[Race insider] Superenduro PRO 1: Sestri Levante

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Dopo il freddo, piovoso e fangoso inizio di Coggiola, spostarsi in Liguria, a due passi dalla Toscana e dalle Cinque Terre, con temperature quasi estive e neanche una nuvola in cielo è un drastico cambiamento. Sole, caldo, sentieri stupendi a picco sul mare: cosa chiedere di più per la prima tappa del circuito Superenduro PRO 2013?

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Dopo un’anno di stop, causa problemi organizzativi e l’alluvione che ha colpito le 5 terre, eravamo in molti a sentire la mancanza di Sestri. Una delle più belle gare del circuito, la migliore secondo alcuni. Sentieri stupendi, rocciosi, spaccabraccia e delle speciali lunghissime che finiscono a picco sul mare. Uno dei posti più belli della Liguria per andare in bici, come lo dimostrano i tantissimi bikers che affollano i sentieri anche al di fuori della gara.

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Insomma, sin da subito Sestri si preannunciava come una gara epica, a partire dai 1500m di dislivello e dalle 4 speciali, tra cui le lunghissime Mimose e Sant’Anna. Grandi nomi tra i partenti e più di 500 iscritti, un successone!

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Arriviamo a Sestri il Venerdì sera, l’idea è di fare ancora un giro sulle speciali il giorno successivo, cercando di trovare un passaggio per evitare di pedalare: con 1500m di dislivello il giorno dopo, non è il caso di affaticare inutilmente le gambe. Una colazione abbondante, sistemiamo le bici e ci troviamo con i nostri amici con il furgone. Proviamo le speciali, ci alterniamo alla guida. Il terreno è ancora un po’ umido dalla pioggia del giorno precedente, ma nelle zone aperte al sole è tutto asciutto. Solo la PS1 è un pochettino critica: il primo tratto di pedalato in contropendenza sulle radici è veramente scivoloso, difficile stare in piedi ed anche il resto della speciale è viscida.

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Finiamo tardi, mangiamo qualcosa e poi ci spostiamo verso la penisola di Sestri per il prologo. Il percorso non è lungo, circa 1 minuto, ma c’è parecchio da pedalare. Le insidie sono molte, a cominciare dallo scivoloso ciottolato dei carrugi che dalla collina portano alla spiaggia della Baia del Silenzio. Quello a cui però bisogna stare attenti è l’ultima curva, subito dopo la spiaggia: sabbia e lastricato creano un mix letale che porterà numerosi concorrenti a cadere. A parte questo però i prologhi sono tutti uguali: parti, pedali, pedali, pedali, fai le curve, pedali, pedali ed ancora pedali. Il tuo cervello deve pensare solo ad un cosa: pedalare. E’ quello il segreto per andare bene! Lo sa bene Alex Lupato che grazie alle sue gambe d’acciaio si rivelerà il dominatore assoluto di questa breve ma intensa speciale.

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E’ giunto il mio turno: 5-4-3-2-1: VIA! Parto in piedi sui pedali, prima curva, leggera derapata, rettilineo: sto in piedi sui pedali, cerco di spingere al massimo, schizza via il posteriore sulla scalinata, continuo a pedalare, arriva la chiesa. Curva a sinistra, poi la spiaggia ed eccola qui, l’ultima curva a destra con la sabbia. Ti aspetta li pazientemente, per coglierti impraparato quando sei stanco, quando la vista è annebbiata. Dietro le transenne il pubblico ed i fotografi che ti incitano, forse sperando in una spettacolare caduta da immortalare nell’obiettivo. La conosco dagli anni precedenti, so cosa mi aspetta e vado conservativo per non rischiare di cadere. Dopo la curva il rettilineo finale: qui bisogna dar fondo a tutte le energie residue. Pochi secondi ed ecco la fotocellula: pulsazioni a mille, fiatone, il prologo è finito.

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Dopo il prologo è giunta ora di mangiare per recuperare le energie. Cerchiamo un ristorante che alcuni locals ci consigliano: si mangia piuttosto bene, peccato che ci portino da mangiare tardissimo. Lasciamo il ristorante dopo la mezzanotte: dormire poco e mangiare tardi non è proprio il massimo il giorno prima della gara…

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Domenica, ore 7:30 suona la sveglia. Sento ancora il profumo degli spiedini mangiati la sera prima, avrei voluto dormire ancora un paio d’ore ma è ora di fare colazione e preparare le ultime cose. Ci vestiamo, mettiamo le ginocchiere, prepariamo gli zaini e via verso l’area paddock. Ore 9:40 ed è l’ora della mia partenza.

