo non è perfettamente liscio e regolare.

Una bici insomma divertentissima da guidare sui sentieri flow, ben bilanciata e maneggevole. Un vero giocattolino sui singletrack di montagna più scorrevoli!

DISCESA TECNICA

La discesa tecnica non è certo il terreno ottimale di una trail bike, soprattutto di una 29er con un carro di 460mm. Dobbiamo però distinguere i diversi ambiti…

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Sui tratti tecnici rettilinei non troppo pendenti (come possono essere gradoni, tratti di sentiero pieni di massi e pietroni smossi) la Root Miller se la cava piuttosto bene. Specialmente alle basse velocità i ruotoni superano veramente con maggior facilità gli ostacoli, riducendo e spesso azzerando il rischio di ribaltarsi. Bisogna solo fidarsi, arretrare con il peso (l’angolo sterzo chiuso penalizza un pochettino) e lasciar andare la bici.

Sul ripido l’angolo sterzo molto chiuso non trasmette un feeling di sicurezza, ma in realtà la ruota anteriore difficilmente si impunta o si insacca. Bisogna quindi vincere questa sensazione di precarietà e fidarsi della bici, i risultati non sono malvagi considerato che comunque parliamo di una trail bike. La ruota posteriore in queste condizioni è tuttavia piuttosto ingombrante: capita spesso di prendere delle secche “ruotate” nel fondoschiena che tendono a far sbilanciare il rider.

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Quando però ilsentiero si fa tortuoso, ripido, gradonato, la Root Miller perde i colpi. Non è certo una bici per il tecnico trialistico: l’ingombro è considerevole e la maggior altezza da terra del baricentro non aiutano certo nelle manovre trialistiche. La bici è impacciata, difficile da girare e da gestire nello stretto. Qualche nose press sui tornanti stretti ma non troppo impegnativi lo si riesce a fare senza problemi, ma si capisce sin da subito che questo tipo di sentieri non è il  terreno ideale per questa bici.

Considerazioni finali

La Root Miller ci è stata presentata come una trail bike e dobbiamo dire che si è rivelata perfetta per questa destinazione d’uso. Molto pedalabile, performante sulle salite tecniche, molto divertente da guidare sui sentieri flow e scorrevoli, possiede insomma tutte le caratteristiche della trail bike ideale.

Una bici insomma pensata per giri epici in montagna, con salite lunghe, spesso su fondi accidentati ed irregolari, dislivelli impegnativi, tante ore in sella, ma anche infinite discese e lunghissimi singletrack su ogni tipo di terreno.

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A chi la consigliamo? Date le sue caratteristiche la consigliamo a chi pratica escursionismo o AM non esageratamente spinto, a chi vuole un mezzo che salga in maniera eccellente anche su terreni accidentati, che permetta di salire anche dove gli altri mettono giù il piede e che consenta di percorrere anche dislivelli importanti. Non è certo una bici per scendere a cannone o per affrontare i sentieri più tecnici, ma è comunque estremamente divertente da guidare su praticamente ogni terreno.

Cosa cambiareste?

Bisogna ammetterlo: l’allestimento della Root Miller da noi testata è veramente azzeccato per la tipologia di bici.

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La trasmissione ha la giusta rapportatura per i lunghi itinerari alpini ed è perfetta per le ruote da 29″. Il gruppo XO sembra un orologio nella cambiata. Unica pecca è che sui terreni più sconnessi la frizione non si è rivelata sufficiente a non far cadere la catena, complice sicuramente il carro molto lungo. Chi frequenta sentieri particolarmente sconnessi potrebbe valutare un leggero tendicatena.

Le ruote ci sono sembrate piuttosto rigide. Non sono leggere, ma ci sono sembrate affidabili e per di più sono tubeless native. Si potrebbe valutare qualcosa di più leggero, ma c’è il rischio di sacrificare affidabilità e rigidità.

Le gomme invece non ci sono piaciute: scarso il grip sul bagnato, elevata la resistenza al rotolamento ed il peso. Soprattutto al posteriore conviene montare qualcosa di più scorrevole.

Ottimo il reggisella telescopico KS LEV: il cavo fisso ed il perfetto funzionamento in ogni situazione lo rendono un prezioso compagno di pedalate.

Specifiche tecniche e prezzo

GEOMETRIE RILEVATE:

Escursione posteriore: 130mm
Orizzontale virtuale: 590mm (tg. M)
Piantone sella: 480mm
Angolo sterzo: 69,5°
Angolo sella: 73,5°
Altezza scatola sterzo: 100mm
Lunghezza carro: 460mm
Altezza movimento centrale: 334mm
Peso telaio: 2,51kg senza ammortizzatore
Peso bicicletta competa: 12,8kg

 

PREZZO: 3.761,17€ per la Root Miller 8 (la versione in test ha un montaggio leggermente personalizzato)

PRODUTTORE: Rose Bikes (www.rosebikes.it)

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