Mountain Bike: una prospettiva femminile

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Molte volte mi è capitato di dover rispondere alla domanda: “Come fa una ragazza ad appassionarsi a uno sport così pericoloso?” Effettivamente per molte persone, soprattutto se estranee a questo sport, è difficile pensare che una donna possa trovare la motivazione per salire su una mountain bike e girare nei boschi a tutta velocità lungo sentieri spesso sconnessi e impegnativi. La risposta è per me semplice e naturale: la sensazione di benessere che provo mentre sono in bici e la voglia di migliorare mi spingono a superare i miei limiti facendo fronte ai rischi e alle varie complicazioni, consapevole che come donna posso affrontare tutte le difficoltà di questo sport con forza, coraggio e determinazione al pari di un uomo.

Ogni uscita in mountain bike è per me un momento di condivisione. Con il gruppo di amici ma soprattutto con le altre ragazze è possibile consigliarsi e confrontarsi, imparando reciprocamente da punti deboli e punti di forza. I compagni di pedalate però non sono sempre presenti e questo costringe ad affrontare alcune uscite in solitaria.

Ricordo l’ansia che provavo durante le prime uscite da principiante, da sola nel bosco, quando mi assaliva la paura di farmi male seriamente in una delle numerose cadute, tanto da non riuscire più a rialzarmi. In poco tempo ho dovuto imparare a gestirmi e a cavarmela da sola, riparando la bici quando necessario, rialzandomi dopo le cadute e ritrovando sempre le energie, sia fisiche che mentali, per proseguire. Ora quelle uscite da sola con me stessa hanno un sapore differente e cerco sempre di godermele al massimo.

La natura dona una sensazione di libertà assoluta. In simbiosi e in perfetta sintonia con la mia bici mi sento immersa nel silenzio del bosco, rotto solamente dal suono dei copertoni sul terreno. I pensieri si azzerano e nella mia testa risuonano il respiro e il battito del mio cuore che scandisce il ritmo sui pedali o tra le curve di un trail.

A proposito di rischi, tutti noi biker, donne e uomini, siamo consapevoli di quanti ne riservi la MTB. Non è detto sia sempre così ma, geneticamente, le donne risultano più prudenti e meno propense al rischio rispetto agli uomini ed è probabilmente per questo che il numero di donne in mountain bike, seppure in crescita, è comunque inferiore a quello degli uomini. Quelle che si avventurano in questa emozionante disciplina, devono fare i conti con lividi, cicatrici e purtroppo anche con qualche infortunio di più seria entità. Per chi conosce cosa offre la MTB sull’altro piatto della bilancia, le cicatrici non rappresentano un problema, ma molte ragazze, che alle conseguenze estetiche sono spesso più attente degli uomini, non si avvicinano alla mountain bike proprio per questo timore… e non sanno cosa si perdono!

Per quanto la situazione in generale stia migliorando in diversi ambiti, nel mondo della MTB esistono ancora numerosi pregiudizi e stereotipi sessisti che relegano la donna in secondo piano, come un’eterna principiante. Sta a noi dimostrare il contrario ma sta soprattutto agli uomini dimostrare maggiore apertura nei nostri confronti. Molti non sono in grado di accettare che la donna possa essere atleticamente preparata o abile nella guida oppure competente a livello tecnico.

Se la biker ha del talento, molti ragazzi vedono minato il loro predominio maschile mentre altri si prodigano in complimenti infilandoci sempre in mezzo un “per essere una donna”. Nel caso in cui la donna sia invece una principiante, all’interno di un gruppo di ragazzi viene vista come l’anello debole che lo rallenta, intralciandone il divertimento, forse più di quanto non si faccia con un principiante uomo. Così facendo non la si stimola a migliorare. Oppure le si sta addosso con esagerata attenzione e/o preoccupazione, che non si avrebbero per un compagno di uscite maschio. In realtà tutto ciò che vorremmo è poter uscire in compagnia, condividendo una passione con entusiasmo e divertimento, come farebbe chiunque, a prescindere dal fatto che sia uomo o donna, senza essere guardate con occhi diversi.

