Stress e sollecitazioni parte 2: sollecitazioni indotte dalla pedalata

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La settimana scorsa abbiamo parlato delle sollecitazioni e degli stress indotti sul telaio da ostacoli esterni, cercando di analizzare le varie situazioni che si presentano durante il normale utilizzo della nostra mountain bike.



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Quest’oggi, viste anche le numerose richieste, vediamo di integrare il discorso occupandoci delle sollecitazioni indotte dalla pedalata.

Cosa succede quando si pedala?

Cominciamo la nostra analisi cercando di capire cosa succede da un punto di vista delle forze quando si pedala.

Innanzitutto cominciamo col distinguere due situazioni diverse:

– La pedalata da seduti
– La pedalata in fuori sella, in piedi sui pedali

Si tratta infatti di due situazioni estremamente differenti, sia per intensità delle sollecitazioni, che per natura delle sollecitazioni stesse (quando si pedala in piedi la bici è libera di oscillare lateralmente).

Cominciamo con l’analizzare la situazione di pedalata da seduti, in quanto nella pedalata in fuori sella le sollecitazioni sono molto simili, bisogna aggiungere solo una componente trasversale.

PEDALATA DA SEDUTI

Probabilmente chi ha seguito assiduamente la nostra rubrica si ricorderà che avevamo introdotto l’argomento delle sollecitazioni indotte dalla pedalata quando ci eravamo occupati del propedal. Riprendiamo quel ragionamento.

Durante la pedalata da seduti le nostre gambe imprimono una rotazione della guarnitura tramite i pedali. La spinta esercitata dalle gambe non è costante durante tutta la rotazione della guarnitura, ma segue un andamento che in prima approssimazione possiamo rappresentare con una sinusoide:

Il grafico rappresenta l’andamento della spinta dei pedali partendo dalla posizione 0 in cui la pedivella di riferimento (supponiamo la DX) si trova a ore 12 (immaginiamo un orologio ed usiamo le ore come riferimento). Ci troviamo nella zona del cossi detto punto morto superiore, ovvero nella posizione in cui la direzione del moto del pedale è orizzontale. Poiché noi applichiamo essenzialmente una spinta verticale (in realtà, specialmente con gli SPD si riesce a tenere una pedalata più rotonda spingendo anche in avanti il pedale) nella fase in cui la pedivella si trova verticale anche se esercitassimo una spinta verso il basso questa non contribuirebbe in alcun modo ad incrementare la coppia motrice alla ruota. In pratica in questa zona la pedivella prosegue la sua rotazione per inerzia e la spinta è nulla.

Mano a mano che la pedivella procede nella sua rotazione e tende a diventare più orizzontale, la spinta verticale che noi esercitiamo diventa sempre più parallela alla direzione del moto del pedale, fino a raggiungere un massimo quando la pedivella è ad ore 3 (orizzontale): in questa posizione praticamente tutta la nostra spinta verticale viene utilizzata per incrementare la coppia motrice e si ha la zona di massima spinta.

Successivamente la pedivella si sposta verso il basso, fino ad arrivare ad ore 6 (pedivella verticale) dove si configura il punto morto inferiore. In questa configurazione se la nostra pedivella DX è ad ore 6, la pedivella SX sarà ad ore 12. Da questo punto in avanti la nostra pedivella di riferimento DX sarà trascinata e la spinta garantita dalla pedivella opposta (SX) che seguirà lo stesso identico ciclo, con il picco della spinta quando la pedivella DX si trova ad ore 9 e di conseguenza la pedivella SX ad ore 3. Quando la pedivella di riferimento ha raggiunto ore 12, il ciclo si ripete.

Naturalmente questa è una semplificazione, in realtà la spinta delle due gambe per ragioni biologiche non è esattamente uguale, la pedalata di un biker esperto tende ad essere più “rotonda” (con rotonda si intende più fluida, ovvero la spinta è più costante durante il ciclo di pedalata) di quanto rappresentato, ma comunque l’andamento ondulatorio è sempre presente.

Poiché la spinta non è uniforme ne conseguirà che coppia motrice e le sollecitazioni del telaio seguiranno un andamento analogo, come vedremo in seguito.

PEDALATA IN FUORISELLA

Se quando pedaliamo da seduti tendiamo ad essere più rotondi, quando pedaliamo in fuori sella l’irregolarità della pedalata tende ad essere molto più accentuata, così come la spinta che esercitiamo sui pedali risulta maggiore, in quanto applichiamo sul pedale tutto il nostro peso.