La salita è tranquilla, i tempi sono larghi e si può salire con molta calma. Non c’è fretta, l’obiettivo è cercare di fare meno fatica possibile e per questo in alcuni tratti ripidi scendo a piedi e spingo la bici: tutte energie risparmiate per le speciali. Arrivo in cima con un buon anticipo, vado a vedere l’insidioso inizio della PS1: la situazione è migliorata, ma il terreno è ancora viscido.

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Arriva l’ora della mia partenza. Metto casco integrale, gomitiere e guanti, sblocco forcella ed ammortizzatore, metto la marcia giusta per partire ed abbasso la sella. L’inizio non è certo dei migliori: già alla prima curva sbaglio e scivolo sulle redici. Non cado, ma una bella piedata a terra non la leva nessuno. Il seguito è però ancora peggio: non si sta quasi in piedi sulle contropendenze (soprattutto se non sei più che convinto e le affronti titubante, spaventato dal jolly che ti sei appena giocato), sbaglio alcune linee e perdo un sacco di tempo. Un disastro… Proseguo, ma mi incastro nella canalina di fango colloso del primo tratto: la bici va dove vuole lei, non ci siamo proprio. Arriva il rider dietro: ci credo, guidando così cosa mi posso aspettare? Chiede strada, mi sposto quasi fermandomi e lo faccio passare ma si pianta poco prima di passarmi. Decido di ripartire: ok la sportività, ma anch’io ho la mia gara da correre! Riparte anche lui, cedo strada nuovamente accostando per la seconda volta e finalmente mi passa. Decido di seguirlo e di usarlo come lepre. Anche lui sbaglia un po’ di linee, io dietro lo seguo a ruota facendo gli stessi errori. Lo tengo tranquillamente, se mi ha ripreso è perchè guidavo male. Adesso va meglio, ho preso un po’ di confidenza col terreno e la situazione migliora progressivamente. Mi sono impallato all’inizio… Arriviamo al traguardo a trenino, uno dietro l’altro. Peccato, ho guidato male, cercherò di riprendermi nelle prossime speciali.

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Seconda risalita e seconda speciale, la lunghissima Mimose. 500m di dislivello con un’inizio pedalato, un velocissimo toboga ed un pezzo finale roccioso. Parto bene, pedalo, affronto il toboga a buona velocità. Tutto sembra andare al meglio, mi preparo al pezzo roccioso due colpi di pedale dopo uno stretto tornante e sorpresa: cade la catena. Proseguo senza pedalare, pompando sulle rocce e cercando di capire come possa essere successo. Sento le pedivelle muoversi di lato e quindi capisco che si è svitata la guarnitura ed allontanandosi le corone, la catena è caduta sul movimento centrale. Capito il problema, cerco una soluzione. Spingendo con i piedi verso sinistra avvicino la corona al telaio e la catena, dopo un po’ di tentennamenti, risale subito prima del pezzettino pedalato, quando ormai mi ero preparato psicologicamente a scendere e correre. Salgo tranquillo, sella alta, per evitare che la catena cada di nuovo obbligandomi a scendere a piedi. Tutto va bene e supero il mezzacosta in sella, pedalando. Poche curve dopo, la catena cadrà nuovamente, ma l’importante è stato pedalare quel pezzo. Arrivo in fondo, la catena finisce tra ruota e telaio bloccando il posteriore subito dopo il traguardo. La speciale è compromessa, ma poteva andare peggio…

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Controllo orario, sistemo la guarnitura mettendoci un po’ di frena filetti, e riparto. La gara è andata, ma non ci penso neanche a ritirarmi. Nel peggiore dei casi è un buon allenamento per i prossimi eventi! Ripetiamo la lunga salita che porta ai 500m della Selva, poco sopra la partenza delle speciali 1 e 2. La PS3 è corta, ma molto guidata, con uno strappetto in salita e metà e molte radici insidiose uscite nei giorni di pioggia che hanno preceduto la gara. Stavolta la mia tattica è di guidare pulito, cercare il flow e le linee giuste. Non devo strafare, il buon risultato si ottiene guidando bene, non scendendo impiccati. La tattica funziona abbastanza ed a parte un piccolo errore, guido pulito, fluido conservando un po’ di energie per il rilancio finale prima del paese. Per fortuna le radici che il giorno prima erano viscide come sapone si sono asciugate, quindi non costituiscono più un problema.

