La mountain bike è uno sport con dei rischi congeniti, così come tutto il ciclismo. Stare in equilibrio su due ruote è una cosa che va imparata e che non è intrinseca nella nostra natura di esseri umani. Viene da sé che si cade e che cadere fa parte dell’andare in bicicletta, anche quando si va a prendere il pane con la bici da città dotata di cestello.
La differenza fra il cadere accidentalmente e il cadere perché si rischia consapevolmente è però enorme. Quando si sceglie di rischiare lo si fa per i più disparati motivi: per primeggiare in gara, per farsi belli di fronte agli amici, per chiudere un passaggio che non si era mai osato fare.
Alcune volte si premedita il rischio, se così si può dire. Si studia il passaggio difficile, ci si avvicina al salto più volte, prendendo la rincorsa e immaginandosi dove si andrebbe ad atterrare, si percorre la curva a velocità sempre maggiori.
Ciò che spesso decide fra il rimanere in sella e cadere rovinosamente a terra è la nostra testa, più che le nostre capacità tecniche. Quando si è in giornata sì, si affrontano le difficoltà con più baldanza, senza pensarci su tanto. Spesso queste giornate coincidono con tempo soleggiato e temperature gradevoli, fateci caso. Quando si è in giornata no, la soluzione migliore è quella di godersi il giro e stare lontani da ogni situazione al limite.
C’è un modo per allenare la testa al rischio? Sicuramente: migliorando le nostre capacità tecniche. Il che ci riporta al punto di partenza: per migliorarci tecnicamente dobbiamo superare le nostre paure. Un circolo vizioso che non è facile rompere.
Da qui però la domanda del titolo: è veramente necessario rompere questo circolo vizioso, che in fondo ci preserva dal farci male, cioé è veramente necessario rischiare più del dovuto? Se guardiamo ai bambini, il circolo vizioso viene rotto ogni volta che imparano una cosa nuova: camminare per esempio richiede coraggio, perché si cadrà le prime volte che lo si prova a fare.
Quello che differenzia i bambini dagli adulti è però la paura: i primi non ne hanno, i secondi ne hanno fin troppa. Quindi cosa possiamo fare per migliorarci senza rischiare troppo?
A voi la risposta.
Guarda, faccio dirt, bmx e freeride da 20 anni, ne ho 39. E col tempo ho capito che per rischiare di meno l'adrenalina va minimizzata. Mi spiego, un drop da 2 metri può essere piccolo per un pro e gigantesco per un amatore, tutto è relativo.
Ma prendiamo questo drop di 2 metri come esempio.
Se regolarmente droppi senza rischi 50cm, e ogni tanto ti butti dal drop da 2 metri per soddisfare la tua adrenalina-dipendenza, stai prendendo un rischio molto grande.
Se invece inizi regolarmente a girare drop da 80cm-1 metro e ti ci abitui girandoci mesi, poi ti abitui per altri mesi a girare su drop da 1 metro / 1 metro e mezzo, magari ci metti due o tre anni ma con la pazienza per accettare un percorso progressivo arrivi a fare regolarmente drop di 2 metri con la totale padronanza e sicurezza con cui qualche anno prima li facevi da 50 cm. Ovviamente i bambini/ragazzini che hanno un cervello che è una spugna imparano più velocemente ma il concetto è lo stesso: prendersi i propri tempi per padroneggiare tecniche più avanzate.
La ricerca dell'adrenalina è una cattiva consigliera..poi capisco che purtroppo il problema principale è la mancanza di strutture/passaggi intermedi, nel mondo reale tra il drop da mezzo metro e quello di 2 metri è difficile avere tantissime sfumature in zona sui esercitarsi progressivamente, ma anche su passaggi ripidi difficili, magari in zona ne hai 5 che gestisci facilmente e uno impossibile che fanno tutti tranne te, e non hai dei passaggi intermedi su cui far pratica..
Qui il focus era sul rischio.