[Comunicato stampa] Andalo, giugno 2021. Fino a 10 anni fa per girare nei bike park bisognava spostarsi in Francia o in pochissime altre località. Oggi, la Paganella Bike Area è diventata un riferimento per gli italiani e il centro Europa. Ma qual è stato il segreto che ha permesso alla bike area di costruirsi una così alta reputazione in così poco tempo?
Ezio Cattani, Project Manager di Dolomiti Paganella Bike e titolare di Trail Zone, azienda di Trail Building che cura la realizzazione e la manutenzione dei trail del territorio ci racconta in un’intervista il “segreto” del successo della Paganella Bike Area.
Quali sono stati gli elementi fondamentali che hanno portato al successo del bike park?
“È un insieme di fattori, una ricetta difficilmente replicabile, che va dalla location al management, dal periodo storico, ai trail builders. La Paganella è composta da tre aree limitrofe con peculiarità diverse, un buon numero di impianti di risalita, una quota media piuttosto bassa ed una posizione vicina alle primarie vie d’accesso.Inoltre, è fondamentale essere un gruppo variegato, motivato, critico e preciso, con una strategia e una visione unica: questo sicuramente ci ha permesso (e ci sta permettendo) di muoverci in maniera sincrona con tutti i partner del progetto.
Infine, siamo in un momento in cui le attività outdoor sono in crescita esponenziale, e tra questi la mtb ne è il primo rappresentante.”
Com’è cambiato il mondo del bike park negli ultimi 10 anni?
“In questi 10 anni è cambiato veramente tutto. Le mtb sono totalmente diverse, sono molto più performanti e permettono velocità ben diverse anche ai bikers dal basso livello tecnico. Inoltre è aumentato il numero di praticanti, e la tipologia del praticante. 10 anni fa, era uno sport per appassionati (di alto livello tecnico, di basso livello tecnico, poco importa), ora è sicuramente uno sport di massa e di moda. I bikers “chiedono” e pretendono cose completamente diverse, sono molto più esigenti a volte non conoscendo perfettamente le loro necessità o limiti. Poi c’è il discorso della sicurezza, che è estremamente complesso. I bikers tendono a percorrere qualsiasi tracciato (facile-medio-difficile- tecnico o flow), ed hanno la curiosa aspettativa che il tracciato dovrebbe modificarsi seguendo le loro aspettative e non il contrario. Pertanto oggi, vengono fatte molte scelte costruttive che permettano l’approccio dello stesso tracciato ad un numero molto vasto d’utenza, ed a velocità e capacità tecniche completamente diverse.”
Quanti erano i passaggi il primo anno, e quanti sono quelli odierni?
Nel 2011 durante la prima stagione sono stati poco più di 2.000 primi ingressi, oggi sono ben oltre 35.000 a stagione (probabilmente se non avessimo perso Aprile e Maggio, nelle ultime due stagioni avremmo potuto superare quota 40.000).
Come ti immagini il futuro del Bike Park nei prossimi anni?
L’idea di fondo è quella di tenere alta uno dei nostri punti di forza principali: la diversità nell’offerta. Quindi trail e proposte differenziate, però sempre integrate nel concept DPB. Trasversalmente, la strategia che ci guiderà è anche quella di realizzare infrastrutture che siano veramente funzionali all’ offerta sostenibili nel tempo e che si integrino sempre di più nell’ambiente naturale.
Luca D’Angelo, direttore dell’Azienda per il Turismo Dolomiti Paganella, fin dall’inizio ha creduto e sostenuto molto questo progetto. Alla domanda: Cos’è oggi il Dolomiti Paganella Bike, risponde:
“Oggi DPB è una Bike destination di livello europeo, un modello per tanti altri territori. Un modello tuttavia non semplicissimo da replicare perché si fonda su una visione ed una strategia chiara, in cui i diversi attori che lavorano insieme, coordinati dell’Azienda per il turismo Dolomiti Paganella, hanno compreso come lo sviluppo delle aree alpine nella stagione estiva (anzi, più correttamente, primavera, estate ed autunno) possa rappresentare una prospettiva di sviluppo importate in grado di arricchire l’offerta invernale legata allo sci alpino. I cambiamenti climatici ci impongono riflessioni complesse e scelte a volte difficili, per andare verso un concetto di una “montagna senza stagioni” in cui i flussi turistici possano essere gestiti e spalmati in maniera più diffusa, equilibrata e regolare durante i 12 mesi dell’anno”
Unica cosa che non capisco, abbastanza banale, è l'obbligo di ginocchiere sui tracciati del bike park la maggior parte dei quali sono piuttosto facili (poi dipende uno come li fa ovviamente) quando poi sui tracciati naturali, alcuni scassati fuorimisura non c'è questo obbligo.
In assoluto, l'obbligatorietà del casco mi sta anche bene (a parte che non dovrebbe manco servire un obbligo, dovrebbe venire naturale indossarlo), ma quella delle ginocchiere, per giunta sui percorsi più facili, mi sembra una trovata poco sensata. Se uno fa il botto, non sono certo le ginocchia fra l'altro, le più a rischio.
Il problema della paganella (ma forse anche di altre aree) é che i trail builder non riescono a star dietro al deperimento inevitabile dovuto ai migliaia di passaggi durante il wend. Il fatto é che se noi bikers arriviamo a mach 3 dal primo rettilineo di willywonka e piantiamo frenate al limite, dopo un mese di apertura (e con il secco+monsoni estivi) invece delle brake bumps ci sono delle voragini... Quindi il problema non sono le famiglie ma quelli che lo stile_di_come_si_guida_con_stile lo hanno dimenticato a casa.
Non so se io sono diventato piú schiappa, ma ho la sensazione che il livello medio si sia alzato di due asticelle, e l'etá si sia abbassata... Anche questo é un segno indicatore che il PBP funziona.
Perche mai domandi se puoi andare con una DH?:nunsacci: