Strumenti di apprendimento ep. 1: concetto di comfort zone

Visto il successo dell’articolo sulla confidenza, oggi voglio nuovamente mettere in campo l’esperienza maturata in tanti anni di riding in giro per gare ed eventi. La premessa doverosa che avevo già fatto nel sopracitato articolo rimane valida, non sono uno psicologo e quindi quanto segue rispecchia solo la mia esperienza e il mio modo di pormi di fronte agli ostacoli dell’apprendimento e del riding quotidiano. Non vi sono studi o basi scientifiche dietro, non ci sono citazioni o bibliografie. Pura e semplice esperienza che voglio condividere con voi e che potrebbe tornare utile a qualcuno come spunto.

Ci saranno quindi alcuni articoli sui vari aspetti della gestione dell’apprendimento delle nuove tecniche. Sarebbe inutile infatti darvi delle nozioni come sto facendo ormai da quasi un anno e non indicare, a chi non li ha, gli strumenti migliori per mettere in pratica queste nozioni.



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Definizione di nuove tecniche.

Con questo termine voglio indicare tutte quelle manovre in bici che non abbiamo mai provato prima. Nel mio background di freestyler una nuova tecnica può essere una nuova manovra che non ho mai provato o che non so fare. In un riding più naturalistico o escursionistico una nuova tecnica può essere l’affrontare un passaggio ostico (esempio uno scalino viscido in salita che non riusciamo mai a superare), in ambito discesistico una nuova tecnica può essere un salto che non abbiamo mai avuto il coraggio di provare e così via.

Insomma, sia che dobbiamo superare un ostacolo o imparare un nuovo trick (il manual per esempio!!!), ci troviamo sempre di fronte ad una situazione incognita. Per dirla all’inglese stiamo uscendo dalla nostra “comfort zone”.

 

Definizione di “Comfort zone”.

Ad alti livelli si sente spesso parlare di questa “zona comoda”, che non è altro che uno stato mentale. Si tratta di girare entro il nostro limite mentale, consci del fatto che andrà tutto bene e che stiamo guidando sotto i nostri limiti. Per imparare bisogna spingerci fuori dalla nostra C.Z.. Bisogna però farlo in modo intelligente perché le cartelle sono dietro l’angolo. E se cadere fa parte del gioco farlo quando siamo leggermente oltre il nostro limite normalmente non porta a grosse conseguenze, farlo mentre stiamo esagerando e siamo eccessivamente lontani dal limite della nostra tecnica-allenamento-stato mentale, risulterà molto rischioso.

Tanto per farvi un esempio si vedono spesso rider molto forti sbagliare salti enormi, atterrare sulla bici e scivolare via, oppure mollare la bici in aria e atterrare a piedi senza riportare grosse conseguente (rapportate alla mina che hanno appena dato).

L’esempio più palese che è stampato nella mia mente è Zink all’ultima redbull rampage. Dopo aver preso con velocità eccessiva un gap enorme (roba da 20 metri) si è reso conto dell’errore e ha lasciato bici e tutto. Nella sua mente sicuramente si è reso conto che avrebbe impattato il terreno senza la bici sotto al sedere già nella fase in cui le ruote si stavano staccando dalla rampa. Questa sua preparazione gli ha permesso di reagire in modo istintivo alla situazione e non perdere il controllo del suo corpo, dell’assetto in volo, minimizzando le conseguenze. In pratica dopo questo volo tremendo il rider ha riportato solo delle contusioni alle caviglie per via del forte impatto. Preparazione fisica direte voi, sì, vero, ma anche reattività e lucidità che lo hanno portato ad atterrare in piedi e non di pancia-schiena-testa-spalla ecc ecc.

[VIDEO=2718]Cam Zink Rampage canyon crash[/VIDEO]

Come riconoscere la propria comfort zone.

Ovviamente ciascuno ha una diversa percezione di cosa è facile e cosa è difficile. Ci sarà chi sul tecnico si sente a proprio agio e non teme niente e chi invece si sente perfettamente a casa in aria, con le ruote staccate da terra. Io sono della seconda scuola, riesco a valutare un salto, anche doppio a meno che non sia enorme arrivandoci in velocità e calcolando quanto devo saltare mentre sono sulla rampa. Ovviamente pago sul tecnico, dove scendo bene o male dappertutto, ma dove spesso mi rendo conto di essere molto più attento alle linee e meno “pronto” di altri rider a scegliere la linea giusta o a imbroccare il passaggio migliore. Questione di esperienza, di background tecnici, di gusti. Ad ogni modo quello che mi preme trasmettervi è l’importanza di conoscersi. Di sapere quali sono i nostri punti forti e quali i punti deboli. Questa autoanalisi ci permetterà infatti di andare a “limitarci” nel momento in cui sapremo di essere in una zona di poca confidenza, saprà altresì fomentarci quando invece saremo tranquilli nell’effettuare un passaggio o una certa tecnica.

Come dicevamo questa zona di relativa tranquillità varia da rider a rider. Per fare un esempio super diretto la comfort zone di un bambino che sta imparando ad andare in bici prevede di viaggiare su strada, senza ostacoli, con le rotelle. La comfort zone di un rider di dirt di alto livello prevede di fare un salto mortale su un jump di svariati metri. Lo stato d’animo del bambino che sa di avere le rotelle che non lo faranno cadere di fianco, e del rider di dirt che sa che conclusa la rotazione troverà un grosso landing perfettamente modellato ad accoglierlo è la medesima.

