[Test] Rocky Mountain Element 970 RSL

Questo test ha come oggetto la Rocky Mountain Element 970 RSL, full con ruote da 29 pollici, escursione anteriore di 100mm e posteriore di 95mm, modello 2013.

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Una bici pensata per un uso gara xc/gf/marathon. Parliamo quasi del modello di punta della gamma Element, dal costo di listino di 5.499 EUR, superata solo dalla 999 RSL, medesimo telaio, diverso solo l’allestimento componentistico e ovviamente il peso.

Partecipo a circa 20/25 gare l’anno fra xc, gf e marathon e parto dal riferimento e dal confronto della mia attuale bici da gara, una Scott Spark Limited con ruote da 26”.

La 970 RSL che ho avuto in test è montata esattamente come da catalogo, che potete vedere qui, con l’unica eccezione del copertone posteriore, un Maxxis Crossmark 2.1 (peso dichiarato 835 gr.) dal peso pari a 12.20 kg in taglia M, inclusi pedali (Shimano pdm 520 da 374 gr. non forniti con la bici) e porta borraccia (anche questo non di serie del peso di 62 gr.).

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Veniamo alle particolarità componentistiche. Mi soffermerei in special modo su ciò che è propriamente Rocky Mountain, ossia telaio e geometrie. Il telaio è in un carbonio Hi Mod (alto modulo) monocoque, con tecnologia Smothwall, un brevetto di proprietà Rocky Mountain. In cosa consiste? Esattamente in un processo costruttivo mediante uno stampo interno grazie al quale si riesce a minimizzare l’uso di resina a vantaggio di una maggiore quantità e compressione di fibre di carbonio volta ad ottenere al contempo rigidità, e resistenza senza perdere in leggerezza in rapporto all’utilizzo di diverse tecnologie.

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Interessanti l’accorciamento dei foderi rispetto ai modelli precedenti, che consente un passo leggermente più breve, una maggiore reattività e maneggevolezza sullo stretto e l’angolo di sterzo di 70.6°, più accentuato rispetto a full 29 di altre case e utile per una posizione più race, quindi più redditizia, soprattutto nelle salite molto pendenti. Nelle discese particolarmente ripide, forte della ruota da 29” si rimane comunque al riparo dai tipici ribaltamenti sull’anteriore in cui si può incorrere con le xrace 26”.

Mi lascia perplesso, pur non avendone avuto la prova sul campo, la ridotta luce fra la parte inferiore del carro e il copertone che in situazioni di fango colloso, potrebbe impedire lo scorrere della ruota più di quanto non accada comunque in determinate situazioni. Un copertone ancor meno pronunciato (un 2.0?) sarebbe la soluzione più rapida, senza dover mettere mano alle misure del telaio da parte della casa costruttrice.

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Completano l’allestimento una Fox Float 29 RL con steli da 32mm ed escursione da 100mm e un ammortizzatore posteriore Fox Float Dual Remote con escursione da 95mm entrambi regolati da comando remoto sul manubrio selezionabile sulle 3 posizioni (Climb/bloccato-Trail/propedal-Descend/open), un gruppo completo xt a 10v (dischi 180/180), guarnitura doppia 38/24 RaceFace Turbine con movimento centrale RaceFace press fit e deragliatore posteriore Xtr, con ruote DTswiss 1.6 per tubeless ready con perni passanti anteriori e posteriori da 15 e 12 mm. dal peso, pari a 1708 gr. l’anteriore e 2402 gr. il posteriore, compresi i copertoni montati, i dischi xt da 180 (peso dichiarato 154 gr.) e il pacco pignoni 11-36 (peso dichiarato 336 gr.).