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Ultima breve risalita ed arrivamo in cima per l’ultima speciale, la temutissima S. Anna. 4500m di sviluppo e 500m di dislivello, con un lunghissimo tratto pedalato iniziale che non ti da mai tregua ed un finale su cascate di roccia, gradoni, ripidi e ghiaia che portano su un lunghissimo mezzacosta tutto da rilanciare. Una speciale che da sola metterebbe a dura prova le braccia dei riders, ma che messa a fine gara è ancora più impegnativa.

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Parto senza troppa foga, bisogna dosare le energie sul pedalato: il mio obiettivo è di non alzare mai la sella prima del tratto in cresta a metà discesa. Nel primo tratto di bosco oltre a pedalare bisogna infatti guidare, facendo attenzione a radici e contropendenze ancora fangose. La tattica paga, pedalo senza strafare, ma il bosco sembra non finire mai… Finalmente, dopo un lungo rettilineo si intravede la luce, segno che il pedalato è quasi finito. Il tratto in cresta è veloce, non sembra finire mai. Essendo in leggera discesa è il punto buono per riposare le gambe prima del velocissimo tratto roccioso che porta all’antica strada romana. I gradoni non danno mai treguida, le braccia e le gambe bruciano. Bisogna tener duro, è l’ultima speciale e si deve dare il 100%. Finalmente l’ultimo ripido, da qui in avanti bisogna solo dar fondo alle ultime energie e cercare di pedalare il più possibile. Ultimi tornanti, le mani e le braccia bruciano. Arriva l’ultimo guado, salto la profonda canalina scavata nella roccia ed ecco la fotocellula,che sancisce la fine della speciale e praticamente della gara, visto che manca solo un tranquillo trasferimento sul lungomare verso la zona paddock.

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A fine gara la soddisfazione non è molta… Più che per il problema alla trasmissione il rammarico è di non aver dato il 100% sia nella prima speciale, ma anche nelle successive dove avrei potuto far di meglio. L’importante, ad ogni modo, è cercare di capire i propri errori  e cercare di non ripeterli le volte successive. Ogni gara ti insegna sempre qualcosa di nuovo!

I risultati

Dopo 22 minuti di prove speciali, il francese Jerome Clementz (Cannondale Factory Team) porta a casa la vittoria con 33 secondi di vantaggio su Davide Sottocornola (Santacruz – Team Cicobikes DSB). Sul terzo gradino del podio Manuel Ducci (Ibis – Life Cycle) che strappa il terzo posto ad Andrea Bruno (Transition – Ready 2 Ride), reduce da un recente infortunio alla spalla, per pochi decimi. Quinta posizione per Paul Aston (Ibis – Life Cycle), seguito da Vittorio Gambirasio, Francesco Colombo, Bruno Zanchi, Nicola Casadei e Max Shumann a completare la top 10.

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Per quanto riguarda la classifica femminile la vittoria va alla compagna di Celementz Pauline Dieffenthaler (Cannondale). Un ottimo secondo posto per Valentina Macheda (Ibis – Life Cycle) che ha messo dietro Isabeau Courdurier (Santacruz – Maxima Team), Chiara Pastore ed Alia Marcellini (rispettivamente 3°, 4° e 5°).

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Valentina Macheda è estremamente soddisfatta dell’ottimo risultato della gara

Peccato per Alex Lupato, che a causa della rottura del manubrio in PS2 (pare a seguito di una caduta), è rimasto fuori dai giochi, nonostante l’ottimo risultato della PS3 in cui è riuscito a battere Jerome Clementz. Coraggio Alex, la prossima volta sarai più fortunato!

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Ottimi risultati insomma per gli italiani che, a poca distanza dalla prima tappa di World Series a Punta Ala, si dimostrano competitivi anche a livello internazionale. Ne vedremo delle belle!

Videoreport ufficile della gara

Classifiche complete

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