Come gestire i recuperi

Bentornati a tutti, innanzitutto mi scuso per il ritardo con cui pubblico questo articolo. Motivi di lavoro mi hanno portato a Milano senza preavviso e non ho potuto darvi la vostra dose di tecniche di allenamento settimanale. Entro 24 ore risponderò anche a tutti quelli che mi hanno chiesto ulteriori curiosità sull’ultimo articolo sulla definizione muscolare.

Ricordo fin da subito a tutti quelli che mi vogliono contattare per domande, curiosità o programmi personalizzati, di farlo via mail privata ([email protected]) o telefonicamente, e non tramite messaggio privato sul forum, perchè altrimenti non riesco a stare dietro a tutti. Per i residenti in Torino e provincia potete trovarmi sempre presso il club Healthcity Nizza.



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Ma veniamo all’argomento di oggi, prima di dedicare 2 articoli alla potenza in bike e in palestra, oggi vi voglio parlare per una volta non di ‘come allenarsi’ ma di come ‘non allenarsi’.

Infatti molto spesso capita (quanti di voi che mi hanno scritto!) di avere ritmi di lavoro intensi, poi famiglia, allenamenti, poche ore di sonno…tutti fattori che comportano un elevato stress per il nostro corpo (oltre che per la nostra mente). Ecco che diventa importante a volte riposarsi e recuperare.

Oggi vi parlerò di tutte quelle fasi di recupero attivo e passivo, sia per quanto riguarda la programmazione settimanale degli allenamenti, sia riguardo alle cosiddette ‘settimane di scarico’, poichè ora che state nel pieno della vostra preparazione e fate allenamenti più intensi, avete necessità di farle.

In poche parole rilassatevi e leggete con calma quanto segue, oggi ci riposiamo!!!

Inizierò parlandovi del principio della sovracompensazione (o supercompensazione) che vi fa capire come migliorano le nostre prestazioni ma come possono anche peggiorare.
I calli crescono sulle mani come risposta di adattamento alla frizione, le fibre muscolari in forza e dimensione in risposta all’allenamento, un tessuto lacerato sviluppa un tessuto cicatriziale: la risposta a uno stress coinvolge sempre la legge naturale della sovracompensazione. In altre parole, non è che un meccanismo di sopravvivenza all’interno del codice genetico della specie. Ma dov’è l’inghippo?!

E’ vero che il nostro corpo reagisce agli stress diventando più forte, resistente, flessibile…a seconda del tipo di stress, ma se non gli diamo il giusto tempo per reagire ecco che non si formano i calli ma si lacerano le mani, ecco che le fibre muscolari non crescono, ecco che la cicatrice non si forma velocemente con rischi di infezione…e così via.

Nello specifico dell’allenamento capita a moltissimi di voi di strafare, vuoi per lo stato di quasi dipendenza che l’attività sportiva dà, soprattutto se vissuta con passione, vuoi per timore di perdere i risultati fino a quel momento ottenuti.
Si cade così in quella che tutti conoscono come sindrome da sovrallenamento (stanchezza cronica, difficoltà a prendere sonno, inappetenza e soprattutto progressi inesistenti dagli allenamenti). Si tratta, in sostanza, di una fase in cui l’organismo, con una reazione di autodifesa dall’attacco stressante e continuo dell’allenamento, si rifiuta letteralmente di reagire e progredire. Tale sofferenza viene espressa attraverso segnali palesi, come quelli accennati, di uno stato di sofferenza generale.

Il termine ‘supercompensazione’ nasconde dei processi biochimici e fisiologici fondamentali per il mantenimento del benessere organico e per qualsiasi progresso in termini di allenamento.
La supercompensazione infatti è un processo di reazioni fisiologiche all’allenamento o ad un periodo allenante, che ha come risultato finale il raggiungimento di un potenziale fisico, in termini di forza e rendimento, superiore rispetto a quello che si aveva prima dell’allenamento o del periodo allenante. Ciò, quindi, permette di affrontare i nuovi allenamenti con “armi più forti’.

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Come vedete dalla curva sopra, durante un allenamento il corpo umano raggiunge un certo livello di affaticamento, causato dalla deplezione delle scorte energetiche, dall’acido lattico accumulato e da uno stress psicologico non indifferente. In queste condizioni si ha un’alterazione dell’omeostasi, e cioè di quella condizione di equilibrio in cui il corpo si trova in situazione di riposo.
Ciò determina la comparsa della fatica e la riduzione della capacità funzionale fisica ad allenarsi.

