Park & Ride Dolomiti

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Girovaghi, come zingari sulle Dolomiti, appagando la curiosità di conoscerle per farsi rapire dal loro fascino, vivendole ammirandone le cime , le valli, il sole, annusando l’erba ed il fresco dei boschi, guardando i volti sorridenti dei tuoi amici ad un tavolo del Rifugio, con un piatto di pasta ed una radler fredda, freddissima che scende in gola come un ruscello di montagna.

Siamo oramai abituati a guardare video di giri epici e fantasticare quanto sarebbe bello essere in questi posti, senza però pensare all’organizzazione dietro quei pochi minuti di riprese.

Quando progetti un giro che vuoi fare con i tuoi compagni, insieme, le risorse sono poche ed occorre per forza di cose un mezzo di appoggio, il puzzle diventa difficile da far incastrare ma senti dentro di te che la soluzione può esistere, ecco allora stai organizzando il Park&Ride!

L’inverno trascorso a studiare le cartine topografiche, cercando uno spunto per concatenare montagne e sentieri che mettessero alla prova le nostre capacità di adattamento a terreni sempre diversi, poi cercare gli alberghi, le date di apertura degli impianti, reperire informazioni sui percorsi e le loro condizioni, organizzare la logistica, tenere bassi i costi ottimizzando i mezzi di trasporto, imprevisti da gestire insieme al fascino delle incognite che poteva riservare il tour, sono stati tutti elementi che hanno caratterizzato la fase progettuale di PARK&RIDE.

Park&Ride non è la ricerca del trail perfetto ma la riscoperta di vivere la Mountain Bike nella natura, l’avventura da condividere insieme ai tuoi compagni,

cambiando località ogni giorno, parcheggiando l’auto e scoprendo zone di riding sempre nuove. Nulla di nuovo quindi ma solo la necessità di dare un senso diverso alle nostre esperienze precedenti.

Il planning comprende dal Bike Park all’esplorazione, dalla ciclabile alla storia della Grande Guerra, da percorsi inediti all’arrampicata. Un potpourri che lascia a bocca aperta ed anche qualche perplessità sulla realizzazione, complice anche un meteo preannunciato pessimo. Partiamo da Roma, sosta veloce a Livorno e via verso l’avventura. Prima tappa Molveno.

A tarda sera si riesce a malapena a scorgere il Lago di Molveno, fa freddo ed il turismo non è ancora iniziato.

Al mattino sole e panorami mozzafiato rapiscono, il Bear Trail ci attende con poche e confuse notizie ma già al primo cartello indicatore ci dice che siamo sulla strada giusta.

In vetta alla Paganella, si resta rapiti. Sembra di toccare il Lago di Garda, sinuoso tra le montagne, grande come il mare, blu come il cielo, mentre in basso la valle dell’Adige accoglie il lungo nastro dell’autostrada che corre imperturbabile. La quiete assale la mente, ma il desiderio di andare oltre si fa insistente e non è facile riuscire a staccarsi da quella visione.

Il sole regala colori e le nuvole si rincorrono facendo esplodere la natura di allegria fino al giorno prima sommersa dalla pioggia. Possiamo dire di aver portato l’estate in montagna.

I dislivelli si superano con gli impianti, le distanze pedalando, le discese sono lunghe e immerse nel bosco ogni volta con terreni diversi, radici, contropendenze, rocce. Si segue la traccia, non si inventa nulla e si rispetta la natura per quello che ci sta regalando.

Vaghiamo sulle montagne da molte ore, scoprendo angoli di mondo inaspettati per la loro vastità, non sentiamo fame, sete o stanchezza e tutto sembra improvvisamente più lieve.

Il Lago di Molveno ci accoglie nel tardo pomeriggio, il Bear Trail è terminato e ci dispiace, ma la prima tappa della nostra avventura non poteva iniziare in modo migliore.

Il secondo giorno, ognuno ha trovato il proprio ruolo, riassettare le valigie e caricarle insieme alle bici nel furgone diventano operazioni automatiche che portano via poco tempo, le cartine topografiche si consultano con facilità ed anche la piccola manutenzione alle bici è essenziale e veloce.