Alcuni risvolti sessisti riguardano anche le aziende e il modo di alcune di loro di porsi verso il mercato femminile. Secondo voi, è giusto creare dei prodotti specifici per le donne? A mio parere lo è quando vengono realmente studiati e progettati per migliorare le prestazioni di una donna, che per alcuni aspetti ha caratteristiche anatomiche diverse da quelle maschili.

Sicuramente non lo è quando i brand, per creare una linea femminile, reputano sufficiente colorare di rosa o fucsia un prodotto entry level. Lo stereotipo della Barbie e del binomio donna/rosa è diventato ormai un cliché banale che non ci appartiene. La necessità di avere prodotti performanti invece, siano questi bici, componenti, abbigliamento o protezioni, non è affatto banale. Considerando che sono ben pochi i marchi artigianali che realizzano articoli su misura, ben vengano le aziende che si focalizzano sul settore donna con la stessa cura e attenzione che rivolgono al resto della gamma, offrendo prodotti di qualità e congrui con le nostre caratteristiche anatomiche.

Dovrebbero essere consapevoli che in alternativa, piuttosto che comprare un articolo da donna mediocre e poco performante, saremo sempre più orientate verso un prodotto unisex di qualità. D’altra parte questa attenzione specifica verso il mondo femminile è una faccenda piuttosto recente che speriamo continui a evolversi nella giusta direzione.

Insomma la dimensione femminile della MTB amatoriale, quella delle uscite tra amici e del tempo libero trascorso in bicicletta, sta crescendo sempre di più, non solo in quei paesi esteri dove la mountain bike è largamente diffusa, ma anche in Italia. Incontrare delle ragazze biker ormai è molto frequente e negli occhi di ognuna brillano le stesse emozioni di qualunque rider: la voglia di divertirsi, di mettersi alla prova ed emozionarsi in sella godendosi la natura, il sole (quando possibile) e il vento sulla pelle. Enjoy the ride!

Commenti

  1. Ottimo articolo, con un punto di vista interessante anche perché... competente!
    Pienamente d'accordo sull'idiozia del "telaio rosa", piuttosto scettico - invece - sulla necessità di un telaio ad hoc. Le bici e la componentistica del giorno d'oggi sono così varie da marchio a marchio, da modello a modello e di anno in anno che una corretta permutazione del trittico e delle pedivelle fa coprire - molto probabilmente - alle bici "maschili" tutte le quote di una bici "femminile". Forse è sufficiente un allestimento ad hoc, più che un telaio ad hoc. L'unica cosa che vedo come necessariamente specializzata - per ovvi motivi - è la sella, anche se è probabile che anche in questo caso ci siano molte selle "unisex" che sono perfettamente idonee anche per una donna (dopotutto, anche per l'uomo la sella deve avere un buono scarico centrale e un adeguato appoggio ischiatico).

    Esco anch'io da solo nel bosco, anche se è un bosco molto frequentato (e comunque sempre tracciato in real-time, con link consegnato a chi può buttaci un'occhiata se non mi vede tornare...). In generale, però, penso sia meglio se posso uscire con un altro ciclista, soprattutto in zone poco frequentate e magari per diverse ore. D'altro canto le escursioni in montagna a piedi in solitaria sono sconsigliate per il rischio di non avere un supporto immediato nel caso succeda qualcosa. È una questione di sicurezza piuttosto che una questione di genere o di tipo di sport. Basta un malore, un banale svenimento, e le cose, da soli, possono mettersi molto male...
  2. In Italia sono poche, cultura retrograda per quanto riguarda le donne. Basta girare in Slovenia o Austria e il numero cresce di molto.
  3. non tutte le mogli rompono le scatole ai ciclisti, anzi c'è chi è come me e vuole pedalare insieme al compagno e spingerlo a pedalare di più di quanto faccia, cioè pedalare quanto me...
    Meglio non generalizzare, anzi lui pedala solo su strada ed io sia Cross Country che strada e vorrei portarlo a fare giri in offroad come faccio io! [emoji2]
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