Coast2coast Marocco dall’Atlante al Sahara, prima parte



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Tutto ha inizio ad aprile 2013, durante il viaggio in Tunisia organizzato sempre da Coast2coast bike tour . Parlando della bellezza del deserto tunisino, prima di roccia e poi di sabbia, uno dei partecipanti mi confida che secondo lui il Marocco è ancora più bello. Al primo momento lascio cadere li la cosa e non ci penso più, ma verso la fine del viaggio, parlando con gli organizzatori Alessandro e Franco, scopro che per novembre hanno in programma proprio una settimana in Marocco. A quel punto non riesco più a trattenere la mia indole di esploratore e gli dico di riservarmi subito un posto, novembre è ancora lontano ma cercherò di fare salti mortali fra famiglia e lavoro per poter vivere anche questa bellissima esperienza, visto che in Tunisia mi sono trovato veramente bene, per l’organizzazione, per i compagni di viaggio e naturalmente per l’itinerario molto appagante.

Appena tornato a casa ne parlo con il Grande Capo (mia moglie), e riesco a contrattare il lasciapassare per il Marocco in cambio di una lista infinita di compiti casalinghi da svolgere, che non sto qui ad elencarvi per problemi di spazio (e di pudore).

Intanto riesco a convincere l’amico Modoloale  a venire anche lui e in estate prenotiamo il volo per Marrakech tramite Angelo (http://demetraviaggi.it/), un eterno giramondo, e scopro che anche lui pedalerà con noi in Marocco. Arriva finalmente il momento tanto atteso della partenza, venerdi sera carico bici e valigia in macchina e cerco di dormire almeno qualche ora, visto che mi dovrò alzare alle 2 di notte per essere a Malpensa verso le 5.30. Sono abituato alle levatacce per uscire in bici, di solito mi sveglio verso le 4, ma questa è una superlevataccia! L’adrenalina però comincia a girare nel mio corpo e alle 2.15 sono già in auto. All’aeroporto incontro Alessandro (Modoloale), cosi raccontandoci un po’ delle nostre ultime uscite, le formalità di partenza passano più in fretta. Lasciamo una Milano freddina, grigia e umida. Anche durante il viaggio vediamo solo nuvole, che ricoprono anche la parte costiera del nord africa. Più si scende a sud però, e più le nuvole scompaiono e quando atterriamo a Marrakech il clima è perfetto: secco con 25°, per una settimana addio all’umidità del nord Italia!

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All’aeroporto ci aspetta l’autista (poi soprannominato Fangio) mandato dagli organizzatori, carichiamo bici e bagagli e arriviamo in centro a Marrakech, dove facciamo conoscenza con gli altri partecipanti. Un abbraccio agli organizzatori, anzi agli amici, i fratelli Ale e Franco Tedesco, che ci spiegano sommariamente lo svolgimento della settimana e ci forniscono una maglietta tecnica  con stampato il percorso e un comodissimo Buff personalizzato Coast2coast contro il sole  e il vento del deserto.

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 Un rapido spuntino e saliamo sulla navetta per il lungo trasferimento verso sud fino a Ourzazate. Durante il viaggio cominciamo a conoscerci e subito il clan dei romani si mette in mostra con divertenti battute, abbiamo già capito chi movimenterà il gruppo, sia durante le pedalate che nei momenti di riposo!

Cena in albergo e cominciamo a fare conoscenza con il Tajine, una specie di couscous con verdure e carne che ci accompagnerà con poche varianti per tutta la settimana!

Giorno 2 da Ourzazate a Boutghrar  

(70 km e 600 metri dislivello)

Sveglia di buon’ ora, breve trasferimento in auto fino alla fine della strada asfaltata e finalmente si comincia a pedalare!

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Percorriamo subito un tratto di deserto,

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risaliamo una stretta valle, incontrando qualche villaggio, delle oasi e guadando un fiume più volte,

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poi la valle si apre diventando via via più desertica, stiamo salendo sugli altopiani dell’Atlante.

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Arrivati in alto lo spettacolo è affascinante, rocce stratificate multicolori fanno da contrasto con l’azzurro intenso del cielo

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e non resistiamo a buttarci su divertenti gobboni di sabbia pressata, dove le nostre gomme trovano pane per i loro denti!