La Plose ci attende con il suo Bike Park, ma non prima d’aver raggiunto la cima.

Raggiungere il Rifugio Plose a 2447 mt è suggestivo per i panorami e per gli incontri che si fanno sugli alpeggi. Purtroppo il trail programmato per la discesa è ancora innevato e siamo costretti a ripiegare per una via più diretta che immette nel Bike Park circa 500 mt più in basso. Il livello del tracciato ci lascia stupiti e divertiti, accompagnati anche da Stefan, rider di Bressanone, con cui stringiamo immediatamente amicizia.

Pedalare oltre i 2000 mt inizialmente affatica, poi diventa gradualmente piacevole e l’aria che entra nei polmoni diventa un sollievo.

La libertà degli animali al pascolo, la loro confidenza e mai diffidenti, infonde tanta serenità e la salita diventa motivo di spaziare oltre con lo sguardo e con l’anima.

Il successivo trasferimento a Riscone non è distante e la strada è piacevole lungo la Val Pusteria.

Plan de Corones sovrasta l’albergo dove alloggiamo per la notte, mentre il meteo intanto volge decisamente al bello e le temperature si alzano improvvisamente, regalandoci i primi giorni d’estate della montagna.

Kronplatz è un panettone di 2275 mt che per 360 gradi spazia sulle cime di montagne uniche fino alle Alpi Austriache. E’ uno dei primi Bike Park dell’Alto Adige e ci ha regalato magnifiche emozioni per un disegno del tracciato che sfida la gravità intesa come compressioni che giocano dall’alto in basso come in una giostra.

Lasciare i freni diventa man mano più facile con il cuore che ti va in gola, risucchiati da sponde alte raccordate perfettamente. Un paio di discese portano facilmente il Garmin a superare i 2500 mt negativi.

Il piccolo percorso Kneipp che troviamo nel bosco, diventa la conquista di questa giornata che viaggia costantemente sui 35 gradi. Immergere gambe e piedi nelle fredde acque, camminare sui ciottoli, distende i muscoli e ritempra dalla stanchezza, permettendoci così una piacevole passeggiata nella via centrale della magnifica Brunico, prima di trasferirci ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo.

Aprire le imposte al mattino, alzare lo sguardo e scorgere i monoliti è una emozione indescrivibile che ci proietta immediatamente in un’altra dimensione. Già la sera precedente, avendo portato le attrezzature, ci eravamo prodigati ad una facile arrampicata nella vicinissima Palestra di Roccia adiacente all’albergo. Una variabile al Park&Ride che ha reso ancor più unica questa esperienza, assaporando le potenzialità che offrono le Dolomiti in tutte le forme di outdoor ed era il preludio a ciò che avremmo affrontato il giorno dopo.

Dalla Val di Landro a 1400 mt, costeggiando il lago omonimo, saliamo al Rifugio Vallandro a 2040 mt per poi proseguire sulla cima dello Strudelkopf a 2308 mt.

Se percorrere le trincee, i tunnel ed i camminamenti adiacenti al Rifugio, ci aveva emozionato e fatto comprendere l’asprezza per quei tempi in cui fu combattuta la Grande Guerra, Il panorama dalla cima dello Strudelkopf ci lascia basiti. Siamo all’altezza dello zoccolo delle Tre Cime e loro svettano ancora più in alto, ma da li sembra quasi di toccarle, intorno l’Austria, le montagne Ampezzane con Il Cristallo e le Tofane. Il cielo blu fa da cappello a questo quadro e guardiamo con emozione la discesa che andremo ad affrontare da quassù.

Lasciamo la casermetta diroccata sulla destra per farci risucchiare dal sentiero che si inabissa nella profonda Val Chiara. L’euforia di affrontare un percorso prettamente di montagna, ben presto viene sostituita dalla consapevolezza che occorre attenzione ed una guida trialistica di cui ne siamo a volte carenti, nei passaggi più ostici e chiusi. Il sentiero attraversa un letto di un torrente, risale, degrada e attraversa mughi aprendosi continuamente a nuovi scorci panoramici. Si scende di sella spesso, l’esposizione in alcuni tratti si sente molto, giungendo ben presto alla parte attrezzata con funi, passerelle e gradini di legno.