La prova sul campo

Ho testato la bici in 6 prove diverse per un totale di 186 km, cercando di differenziare i percorsi e le situazioni onde apprezzarne il comportamento nei più diversi frangenti. Tratti scorrevoli, lisci o sconnessi si sono alternati a rampe di pendenza importante, a salite pedalabili, a discese lente tortuose e guidate, percorsi tutti principalmente simili a quelli per il cui uso la bici è pensata comunque, quindi niente di estremo dal punto di vista tecnico.

Nelle situazioni tecniche la 970 è più che eccellente, mantiene sui tratti tortuosi medio/veloci una buona maneggevolezza e guidabilità, consentendo, nonostante il peso, buona risposta nella variazioni di direzione, così come è eccellente, nei curvoni lunghi, la sensazione di conduzione di curva fluida e regolare che non dà luogo a quelle che in campo automobilistico si definirebbero sottosterzo (tendenza ad allargare verso l’esterno) e sovrasterzo (tendenza a chiudere troppo la curva), merito, forse, anche di un copertone anteriore (il Continental Race king 2.2 ust, peso dichiarato 650 gr.) che a dispetto di una scolpitura non troppo pronunciata, ma tipica di quelli da xc, ha un comportamento equilibrato ed uniforme senza variazioni di grip (cosa che personalmente noto ad esempio nei Nobby Nic 2.1, pur ottimi copertoni).

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Nei tratti con ostacoli e cunette, seppur in presenza di pendenze pronunciate, nonostante un angolo di sterzo comunque race, il connubio fra forcella e ruotona da 29, trasmette confidenza e sicurezza (entro certi limiti) circa il rischio di imprevisto impuntamento, così come nel tratti pianeggianti gli ostacoli vengono saltati/copiati senza necessariamente ricorrere nemmeno alla posizione intermedia del controllo di ammo/forcella, cosa apprezzabile visto che, pur non rilevandosi bobbing accentuato in tale posizione, con le sospensioni bloccate si avvertono quella reattività e prontezza nel corso della pedalata e dei cambi di ritmo impressi dal biker, che tanto riscuotono il gradimento fra gli stradisti, ma anche nelle discipline offroad a connotazione prevalentemente pedalatoria. Peculiarità, questa, che va probabilmente condivisa tra il principio di costruzione del telaio e le sue geometrie, in cui il carro posteriore leggermente più corto del modello che l’ha preceduto, certamente contribuisce.

Si può pertanto affermare che, sul guidato, in quasi ogni situazione, è una bici che consente più di qualche imperfezione e confidenza, perdonando errori dovuti ad un minimo di eccessiva velocità o di impostazione della traiettoria più pulita. Eccellente la risposta dell’impianto frenante (xt, con dischi 180/180), mai troppo brusco, ma comunque pronto nell’immediato ed efficiente nell’uso prolungato. Forse, al posteriore, un disco da 160 sarebbe comunque sufficiente, consentendo di iniziare in quel risparmio di peso, sull’utilità del quale mi soffermerò in seguito.

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Analogamente ad altre bici dello stesso genere, quindi con ruote da 29, una volta presa velocità, la mantiene in maniera superba, e, bloccando entrambe le sospensioni, pur con geometrie diverse e meno efficienti rispetto alle front, la pedalata va via bella fluida e uniforme, sebbene alla fine valga il solito discorso che a spingerla ci vuole la gamba. Nel caso specifico, anche in virtù del peso della bici, ritengo che sia importante individuare il miglior compromesso fra lunghezza del rapporto e numero di pedalate e avere comunque un allenamento specifico idoneo a spingere un rapporto non troppo leggero pur mantenendo una frequenza di pedalata elevata. Rimane non agevole invece, non tanto la reattività nelle ripartenze lente, grazie, probabilmente, ad un telaio bello reattivo, quanto piuttosto l’avanzamento nei tratti molto lenti in salita, ove, a mio modo di vedere, una sufficiente rapportatura (38-24 e 11/36) richiede lo stesso una gamba ben allenata a vincere l’inerzia di ruote piuttosto pesanti.

