Una Carega per tre

Avevo un conto aperto con il Monte Carega. Era sabato 28 giugno 2008, esattamente 5 anni fa quando, per la prima volta, decisi di provare a salire dalla Val d’Adige, quota 210 metri, al Rifugio Fraccaroli, 2239 metri, in mountain bike, usando sentieri e stradi militari, costruite prima e durante la Grande Guerra, quando il confine fra Austria e Italia correva non lontano da qui.

Con il prode sceriffo Muldox mi misi in sella durante una caldissima e afosa giornata estiva e cominciammo a salire, prima su una strada asfaltata, poi su una sterrata ed infine su un sentiero che credevamo essere quello giusto. A quei tempi (5 internet-anni sono un’eternità) non esisteva ancora la sezione itinerari su questo sito ed io non avevo un GPS, per non parlare di un cellofono tuttofare. Insomma, ci perdemmo e cominciammo a spingere per non so dove fra pini mughi e stelle alpine.



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Arrivammo non lontano dalla Cima di Levante, senz’acqua e non avendo idea di quanto potesse ancora essere lontano il Rifugio Fraccaroli. La cartina Kompass andava bene per farsi un’idea di massima del territorio, ma era molto imprecisa. Assetati e scoraggiati prendemmo il primo sentiero in discesa che ci capitò sotto le ruote: il 108. Almeno la discesa fu bella e divertente, anche se corta, e terminava presso una fontana che non dimenticherò mai.

La delusione era doppia: non avercela fatta e non aver portato a casa le foto che volevo (ero in giro con tutta la mia attrezzatura fotografica) per un servizio che dovevo fare per Bike Magazin, per cui ai tempi lavoravo. O meglio, le foto non erano male, ma mancava gran parte del giro!

Discesa dalla Cima di Levante

Così, qualche settimana dopo, chiamai Michele Mondini, alias Mcmic, e andammo in macchina fino al Passo Buole. Da lì non fu un problema salire fino al Fraccaroli e fare le foto che mancavano.

Ai tempi faceva il futumudel, ora sta dietro la macchina fotografica
Il tanto sudato Rifugio Fraccaroli, sullo sfondo

5 anni più tardi. 29 giugno 2013. È venuta l’ora di completare questo benedetto giro, così preparo una variante ancora più dura per togliermi la soddisfazione di chiuderlo. Chiedo nella sezione Veneto, ed ecco che trovo due compagni di strada: il mitico Scratera, che conosco da diversi raduni, e Fratello, faccia per me sconosciuta. Prendo una camera all’agriturismo Al Picchio, ai piedi dell’ominosa salita Sdruzzinà-Passo Fittanze, e mi preparo spiritualmente (una cena primo-secondo-contorno-dolce-mezzolitrodivino per 19 euro: Antica Trattoria alla stazione). Notte!

L’appuntamento é per le 8:00, inizio una spettacolare colazione alle 7:30 ed un minuto dopo mi trovo di fronte Scratera in tenuta XC e già sudato fradicio. Mai e poi mai che potesse prendere la macchina per arrivare da Rovereto (20km da qui). Con la sua Scapin rigida in carbonio si é fatto la ciclabile dell’Adige per arrivare alla partenza del giro.

Il look di Scratera per non rovinare l’abbronzatura

Alle 8:00 incontriamo anche fratello, in tenuta molto freerider, con protezioni legate al telaio della sua Nukeproof Mega con ammo a molla e pedali flat. Eppure sa che il giro di oggi sarà una mazzata pedalatoria, penso tra me e me. Di buon’umore e con passo tranquillo cominciamo la dura salita verso il Passo Fittanze, chiaccherando e sparlando dei forumendoli che conosciamo (se vi fischiano le orecchie stavamo parlando di voi, haha!).

Dopo la galleria inizia il tratto più spietato della salita, una roba da 18% di pendenza stabile, e fratello rimane un po’ indietro. Il bello di girare a giugno é che le giornate sono lunghe, così non abbiamo fretta e lo aspettiamo presso una fresca fontana a Sega di Ala.

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Da lì a poco siamo nel cuore dei Lessini, con sterratone molto panoramiche che sembrano non finire più. E dire che il Carega è ad un tiro di schioppo! Non solo, ma quella é neve?