Spesso sentite dire che quando vi allenate state ‘distruggendo’, ma è quando riposate che state realmente ‘costruendo’. Dando un’occhiata alla curva vi rendete conto di quanto questo, anche se è chiaramente un paradosso, sia vero.

Dopo ogni sessione di allenamento e durante il riposo, si verifica una compensazione durante la quale le riserve energetiche e le potenzialità neuro-muscolari vengono ripristinate e la curva, precedentemente scesa sotto il livello normale, comincia a risalire verso la condizione di omeostasi. Questo fenomeno necessita di un numero di ore dipendente da vari fattori come intensità, volume e durata dell’allenamento, genetica, livello dell’atleta (ma ne parleremo dopo).

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Se vi tornate ad allenare prima il livello della curva scende ancora senza tornare mai a livelli uguali o superiori a prima, e si viene a creare una situazione come quella visibile nel grafico qui sotto:

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Se, al contrario, questo tempo di riposo viene “indovinato’ o programmato esattamente, si dà la possibilità all’organismo di recuperare tutte le scorte energetiche perse e di acquisire quel “qualcosa in più’ che fa la differenza. Questo rifornimento di energia porta l’atleta nel cosiddetto stato di supercompensazione e gli dà forze persino superiori per allenarsi più intensamente.

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Tuttavia, anche lasciare troppo tempo di riposo per la supercompensazione può essere deleterio e portare ad una involuzione nelle capacità di allenamento.

Il tempo di supercompensazione è stato calcolato da moltissimi esperti di settore durante gli ultimi decenni e ancora una volta i pareri sono discordanti, vi aiuterò quindi a mediare le varie opinioni per cercare di fare un po’ di chiarezza.
Indicativamente si dice che il tempo di supercompensazione dipende dal tipo di lavoro svolto e dal tipo di metabolismo implicato, nello specifico (facendo una media dei vari pareri) facciamo qualche esempio:

– allenamento aerobico/cardiovascolare (met. aerobico) ——> tempo di s.c. 6/8 ore
– allenamento forza massimale/submassimale (met. anaerobico alattacido) ——> tempo di s.c 24 ore
– allenamento ipertrofia (met. anaerobico lattacido) ——-> tempo di s.c. 36 ore

Salta subito all’occhio che, sulla carta, il vostro corpo è pronto in pochissimo tempo per un successivo stress. In realtà vi assicuro che anche se si raggiunge la sovracompensazione in 2/3 giorni, il vostro corpo accumula una quantità di affaticamento che può far precipitare la curva sempre più in basso.
Quindi a parte in atleti di alto livello e geneticamente predisposti a recuperare in fretta, i tempi sopra indicati nella maggior parte dei casi sono da allungare.
Alcuni consigliano di alternare una seduta intensa a una blanda per permettere un continuum nell’allenamento senza troppi sbalzi negativi della curva.

Cominciamo ora a fare chiarezza:

– per quanto riguarda la programmazione settimanale degli allenamenti:

Studiare la settimana in modo da non andare ad affaticare ripetutamente gli stessi gruppi muscolari o lo stesso tipo di metabolismo coinvolto è importante.

Se parliamo di allenamento in palestra la suddivisione dei gruppi muscolari è importante. Se siamo in un periodo di ricondizionamento, o stiamo facendo dei circuiti, lavorare nella stessa seduta con tutti i muscoli, chiaramente facendo 1 solo esercizio per gruppo, può essere una buona soluzione. 2 o 3 volte a settimana massimo facendo almeno 1 giorno di recupero tra una seduta e l’altra.

Se invece siamo in una fase di forza massimale-submassimale o di ipertrofia (e perchè no anche definizione) è fondamentale, non solo importante, suddividere i gruppi muscolari in più sedute. Questo per diminuire la durata della seduta (ricordate il fenomeno del catabolismo?) e per toccare un determinato gruppo muscolare 1 sola volta a settimana (massimo 2 nel caso in cui abbiate poco tempo o siete all’inizio di un percorso di forza/massa).
Questo lo sappiamo che in teoria è impossibile, infatti ad esempio i tricipiti lavorano in catena muscolare quando fate pettorali e quando fate spalle, oltre a chiaramente lavorare quando fate esercizi mirati per gli stessi. Ma diciamo che, in questo caso, teorie delle catene muscolari a parte, toccare 1 volta pettorali, 1 volta dorsali, 1 volta spalle, 1 volta bicipiti ecc…a settimana è la soluzione ideale. Alcuni culturisti e preparatori dei culturisti addirittura consigliano in alcune fasi di toccare 1 muscolo 1 volta ogni 2 settimane, ma si parla di casi estremi, in cui la massiccia integrazione permette di andare verso un estremo oppure verso l’altro.