Di conseguenza tutte le sollecitazioni che trasferiamo al telaio e alla ruota sono maggiori e più impulsive. Ne è una dimostrazione quando pedaliamo in fuori sella su un fondo sterrato (classica strada forestale). La coppia motrice alla ruota segue l’andamento ciclico descritto al precedente paragrafo, con i picchi e i minimi di cui abbiamo parlato. Succede infatti spesso che la ruota slitti nelle fasi di maggiore spinta (pedivelle parallele al terreno), cosa che non succede quando le pedivelle si allontanano dalla zona di massima spinta (verso i punti morti). E’ infatti un classico quando si pedala in fuori sella che l’impronta a terra presenti delle zone in cui è più marcata (zona di massima spinta) a delle zone in cui è meno evidente (in corrispondenza dei punti morti).

Se quindi anche per la pedalata in fuori sella resta valido quanto detto per la pedalata da seduti, bisogna però aggiungere che quando si pedala in piedi, la forte spinta sul pedale tende a far inclinare la bici lateralmente. Basta vedere una qualsiasi volata in una gara di ciclismo su strada per rendersene conto.

L’inclinazione laterale della bici è caratteristica: quando si spinge con il pedale DX la bici tende ad inclinarsi verso DX, quando si spinge con il pedale SX la bici tende a piegarsi verso SX. L’inclinazione della bici tende ad essere massima in prossimità del punto di massima spinta (pedivella orizzontale ad ore 3) e nulla in prossimità dei punti morti (pedivella d ore 12 e 6).

Non essendo la forza che scarichiamo sui pedali parallela alla bicicletta, ne segue che una componente si scaricherà lateralmente sul telaio, come vedremo in seguito.

Pedalata e sollecitazioni del telaio

Le sollecitazioni che interessano il telaio durante la pedalata sono diverse e vedremo di analizzarle separatamente. Inutile sottolineare come un telaio maggiormente rigido tenderà a trasferire tutta la forza impressa dalle nostre gambe sui pedali direttamente alla ruota, mentre un telaio poco rigido, deformandosi elasticamente, dissiperà parte dell’energia che noi trasferiamo sui pedali tramite le deformazioni, riducendo quindi l’efficienza della pedalata (sul quanto e su chi può percepire questa differenza poi ci sarebbe da discutere, magari con dati provenienti da appositi test di laboratorio e da prove cronometrate). Specialmente poi nei telai full, la compressione dell’ammortizzatore può dissipare moltissima energia, riducendo drasticamente l’efficienza della pedalata. Per ovviare a questo problema si utilizzano le piattaforme stabili, valvole inerziali magari abbinate a schemi di sospensione che riducano questo effetto.

Tralasciamo il discorso riguardante la sospensione posteriore e le geometrie degli schemi di sospensione ed occupiamoci di quello che succede strutturalmente al telaio.

TORSIONE MOVIMENTO CENTRALE

Come ben sappiamo le pedivelle ed i pedali sono posizionati per ovvie ragioni geometriche esternamente rispetto alla scatola movimento centrale del telaio.

Ssupponiamo ad esempio di spingere sul pedale SX come in figura: si genera una forza verticale applicata più a SX rispetto al baricentro del movimento centrale. Questa forza F genera quindi un momento torcente sulla scatola del movimento centrale il cui braccio è pari a metà della distanza tra i due pedali, scatola movimento centrale che se non è sufficientemente rigida può provocare deformazioni elastiche e dissipazione di energia.

Inoltre la catena è posizionata sulla DX del movimento centrale e la reazione di resistenza alla rotazione che determina, genera anch’essa un momento torcente sul movimento centrale.
I due momenti torcenti quindi si combinano.

SPINTA VERSO IL BASSO

Quando spingiamo verso il basso sul pedale, superata la posizione di massima spinta e quando la pedivella si sposta verso il basso, la spinta che produciamo verso il basso con le nostre gambe, mano a mano che la pedivella si sposta verso il punto morto inferiore, tende ad essere sempre più centrifuga, fino ad arrivare, quando la pedivella ha raggiunto la posizione di ore 6, a non esercitare più alcuna trazione alla catena, configurandosi quindi come una forza di trazione diretta verso il basso.