Come è ovvio questa tranquillità aumenta con l’aumentare dell’esperienza, diciamo che progredendo con l’acquisizione di nuove manovre e immagazzinandole nel proprio bagaglio tecnico, si va ad ampliare quella che è la nostra comfort zone. Non si perde insomma la tranquillità di andare senza rotelle una volta assunta. Così come chi ha imparato a superare uno scalino in discesa o in salita, o a rimanere in un single track, difficilmente troverà difficile o rischioso effettuare questo tipo di ostacolo. Il gesto diventerà così naturale che probabilmente ci si dimenticherà anche che fino a qualche tempo prima quello era lo step da superare, il proprio obiettivo della giornata, come lo è attualmente per molti rider e lo sarà in futuro per coloro che si avvicineranno alla disciplina.

Insomma come avete capito tutto ciò che ormai fate senza pensieri, senza preoccupazioni, senza dover pensare a cosa state facendo, ma agendo solo grazie all’istinto, ebbene tutto questo rientra nella vostra comfort zone.

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Casi border line e “out of C.Z.”

Ovviamente non è tutto bianco o nero. Un passaggio può non farci paura o farci temere, ma allo stesso tempo non sarà così istintivo. In pratica ci saranno ostacoli che risulteranno ostici ma comunque fattibili, diciamo ampiamente alla nostra portata. Perfetto, questi saranno il monito che stiamo iniziando ad uscire dalla nostra comfort zone. Siamo proprio lì, ci stiamo affacciando ad esperienze nuove e nuove sensazioni che il nostro corpo non ha ancora immagazzinato, non ha ancora fatto sue.

Ci saranno poi passaggi che percepiamo come fattibili, percepiamo essere alla nostra portata, ma che comunque sprigionano adrenalina in noi, generano paura (può essere positiva se usata bene), magari ansia ( sempre negativa dal mio punto di vista), generano euforia o ci “pompano”.

A questo punto, se immaginiamo che la C.Z. sia la nostra casa, noi stiamo aprendo la porta di una stanza sconosciuta e stiamo entrando per scoprire cosa c’è di nuovo e come possiamo ampliare la nostra dimora.

É proprio in questo momento che stiamo imparando tantissimo sulla nostra bici. La ripetizione di queste sensazioni, inizialmente nuove, la costanza nell’affrontarle e vincerle ci porterà ad essere sempre più naturali. Questo perchè il nostro corpo, così come la nostra mente, saprà man mano perfettamente cosa aspettarsi. Si troverà in una condizione già vissuta più volte e il nostro istinto avrà già immagazzinato al proprio interno tutti (o quasi) i possibili esiti di tale condizione. In pratica una volta passato un po’ di tempo nella nuova stanza, una volta accesa la luce e scelto l’arredamento, la faremo nostra, entrerà a far parte della nostra casa e non avrà più segreti per noi, se non quella nuova porta da aprire e che nasconde un’altra stanza!

Infatti ogni tecnica imparata amplierà le nostre vedute spingendoci ad imparare la manovra successiva, che fino a poco tempo prima ci sembrava impossibile.

Ecco che ritorna il discorso della caduta di Zink. Sicuramente lui, durante quel salto, era al limite della sua comfort zone, aveva aperto una porta per esplorare una nuova stanza.

Ovviamente in questa fase la concentrazione è a mille, l’apprendimento è massimo, l’adrenalina ci fa dare il mille% ma il rischio di cadere sale.

Dobbiamo insomma sentirci pronti ad uscire dalla nostra C.Z.

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Dovremo essere pronti a fallire e a rialzarci, consci del fatto che non siamo più nel noto, ma siamo nel nuovo. Più riusciremo a delineare in modo netto quello che sta all’interno della nostra casa, e quelle che sono invece nuove stanze, meno rischieremo di eccedere, di cadere malamente, di farci male, di non trovare, metaforicamente, l’interruttore che accenderà la luce nella nuova stanza che andiamo ad esplorare. Conoscendoci riusciremo infatti a non saltare passaggi, a non aprire nuove porte prima di aver completato la stanza precedente, dinamica spesso alla base di infortuni seri o di disagi tipo “non riesco ad imparare questo o quello”. Conoscersi significa sapere dove andare a lavorare (sempre le nostre stanze da completare) per poter apprendere in sicurezza una nuova tecnica (per poter aprire una nuova porta senza che dia nel vuoto).

 

 

Ingrediente segreto. Mai distrarsi.

Lo sappiamo tutti, le cadute peggiori si fanno da fermi, o pedalando al parco. Questo avviene perché quando siamo ampiamente nella nostra “zona comoda” abbassiamo il nostro livello di attenzione in modo drammatico, lo azzeriamo in certi casi. Allentare in questo modo la propria attenzione significa essere meno pronti a reagire agli impulsi che arrivano dall’esterno. Ecco che la pietra o il ramo in salita mentre parliamo con il compagno di gita e siamo girati a vedere dove il terzo compagno sta arrancando si trasformano in ostacoli che ci bloccano inspiegabilmente e ci fanno cadere. Ecco che il giorno che andiamo a fare discesa e abbiamo passato incolumi il tracciato più insidioso della coppa del mondo di DH ci sdraiamo sulla strada bianca di collegamento agli impianti (purtroppo ho visto una marea di infortuni in questo modo). Insomma ricordiamoci di non abbassare mai la guardia, anche quando ci sentiamo “troppo” tranquilli.

Inoltre consideriamo sempre che l’imprevisto può esserci, anche mentre siamo in C.Z. e siamo super concentrati. Come già detto però la concentrazione ci permetterà di reagire al meglio.

 

Ricordo che abbiamo ancora qualche posto libero per il Power Week end del 23-24 marzo, inoltre finalmente a brevissimo usciranno le date dei corsi esclusivamente di guida. Vi invito anche a seguire la nostra pagina FB dove troverete concorsi e potrete vincere numerosi premi messi a disposizione dai nostri gentili sponsor.

Jack

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