Parliamo di allenamento in bike, sempre nella preparazione settimanale. E’ chiaro che un lavoro sul fondo sotto la soglia anaerobica può essere svolto anche 3 o 4 volte a settimana, in quanto i danni muscolari e le riserve energetiche ‘toccate’ non sono così importanti da dover giustificare recuperi lunghissimi. Diverso è il discorso quando facciamo SFR, ripetute, o lavori di resistenza di lunga durata come vedremo andando avanti coi nostri articoli. Questi sono lavori si differenti tra loro, ma che o per danno muscolare o per deplezione delle scorte energetiche richiedono dei tempi di recupero maggiori. Sempre parlando di atleti di medio livello (non di coppa del mondo o olimpiadi) questi lavori consiglio di svolgerli 1 volta a settimana, 2 se i giorni tra una seduta e l’altra sono più di 3, alternati a lavori di diverso tipo (come ad esempio sedute di mantenimento fondo o f&o non estreme).

Ultima cosa parlando di programmazione settimanale: i recuperi attivi. Per quanto riguarda l’allenamento con i pesi non li consiglio quasi mai (o spingi o riposi, lascia le giornate di scarico tutte in 1 unica settimana a fine mesociclo). Invece in bike i ‘recuperi attivi’ sono a volte più importanti dei recuperi passivi. Avete mai visto nelle lunghe corse a tappe che i ciclisti stanno in bici ore anche nelle giornate di riposo? Chiaramente tra le sedute di fondo non sono così importanti, ma tra seduta e seduta di sfr o ripetute soprattutto (ma anche dopo allenamenti lunghi e impegnativi in genere) , fare anche solo 40/50 min (per atleti di alto livello che fanno gare lunghe anche 2 ore o più) in pianura con rapporto agile e bpm non superiori a 50/60% soglia max possono aiutare tantissimo a ridurre quella sensazione legnosa nelle gambe.

– per quanto riguarda la programmazione mensile (mesocicli):

Anche studiare i mesocicli in modo da dare il giusto recupero al corpo è importante, in questo caso sia per quanto riguarda l’allenamento di pesi sia in bike.

Dopo 5 o 6 settimane di lavoro di forza/massa/circuiti di resistenza lattacida in palestra è importante fare 1 settimana di scarico con carichi al 50/60% massimale e recuperi 60/90 secondi.

In bike fare 1 settimana di solo ritmo di fondo o agilizzazione in pianura o salita semplice (affrontando qualche tratto in piedi sui pedali solo per spezzare il ritmo) ogni circa 5/6 di lavori intensi, è altrettanto consigliabile.

– per quanto riguarda infine la programmazione annuale:

Vi ho già parlato agli albori della rubrica dell’importanza di prendersi delle settimane/mesi per staccare la spina, ma ora non esageriamo che vi rilassate troppo!

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Ricordatevi che andando in sovrallenamento fisico e mentale si creano le condizioni peggiori per quando riguarda le probabilità di infortunio, quindi a volte è bene ascoltare cosa ci dice il nostro corpo e imparare a conoscerlo. Tutto quello che leggete sopra rappresenta una linea guida, ma ognuno di noi è diverso, geneticamente e per livello di preparazione, e quando si parla di recupero questi due fattori fanno la differenza.

Ci tengo a sfatare 2 miti che nell’immaginario collettivo sono metodi scesi dal cielo per migliorare le capacità di recupero (almeno 1 o 2 miti ad articolo li devo sfatare).

– L’utilizzo dell’integrazione.