L’andamento di questa spinta che tende a tirare il movimento centrale verso il terreno (rappresentata nel grafico in azzurro) è praticamente analogo a quello della trazione indotta dalla pedalata, semplicemente però risulta spostato di ½ periodo verso dx. D’altronde il nostro peso grava sempre ed è costante, quindi la somma delle due forze dev’essere per forza costante.

A parte il momento torcente che si genera sul movimento centrale, dovuto allo scostamento laterale delle pedivelle, questa spinta verso il basso va a sollecitare il telaio come in figura.

Come possiamo vedere dal disegno questa spinta verso il basso F, a causa delle reazioni vincolari indotte dalle ruote sul terreno che si oppongono allo spostamento verso il basso della bicicletta, si va a scaricare sul telaio, sia sul carro che sulla forcella, essendo il movimento centrale posizionato tra le due ruote. La sollecitazione che riguarda il carro, essendo il movimento centrale più vicino alla ruota posteriore, sarà maggiore e si distribuirà come una trazione del fodero basso ed una compressione del fodero alto come in figura. In presenza di un ammortizzatore e se le geometrie della sospensione non prevedono degli infulcri posizionati ad hoc, la sollecitazione si scarica sull’ammortizzatore che tende ad essere compresso. Anche la forcella analogamente viene compressa a causa della forza F che tende a tirare verso il basso tutto il triangolo principale.

La spinta F verso il basso è comunque presente in tutte le fasi in cui spingiamo sui pedali, anche nelle zone di massima spinta a causa delal spinta extra generata dai nostri muscoli.

Per evitare l’effetto di compressione della sospensione posteriore durante la pedalata (che sottrae moltissima energia) viene spesso sfruttato l’effetto di tiro catena, che tende a ristendere la sospensione. In questo modo quindi si evita l’effetto di affondamento durante la pedalata (anti-squat).

SPINTA LATERALE

Come abbiamo detto qualche riga sopra, quando pedaliamo in fuori sella esercitando un’elevata potenza, la bici tende ad inclinarsi lateralmente. La spinta che noi esercitiamo sul pedali con la bici inclinata si scompone in due componenti: una diretta secondo l’asse verticale del telaio che è assimilabile ala spinta F del punto sopra ed una componente laterale, rappresentata in figura.

Questa spinta laterale determina una flessione laterale del telaio, in alcuni casi anche molto evidente (specialmente nei telai full). Inutile dire come una flessione laterale elevata determini una forte dispersione di energia.

TORSIONE DEL CARRO

Come ben sappiamo la trasmissione (corone, pignoni e catena) sono posizionati disallineati rispetto all’asse della bici, sul lato DX. Questo fa si che quando la catena (o la cinghia nel caso della nostra foto) è posta in trazione, si generi un momento torcente (rappresentato in blu) al mozzo che interessa tutto il carro della nostra bicicletta.

Tutto il carro tende a torcersi e i foderi a disallinearsi. La flessione del carro, che può essere importante specialmente su alcuni carri monocross a forcellone unico, viene spesso contrastata con l’utilizzo di perni passanti che aumentano la rigidità del carro stesso.

Questo tipo di sollecitazione tra l’altro è praticamente assimilabile a quella di un ostacolo inclinato che colpisce la ruota posteriore.

Considerazioni.

Come avevamo già considerato nel precedente articolo, e qui l’effetto è ancora più evidente in termini di performance, un telaio rigido da un punto di vista teorico è preferibile. Maggior rigidità significa maggiore efficienza della pedalata, in quanto più un telaio è rigido minore è la dispersione di energia dovuta alle flessioni e maggiore è la quantità di energia muscolare da noi prodotta che viene scaricata alla ruota.
Non a caso è subito evidente, anche ai meno esperti, la migliore resa in pedalata dei telai front suspended, specialmente in fuori sella, in quanto l’assenza di infulcri e dell’ammortizzatore posteriore, rende nettamente più rigido il telaio stesso e quasi tutta la spinta che esercitiamo sui pedali viene trasferita alla ruota.

D’altro canto c’è sempre il rovescio della medaglia. Parlando di telai front suspended, un telaio rigido sarà si reattivo ed efficiente in pedalata, ma sarà anche più rigido e faticoso nei tratti sconnessi, non essendo in grado di assorbire le vibrazioni e trasmettendo tutto al rider.
Insomma, non è detto che un telaio rigido sia meglio per tutti, anche perché (parlando sempre di front) la quantità di energia assorbita per le flessioni non è così elevata e a meno di non essere agonisti che erogano molti watt, potrebbe trattarsi di una differenza non così influente e percepibile.

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