Esci mai dalla tua comfort zone?

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La comfort zone è un termine inglese che, prendendo l’esempio del nostro sport, significa il muoversi entro dei limiti in cui ci si sente sicuri. In parole povere, non si prendono grandi rischi e allo stesso tempo non si alza l’asticella della propria prestazione.

Prestazione che può essere discesistica, preferendo spingere la bici su un passaggio difficile piuttosto che provarci, o in salita, quando non si vuole fare più fatica di quel tanto, pascolando senza spingere molto sui pedali.


In fondo, per un amatore, c’e sempre la domanda “ma chi me lo fa fare?” Unita al “lunedì devo tornare al lavoro” o “sono troppo vecchio per andare forte in salita“. Eppure, da qualche parte nella nostra coscienza, c’è una vocina che ci dice di provarci, di non mollare il colpo così facilmente. È poi la stessa vocina che ci fa schiodare dal divano e salire in sella, mentre un’altra parte della popolazione si mette in macchina per andare al centro commerciale.

E allora, perché spesso e volentieri non usciamo da questa comfort zone? Ci sono diversi fattori: in primis, come ci si sente sia fisicamente che di testa. Tutti hanno giornate euforiche e altre grigie se non nere. Durante le prime ci si sente padroni del mondo, nell’altro caso ci si sente Fantozzi dell’Ufficio Sinistri.

Secondo: la compagnia. Da soli è più difficile uscire dalla comfort zone, perché manca spesso la motivazione derivante dall’effetto di gruppo (che può essere anche negativo, su questo torno dopo) e soprattutto da quello più bravo e veloce di noi che ci fa vedere le linee migliori. Non solo, avere qualcuno davanti è sempre più facile, sia in salita che in discesa, perché vediamo qualche istante prima a cosa andiamo incontro e possiamo preparaci. In salita, un bel ritmo anche solo appena più veloce del nostro è già un buon allenamento in sé.

L’effetto gruppo può anche avere effetti nefandi se diventa un voler mostrare chi ce l’ha più lungo. Nel freeride su neve spinge ad esempio a non voler dire “potrebbe essere pericoloso per le valanghe” perché non si vuole essere i guastafeste della giornata. In bici è meno devastante, ma va da sé che, se uno va troppo oltre i propri limiti, può finire male anche lì.

Quindi come uscire dalla propria comfort zone senza rischiare di farsi male? È quasi impossibile, perché proprio sbagliando si impara. Non c’è nessuno pro di MTB che non è mai caduto e non si è mai fatto male. Certo, un Nino Schurter non ha tutte le cicatrici di un Loic Bruni, eppure se pensate a Brandon Semenuk, raramente lo abbiamo visto fermo con il gesso.

Questo perché uscire dalla comfort zone non significa spegnere il cervello ed andare alla sperandio. Ci sono corsi di guida che aiutano a migliorare senza doversi per forza fare male. C’è poi la cosa principale, cioé esercitarsi, esercitarsi, esercitarsi. Come con uno strumento musicale, anche la bici richiede ore e ore di dedizione, di prove e controprove. Senza fatica, non si ottiene niente. Un ottimo esempio è l’allenamento Ninja di Iron Mike.

Avete mai tracciato il perimetro della vostra comfort zone? Quanto spesso provate ad allargarlo? E come?

 

Commenti

  1. monorotula:

    Bisognerebbe rispondere prescindendo dal fattore oggettivo, che è inevitabilmente legato all'età; è ovvio che a 60 anni per uscire dalla confort zone basterebbe, faccio un esempio scemo, fare un drop da 50cm, a 30 anni ne serviva uno da 3m.
    Non sono totalmente d'accordo, poiché l'età è anche una questione di attitudine e di approccio.
    Faccio passaggi molto più difficili ora a 56 anni che quando ne avevo 30 e sono più consapevole dei miei limiti.
    L'anno scorso, passando ad una 29" decisamente più lunga della biga precedente, mi sono detto che era ora d'imparare il nose-press come si deve e ora giro tornatini incazzati che nemmeno mi sognavo di fare l'anno scorso.

    Anche nei salti e i drop sono migliorato, alzando l'asticella poco alla volta.
    Si, ogni tanto cado, ma nei tentativi sono talmente "pronto" al peggio che limito sempre i danni (anche grazie alle protezioni che a 30 anni non usavo). Le cadute peggiori le ho fatte per distrazione o per essermi ingarellato con qualcuno e aver rischiato ben oltre il limite.

    Non si è mai finito d'imparare e di migliorarsi. L'importante è di alzare l'asticella poco alla volta ... meglio nelle giornate in cui hai quel piglio particolare. :medita: :-|
  2. Dall'infanzia ad oggi che ho poco più di 40 anni solo la sregolatezza si è acquietata un pò mentre, l'uscire dalla comfort zone...beh, cos'è la comfort zone? Ah si, quando dormo! :smile:
    Da sempre mi sono spinto un pò su tutto e per quello che ne valeva la pena, in termini di scariche adrenaliniche, a oltrepassare i miei limiti e scoprire poi che non era quello...il limite.
    Dovrei raccontarvi oltre 30 anni vissuti appunto tra genio, sport, sregolatezza e sopratutto un ego mostruoso, una bestia affamata e mai sazia ma la faccio molto ma molto breve.
    Mi mangio il cazzo che ho cominciato solo tre anni fa ad andare in MTB ecco.
    È tutto molto diverso adesso ma non tantissimo. Non faccio cose al primo colpo, magari neanche al secondo ma capita che addirittura non dormo la notte o se mi sveglio non prendo più sonno perchè mi arrovello il cervello su come superare quel passaggio o quell'ostacolo aggirato per l'ennesima volta.

    Fortunatamente a 40 anni un limite ce l'ho adesso. . . . Oppure no?:nunsacci:
  3. Big Steak One:

    Dovrei raccontarvi oltre 30 anni vissuti appunto tra genio, sport, sregolatezza e sopratutto un ego mostruoso
    tipo farsi tirare da un camion?!?!
    o sfrecciare nel traffico con moto elaborate o tra la gente con ebike sbloccate?!?!?
    :-)

    dai dai, racconta!!!!
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