Passiamo quell’orrore architettonico che é San Giorgio, uno pseudo paese pensato per chi vuole sciare, dotato di ben 1 impianto di risalita, e ci arrampichiamo in direzione Passo Malera su per un bel sentiero militare disseminato di merde di vacca, che Scratera centra tutte.

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La bella e la bestia

Dal Passo Malera parte un bel singletrack con tante serpentine, e lì vediamo il nostro freerider all’opera. Fratello è un local, qui, e conosce alcuni tornantini come i suoi variopinti calzini. Se siete in zona, questo sentiero vale un giro, a patto che sappiate fare il nosepress. La cosa migliore arriva alla fine: il rifugio Boschetto, con un bel piatto di lasagne al ragù. Ci ho impiegato un po’ a capire che qui le lasagne sono le tagliatelle, e tiro un sospiro di sollievo quando vedo arrivare la pasta fumante al posto delle classiche lasagne riscaldate al microonde.

Dopo il dolce iniziano altri 1100 metri di dislivello in salita su per una strada che diventa sempre più spettacolare  e passa diversi rifugi, come quello di Passo Pertica e lo Scalorbi. Il sole é sparito da tempo dietro le nuvole e i primi nevai si fanno vedere. Non propriamente una giornata estiva. Per fortuna che dallo Scalorbi parte un sentiero completamente pedalabile e divertente in salita verso l’ultima tappa in salita della giornata (credevamo), il Fraccaroli.

Il gruppo si sfilaccia e combattiamo contro la neve durante gli ultimi metri di salita, prima di arrivare al rifugio, dove il gestore e alcuni avventori sono occupati ad ubriacarsi di grappa al mirtillo e non ci notano.

Vista verso la nostra discesa….

Quassù fa freddo, come potete immaginare dalle foto con la neve, e tira anche un bel vento. Il morale della truppa non é altissimo, in vista di quello che ci aspetta: qualche metro di dislivello nella neve, quindi piedi bagnati. A dir la verità ce la caviamo abbastanza in fretta, includendo anche l’incontro del terzo tipo con 4 arzilli escursionisti a piedi con medaglie e gadget del CAI che ci squadrano un po’ male, poi capiscono che non siamo 3 sprovveduti persi sui monti e si sciolgono un po’, anche se ci tirano una iettatura: “voglio proprio vedere come farete a passare più in giù”. Si tratterà di un semplice traverso su neve molle che anche loro nonna farebbe mentre pela le patate. Ma, si sa, quando si hanno medaglie e stemmi il pesce é sempre più grande di quello che si é pescato.

Poi arriviamo a questo punto. Non dico molto, se non che una foto fu scattata il 10 luglio 2008 e l’altra il 29 giugno 2013.

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Se siete dei precisini, ecco una foto del 28 giugno 2008, così potete fare il paragone, anche se il punto dove é stata scattata é leggermente più in basso.

E poi eccola, la maledizione del Carega. Proprio quando cominciavamo a prendere velocità e a divertirci decidiamo di prendere il bivio che sale alla Cima Levante per provare il 114 dalla sua vetta, memori di un certo itinerario di Nonnocarb che, in verità, io avevo solo sfogliato, senza leggerlo. Infatti il buon Carb, dalla cima, scende sul sentiero di salita e prende solo dopo il 114. Noi no. Prendiamo questo sentiero, completamente franato già dall’inizio, e spingiamo/portiamo le bici per una buona mezz’ora, imprecando in diversi punti dove delle corde assicuravano certi passaggi ripidi. Per fortuna poi arriviamo sul sentiero pedalabile, e da lì ce la godiamo alla grande fino a Ronchi.

Arriviamo ad Ala con un bel 3100 di dislivello in salita e discesa, su 71 km di sviluppo. La cosa va celebrata, così si fa un giro di birre ed una pizza (per me, gli altri sono a dieta), prima dei saluti. Se volete fare il giro, ecco la traccia, compresa la discesa infattibile da Cima Levante. Per evitarla basta continuare a scendere e prendere il 114 in direzione Ronchi.

Grazie a Scratera e a Fratello per la bella compagnia, ci si vede!!!

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