Di contro, sui tratti in salita, quelli che fanno la maggior differenza per l’uso per cui la 970 è pensata, il peso considerevole della bici completa, diventa a mio modo di vedere un handicap abbastanza marcato, atteso che il confronto con le normali bici da gara, quasi tutte ormai sotto i 10 kg, segna un + 2/3 kg che diventano eccessivamente penalizzanti. Il manubrio così largo (700 mm), tipico di bici a vocazione discesistica e che agevola la guidabilità, pregiudica in parte una posizione più raccolta che, seppur non serve in questo caso per evitare l’impennarsi dell’anteriore (mai avvertito anche nei tratti più ripidi), rimane tuttavia utile per una migliore efficienza di pedalata nella fase di spinta e richiamo, oltre che per una maggiore aerodinamicità nei tratti veloci. Né appare possibile spostare verso l’interno i comandi della trasmissione e delle sospensioni, onde stringere maggiormente l’impugnatura, poiché diventano poi distanti da azionare in molteplici altre situazioni in cui l’impugnatura è al centro della manopola. Un flat più corto, seppur un filino più penalizzante sul guidato, si lascerebbe preferire su una bici in configurazione gara, tanto più quando, avendo anche una ruota piuttosto grande, nei tratti molto lenti e tortuosi, una maggiore reattività di sterzo aiuterebbe nell’agilità di manovra (sensazione provata in due situazioni volutamente cercate, con radici e dossi nel pieno del bosco ove un non c’era un metro rettilineo al precedente).

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Nei tratti molto pendenti e sdrucciolevoli, il crossmark 2.1 posteriore non dava alcuna sensazione di buona trazione e anzi scivolava piuttosto spesso. In questo trovo che il LarsenTT che monto comunemente, seppur su una ruota da 26, dia risposte nettamente migliori.

Riguardo al comando remoto delle sospensioni sul manubrio, pur essendo di estrema comodità, rispetto alle leve da azionare sui rispettivi componenti, ritengo sarebbe ancora migliore se progettato e costruito con levette più corte (in particolare la leva grande utile a bloccare), quindi azionabili in maniera più veloce grazie ad una corsa minore, analogamente, ad esempio, al Twinloc della Scott.

Conclusioni

Mi par ragionevole affermare che il progetto di base della Rocky Mountain Element 970 RSL, sia più che buono, ma che nell’attuale configurazione soprattutto componentistica, che è comunque di pregio, come dimostra anche il prezzo di listino (lo ricordiamo, pari a 5.499 EUR), sia più adatta ad un eccellente utilizzo Trail/All Mountain sia per le garanzie tecniche che dà e sia per il peso che per quell’ambito è molto basso, piuttosto che per un utilizzo agonistico in xc/gf/marathon, competizioni ove la tendenza, almeno in Italia, è più quella di un aumento di kilometraggi e dislivelli (che fanno da cassa di risonanza) con conseguente però riduzione delle difficoltà tecniche, sicchè ci si ritrova in mano un mezzo “sovradimensionato” che la farebbe da padrone in tratti di percorso sempre meno presenti e quindi sempre meno influenti ai fini del risultato.

In questo, ritengo, che il giudizio possa essere esteso un po’ a tutte le full da 29, ad eccezione magari di quella con cui Kulhavy ha vinto l’oro olimpico, certamente leggera e costosa fuori misura e per questo non esattamente un esempio di affidabilità nel corso del tempo e di economicità per l’utente medio, quindi da non prendere come termine di paragone. Probabilmente, in assenza, di un peso molto ridotto, il miglior compromesso (compromesso, perché la bici migliore per tutti gli usi, non esiste) in ottica competizioni pedalate rimangono le front 29 o le “vecchie” full 26.

Prezzo bici completa: 5.499 Euro
Prezzo telaio nella verisone 999 RSL: 3.199 EUR

Distributore per l’Italia: DSB Bonandrini

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