Plain Morte, la discesa su singletrack più lunga delle Alpi?

Sul Plaine Morte abbiamo già pubblicato un fotoreportage di Yura qualche tempo fa, oggi però sono andato a ripercorrerlo insieme al prode Church in condizioni incredibili. Vale a dire niente neve, terreno gripposo il giusto grazie ai temporali dei giorni precedenti, e temperature che mi hanno permesso di partire dai 3.000 metri di quota della vetta in maglietta a maniche corte (senza intimo). Ma soprattutto la funivia era aperta! Un lusso che durante la mia prima discesa, quattro anni fa, non ebbi, con conseguente ravanata infinita sulle piste da sci ancora coperte di neve.



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Certo, i 30 Franchi di risalita da Crans Montana al Plaine Morte non sono pochi, ma se si considera il posto impervio ed il dislivello negativo di 2500 metri che si andrà ad affrontare, sono soldi ben spesi. Vista la bella giornata non eravamo gli unici biker in giro: un’accozzaglia di diverse nazionalità si trova vicino all’osservatorio astronomico a scattare foto al ghiacciaio e alle cime vicine. Non fa male un po’ di compagnia in questo paesaggio lunare.

L’osservatorio ricorda una di quelle stazioni sperimentali dei film di James Bond, dice giustamente Church, da cui ci si aspetta che escano degli uomini in tenuta da guerra batteriologica.

La discesa comincia su un sentiero che scende verso il ghiacciaio su una morena. Facile, è l’ideale per prendere confindenza con la quota: a 3.000 metri l’aria rarefatta si fa sentire e si arriva ad avere il fiatone molto presto. In particolare quando si comincia a spingere in salita per arrivare alla forcella Wisshorelücke, da cui poi si necessitano pochi minuti per raggiungere il rifugio Wildstrubel, abbarbicato su una protuberanza della montagna.

Fermarsi non è nei nostri programmi, perché abbiamo appena cominciato il giro. Inoltre abbiamo superato tutti i biker, compresi quelli partiti con la funivia mezz’ora prima di noi. Non è una gara, chiaramente, ma suvvia..

La discesa dal rifugio è il punto più tecnico e ripido di tutto l’itinerario, ma si fa quasi tutto in sella se si ha una buona padronanza della MTB. Se si guarda verso l’alto, una volta superato il tratto ripido, sembra quasi impossibile essere scesi da lì in bici.

Nella foto qui sotto si vede il pilone della funivia di servizio che arriva direttamente alla Wildstrobelhütte. Trovate il sentiero!

Successivamente ci aspetta uno spettacolare pianoro con rocce stratificate e terra super gripposa. Una marmotta mi taglia la strada e devo inchiodare per non tirarla sotto. L’acquitrino che si vede in lontananza nella foto viene aggirato sulla destra, così i nostri fondoschiena rimangono belli asciutti.

Il paesaggio è uno spettacolo incredibile. Avremmo fatto sì e no 10 km ma la natura è cambiata: dalla morena del ghiacciaio ai prati in cui pascolano delle mucche nere come la pece. Viene da chiedersi come siano arrivate quassù.

Lo scopriamo poco dopo: l’altopiano lascia spazio ad un orrido roccioso, dove il sentiero si allarga ed è delimitato da un filo elettrificato al momento della trasumanza per evitare che gli animali andassero troppo vicino al bordo.

Per arrivarci si attraversa una suggestiva grotta scavata nella roccia.

Ecco da dove sono salite:

Quando svoltiamo al primo tornante vediamo il lago du Rawil sullo sfondo.

Arrivati alla diga ci concediamo una pausa di mezzogiorno presso l’unico ristorante. Andiamo giù belli pesanti con rösti, uova, polenta e formaggio. Non sia mai che ci venga qualche momento di debolezza nella parte successiva del giro, anche perché è richiesta molto concentrazione. Infatti, sotto la diga, ha inizio una bisse (canali che trasportano l’acqua alle culture della valle) pazzesca, scavata nella roccia e superesposta.

Alcuni punti sono franati e sono stati assicurati con delle corde.

Altri sono semplicemente stretti e un po’ meno esposti.

Altri ancora sono solo per MacAskill o per chi abbia istinti suicidi.

Superata la gola, il sentiero diventa uno spasso di curve e controcurve su terreno tipico del vallese, vale a dire con pochi sassi e tanta terra, anche qui con un ottimo grip grazie all’acqua caduta precedentemente. Non abbiamo foto perché non siamo riusciti a fermarci, ci stavamo divertendo troppo.

Le bisse riappaiono poco sotto, e si alternano a tratti nel bosco con altri in una gola in cui ci aspetta uno dei punti più bizzarri di sempre per un mountain biker, vale a dire il passaggio in una galleria molto stretta la cui entrata è lillipuziana a causa dei detriti caduti. Siamo costretti a togliere la ruota anteriore per poterci entrare.

Si continua su una bisse veramente infinita, prima nei boschi e poi nei vastissimi vigneti che sovrastano il Rodano. La temperatura è bollente. Mi sono letteralmente sciolto quando mi sono fermato a scattare questa foto. Sullo sfondo si vede Sion, la nostra meta di giornata. Dopo 34 km prevalentemente su sentiero arriviamo alla stazione dei treni. Qui prendiamo il primo regionale che passa per andare a Sierre, da cui prendiamo la funicolare che ci riporta a Crans Montana.

È questa la discesa più lunga delle Alpi? Se non lo è, merita per la sua alta ciclabilità e facilità di accesso, oltre che per la sua estrema varietà, sia in termini di sentieri che di natura.

Insomma, avrete capito che questo itinerario è da fare almeno una volta nella vita. Qui sotto trovate tutti i dettagli e la traccia GPS. Si tratta di 35 km per 200 metri di dislivello, quando si prende la funivia.

La funivia, nel 2018, rimarrà aperta tutti i giorni fino al 9 settembre.

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