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Dopo un tratto di saliscendi sull’altopiano comincia a venirci un certo languorino, quando vediamo in lontananza una delle nostre fuoristrada che ci ha preceduto. Appena la raggiungiamo ecco una gradita sorpresa: i cuochi che l’organizzazione ha previsto nel team, hanno già preparato la pasta da mangiare con le verdure cotte e crude

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e apparecchiato con stuoie e cuscini secondo l’usanza locale. Siamo al sole nel pieno del deserto roccioso, ma la temperatura è perfetta, anche perché siamo circa a 1700 metri di altezza e non sentiamo la mancanza dell’ombra.

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Consumiamo l’ottimo pranzo accompagnato dal tipico tè aromatico, e dopo un breve riposo ci rimettiamo a pedalare.

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Gli spazi sono incredibilmente ampi e il deserto sembra infinito.

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Arriviamo ad un villaggio, improvvisamente spuntano bambini da tutte le parti. Vogliono provare le nostre bici, preferiscono non essere fotografati ma, appena gli spiego come si fa, mi scattano loro decine di foto.

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Si divertono loro e ci divertiamo noi con la loro simpatia, ma il sole comincia ad abbassarsi e dobbiamo ripartire. In novembre le giornate sono piuttosto corte, verso le 17.30 comincia a fare buio. I colori e le forme dell’Atlante continuano a cambiare, dal giallo al sabbia al rosso nel volgere di pochi chilometri.

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Ci tuffiamo in discesa incanalandoci in una stretta valle ma non è ancora finita, ecco ancora un tratto in salita.

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Le rocce sempre più rosse ci dicono chiaramente che ormai siamo vicini a Boutghrar, infatti in breve arriviamo al villaggio e al nostro camp. In attesa degli ultimi arrivi, mi faccio scattare una foto da Angelo vicino ad un caratteristico fungo di roccia.

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Le camere sono spartane, ma la doccia è grande e calda e ne approfittiamo per toglierci sabbia e sudore accumulati durante il giorno. Spuntino con tè e noccioline, cena con zuppa e tajine, breve visita ai caratteristici negozi del paese dove sembra di tornare indietro nel tempo di almeno 50 anni rispetto all’Italia e a nanna, domani ci aspetta una tappa molto impegnativa.

 Giorno 3 da Boutghrar a Do Bab Ali

(85 km e 1100 metri dislivello)

 

Dopo una abbondante colazione ripartiamo alla scoperta di questa parte dell’altopiano.

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L’aria è piuttosto fresca e ci infiliamo le giacche antivento, ma tempo dieci minuti, appena il sole comincia a scaldare, la temperatura è già perfetta e continuiamo in maniche corte. Ieri sera Ale Tedesco, solito burlone, ci aveva detto che i primi km sarebbero stati di trasferimento su asfalto e invece ecco che si apre davanti a noi uno spettacolo sublime: la valle che stiamo attraversando è completamente rossa

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e ai lati della pista si susseguono senza sosta profondi avallamenti, grossi gobboni, grandi rocce dalle mille sfumature di colore dal rosa al rosso intenso.

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Non riusciamo a resistere e ci buttiamo subito fuoristrada, questa valle sembra fatta apposta per divertirsi in mountain bike!

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Su e giù, avanti e indietro, le gomme hanno un grip perfetto e si riescono a disegnare le traiettorie più strane e divertenti.

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Ogni cento metri lo scenario cambia e ci fermiamo spesso per scattare tantissime foto.

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E’ uno dei posti più belli che abbia mai visto e Alessandro, che qualche anno fa è stato nella famosa Moab in Utah, una delle mecche della mountain bike mondiale, mi confessa che secondo lui qui è molto meglio che in America, sarebbe da passarci una giornata intera a divertirsi e fare foto e video.

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Purtroppo la tappa di oggi sarà molto lunga e gli organizzatori Ale e Franco ci invitano a proseguire dicendoci che le sorprese non sono certo finite qui!

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Continuiamo allora lungo la splendida valle dai mille colori, cercando però di evitare il più possibile la pista battuta e avanzando invece sulle rosse dune di roccia e sabbia compatta.

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Aumenta cosi il nostro dislivello totale e la nostra fatica, ma sicuramente anche il nostro divertimento.