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Come vi ho detto più volte, non è una soluzione e può tornare utile solo in determinate circostanze, non fatevi abbindolare da massicce azioni pubblicitarie di noti marchi. 3 esempi per tutti. Nel mondo del ciclismo e del podismo in particolar modo si è sempre alla ricerca del ripristino del glicogeno. Si può fare benissimo utilizzando carboidrati (meglio ad alto indice glicemico per velocizzare il processo: pasta e cereali, pane, miele, marmellata ecc.), senza ricorrere a prodotti ad hoc che, a parità di costo, forniscono troppe poche calorie e costringono comunque a ricorrere alla normale alimentazione per ritornare in condizioni di equilibrio. Solo chi esegue il metodo bigiornaliero (alcuni crosscountrysti sanno di cosa parlo, per non sovraccaricare troppo la digestione) può ricorrere a barrette glucidiche. Da condannare decisamente l’abuso di integratori salini che, contrariamente alla credenza comune, sono di utilità minima nel recupero (ok per ripristino ma abuso non porta a nulla). Ultimo esempio, gli amminoacidi ramificati: dati ovunque e in qualsiasi preparazione in qualsiasi momento della stagione. Essi devono essere introdotti con la dieta perchè il nostro corpo non riesce a produrli autonomamente. Hanno una minima funzione energetica oltre che plastica, possono preservare le difese immunitarie (di gran moda la glutammina), per alcuni (da dimostrare a tutti gli effetti) diminuiscono l’appannaggio mentale da affaticamento, sono in grado di contrastare la produzione di acido lattico e possono ridurre il danno muscolare! ECCO! trovata la fregatura! Ok se utilizzati da un ciclista che fa milioni di kilometri all’anno e deve scongiurare catabolismo (o che fa gare vicine e deve scongiurare i DOMS), ma pensare di utilizzarli durante un allenamento di massa in palestra, ad esempio (e qui bufera!!!), e credere di aver trovato la soluzione per crescere e non fare fatica è utopico. 1 perchè contrastano acido lattico, condizione essenziale per crescita muscolare (e richiamo ormonale del GH, vedi articoli precedenti), e 2 perchè limitano il danno muscolare, che è proprio quello che io vado a ricercare quando voglio crescere muscolarmente. Per questi motivi li vedete sempre meno all’interno delle palestre. Ma approfondiremo questi argomenti integratore per integratore. Questi erano solo 3 esempi semplici esemplificativi di come l’unico modo per ottenere risultati concreti è mangiar bene e allenarsi bene, il resto sono solo escamotage o cose marginali.

– L’utilizzo dell’elettrostimolazione.

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MA FATEMI IL PIACERE!!! Sono 20 anni che ci tartassano di messaggi pubblicitari riguardanti cose totalmente inutili (mettiamone dentro 1 altra: le scarpe con la suola tonda! quante belle tendiniti che vedo in palestra!). L’elettrostimolazione è sicuramente una di quelle, un conto era 20 anni fa (ricordo come fosse oggi delle foto di Corrado Herin su un vecchio tuttomtb con gli elettrodi tra una manche e l’altra) quando alcuni meccanismi non erano ancora ben chiari, ma al giorno d’oggi utilizzare questo metodo per recuperare, per allenarsi o per dimagrire è da denuncia!

Vi ricordo che per attivare un muscolo è necessario uno stimolo neuro-muscolare, tale stimolo richiede energia, l’elettrostimolazione non richiede energia e non parte da uno stimolo neurale (a partire da uno stimolo neurale vengono liberati ioni calcio nei muscoli, liberando pertanto energia e a partire dalla quale parte la contrazione muscolare). Quindi andate a fare un qualcosa di totalmente inutile perchè lo stimolo non parte da voi, e indipendentemente dal risultato che volete ottenere, il vostro corpo non crea una ‘memoria’ del gesto e non lavoro a ‘ciclo chiuso’. Sia chiaro che tutto ciò vale anche nella riabilitazione post infortunio (io sono un pt non lo posso dire, ma chiedetelo a fisioterapisti in gamba). C’è 1 solo e unico caso in cui l’elettrostimolazione può essere utile: in caso di muscolo denervato (magari per incidente grave) al quale non possono arrivare stimoli nervosi.

Gli studi recenti stanno portando all’elaborazione di metodi per accorciare i tempi di recupero e ridurre lo stato di infiammazione causato nell’organismo dopo intensi allenamenti, ma sono metodi attuabili solo su atleti olimpionici con la possibilità di lavorare in strutture idonee, e comunque metodi non ancora riconosciuti come validi universalmente.
Se io vi dicessi ad esempio che immergervi in una vasca di ghiaccio per qualche minuto dopo un allenamento può essere utile voi penserete: ma questo è fuori di testa. Quindi non viaggiamo troppo ma stiamo coi piedi per terra, anzi sui pedali.

Come promesso nelle prossime 2 settimane parleremo di forza esplosiva, in bike e in palestra, vedete tutti gli aggiornamenti qui o mettendo il like sulla mia pagina facebook Federico Frulloni – personal fitness trainer.

Molti di voi tempo fa mi avevano scritto chiedendomi dove poter acquistare dei trx a un prezzo modico, ora abbiamo i contatti, scrivetemi in privato nel caso vi interessasse.

Buon allenamento-recupero a tutti!!! Alla prossima settimana!

Federico Frulloni
Personal fitness trainer & home trainer
[email protected]
3482206686

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