La Val Chiara scende ripida sulla Val di Landro, incassata in una forra creata dalla natura nei millenni, ed abbiamo solo poche notizie in merito alla sua accessibilità in Mountain-bike. Sappiamo che c’è un passaggio attrezzato a circa metà percorso e quindi non ci resta che scendere.

Fa un certo effetto attraversare questa parte del percorso, spingendo la bici di fianco e pensando al vuoto che corre sotto i nostri piedi, mentre più avanti una galleria scavata nella roccia indica che il sentiero riprende normalmente. La scala di legno a pioli da scendere, è l’ultima fatica cui siamo sottoposti prima di riprendere la discesa –sempre trialistica- in sella.

Il dislivello diminuisce velocemente e ci troviamo ben presto a ridosso della Val di Landro, trovandoci ad uscire dove la sera precedente avevamo arrampicato.

Il sole, ancora alto, l’ambiente dolomitico e la voglia di continuare questa giornata ci fa proseguire per la ciclabile che arriva da Dobbiaco fino a Cortina D’Ampezzo.

Questo tratto della ciclabile è un falsopiano in leggera discesa che passa sul piano dell’antica ferrovia Dobbiaco Cortina dismessa nel 1964. Si attraversa così un pezzo di storia delle Dolomiti, sui ponti e nelle gallerie illuminate, facendo fermata alla stazione di Ospitale. Sicuramente è tra le ciclabili più belle d’Italia, attraverso strisce d’argento dei torrenti e boschi incantati dove sembra che escano improvvisamente i folletti delle montagne.

Cortina ci accoglie ancora immersa nel torpore di una stagione turistica che deve iniziare ed il clamore, cui siamo spesso abituati a pensarla, è sostituito dal tocco della campana della Basilica di San Filippo e Giacomo che riecheggia in tutta la valle.

La guida che ci accompagna è Fabio, un amico di Roma conoscitore da decenni della valle e ci propone un lungo tour che rimbalza da una parte all’altra delle montagne che circondano Cortina. Gli impianti sono aperti e quindi ci consentono di guadagnare facilmente quota, non senza pedalare, godendo poi di lunghissime discese.

Le 5 Torri, Fanes, Cristallo, Tofane e poi laghi come Ajal o Ghedina, il giro ha una estensione di quasi 70 km e circa 4000 metri in discesa. Una giornata memorabile che farà fatica ad essere dimenticata. Lasciamo Cortina a malincuore e ci dirigiamo verso l’ultima tappa del Park&Ride che è Canazei.

La pioggia fa la sua comparsa.

Sabato mattina il sole ci accompagna lungo i percorsi del Superenduro, abbastanza umidi ma molto belli. Prendiamo tranquillamente questa giornata, molti piloti stanno provando la gara del Superenduro del giorno dopo, il nostro intento non è lo studio delle linee ma assaporare intensamente la nostra ultima giornata di riding sulle Dolomiti. Domani saremo sulla strada del ritorno, l’autostrada ci inghiottirà per allontanarci da questi monti e non vogliamo perdere nulla di quanto ci viene offerto dalle Cime, dalle valli e dalla natura rigogliosa intorno a noi.

Con nostalgia oggi ricordiamo quelle giornate, di questa esperienza intensa, desiderata per capire noi stessi, per trovare nuovi stimoli. Scorrere le foto riporta immediatamente a momenti di grande intensità che sicuramente ci hanno cambiato. Se pensavamo che il progetto avrebbe potuto avere dei momenti di difficoltà, oggi siamo certi che condividendo la passione con i propri amici si possono raggiungere traguardi ambiziosi che restano nel bagaglio per tutta la vita.

“Nei viaggi, tutto ruota intorno al posto. Ma insieme a questo, le persone con cui fai questa esperienza, sono importanti” (C. Keene)

“Non importa cosa fai nella vita, vuoi sempre qualcosa di più, qualcosa di diverso, ma se non mi gusto quello che succede intorno a me in quel momento, allora che senso ha? Questo è qualcosa che ti farà pensare ai tempi passati, quando sarai vecchio e ricorderai i bei momenti” (J.Graves)

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