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Arriviamo ad un pianoro e troviamo una famiglia berbera accampata sui bordi del fiume, con tenda, dromedari, capre e tutto quello che può servire alla sopravvivenza nel deserto.

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La valle adesso si stringe e comincia a scendere, sempre in mezzo a belle rocce.

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Improvvisamente, dietro una curva, ci si prospetta uno scenario indimenticabile: un antico villaggio fortificato sorge proprio alla fine della valle e, se non fosse per le sue forme squadrate, si mimetizzerebbe con le montagne circostanti, che hanno gli stessi colori delle case.

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Il contrasto con l’azzurro del cielo è incredibile e Alessandro non si lascia scappare neanche una inquadratura.

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All’uscita del paese il rosso di rocce e sabbia arriva a tonalità che non sembrano reali e noi siamo sempre più stupefatti e felici di essere in Marocco!

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Adesso un breve trasferimento su asfalto e arriviamo alla città di Oued Dades che sorge intorno ad una estesissima oasi.

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Una breve sosta per una caffè o un the marocchino in un bar panoramico e ripartiamo verso le montagne. Oggi è infatti prevista la scalata al punto più alto del tour, il passo del col Tazazert a 2300 metri di quota. Dopo essere passati vicino ad un gruppo di dromedari ci inoltriamo nella lunga valle che si inoltra nel Jebel Saghro.

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A metà salita ci ricompattiamo e aspettiamo il fuoristrada, anche perché sappiamo che la nostra guida Hassan porta sempre con se una buona dose di fichi secchi, frutta secca mista, datteri, mandarini e la preziosa acqua che, visto il clima secco, consumiamo in grande quantità.  Dopo esserci ripresi per bene, affrontiamo la seconda parte della salita, che è quella vera: terreno sconnesso, pendenza che aumenta e vari tornanti per salire al passo.

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Si sale fra le imponenti montagne dell’Atlante, siamo ormai a 2000 metri quando la strada spiana, arriviamo in un vasto pianoro erboso e i nostri cuochi ci stanno aspettando con le stuoie già apparecchiate.

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Sono ormai le 15 e siamo tutti piuttosto affamati, perciò non ci facciamo pregare per buttarci sul gigantesco vassoio di Tajine (oggi nella versione mqualli con pollo limone e olive).

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Ripartiamo verso il sospirato passo, mancano ancora 300 m. di dislivello che affrontiamo con rinnovato vigore.

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Alle 16 siamo in cima, ce l’abbiamo fatta, e ci godiamo il panorama che da quassù è impressionante.

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Subito sotto il passo c’è un alberghetto e qualcuno ne approfitta per un caffè. Ad un certo momento vediamo in un angolo un ragazzo biondo con barba foltissima che si sta rammendando i pantaloni ormai completamente lisi. Gli chiediamo cosa fa li, lui ci fa vedere il suo “cancello” in acciaio ricoperto di borse e ci dice che è svedese e sta pedalando dalla Svezia al Sudafrica, tempo previsto due anni. Il nostro mitico Danilo allora, (più tardi soprannominato Baronchelli per i suoi scatti vincenti alla fine di ogni tappa), apre la sua valigia e gli regala un paio di pantaloncini da ciclista nuovi di zecca.

Foto di rito

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e bisogna ripartire piuttosto in fretta, perché ci aspetta una lunghissima discesa di 15 km e fra meno di un’ora sarà buio.

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Nonostante il tempo sia poco, continuiamo però a fermarci per fotografare perché il panorama è formidabile

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e continua a cambiare ad ogni curva, in più i colori sono resi ancora più caldi dall’imminente tramonto.

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Si scende in ordine sparso, chi veloce, chi più prudente, chi fotografa e chi è rallentato da bucature varie.

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Ecco il tramonto, i colori sono fantastici, ultime foto e poi via verso il camp, fra pochissimo sarà buio e non tutti hanno i faretti notturni.

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Arriviamo in pochi con le ultime luci della sera, ma dovremo aspettare più di una mezz’ora per vedere sbucare nel buio completo gli ultimi accompagnati dai fari del fuoristrada. Cena con l’immancabile tajine (versione kefta con polpette e pomodori), qualche chiacchiera sulla lunghissima giornata, briefing degli organizzatori sulla tappa di domani e tutti a nanna, chi nelle poche camere a disposizione e chi nelle tende.

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