[Race Insider] Superenduro Gemona: la gara

Finalmente arriva la domenica della gara. Sveglia presto, avendo numeri bassi alle 9 dobbiamo già essere pronti in paese. Abbondante colazione con torte, pane e marmellata, strudel di mele, carico di sali minerali e ci spostiamo a Gemona.

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Durante la notte il tempo non è stato per niente clemente: pioggia battente, sin dalla tarda serata di ieri sera. Usciti dall’albergo non piove, ma fitte nuvole avvolgono la montagna. L’asfalto è ancora bagnato e pieno di pozzanghere. Il fondo delle speciali dovrebbe tenere abbastanza, venerdì abbiamo girato sotto il diluvio e le condizioni erano accettabili. Decidiamo quindi di tenere le gomme da asciutto, nel dubbio monto dietro un High Roller invece del Crossmark, che sappiamo tutti non andare molto d’accordo con il bagnato.

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Si finiscono gli ultimi preparativi ed alle 9 precise come sempre viene dato lo start del primo concorrente, Davide Sottocornola. Una decina di minuti dopo parto anch’io per il primo lungo trasferimento.

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La prima salita è la più impegnativa: circa 900m di dislivello in una decina di chilometri. Il fondo è quasi tutto asfalto, la pendenza della ex strada militare è costante per cui si sale piuttosto agevolmente. Si sente ancora il fresco del mattino, ma la nebbia e l’umidità del bosco fanno sudare come in una sauna. Salite così lunghe non sono tipiche delle gare Superenduro, di solito il dislivello è spezzettato su salite più corte, ma alla fine è meglio così: tolto il dente alla prima salita, ci si può concentrare di più sulla gara. All’arrivo in cima la nebbia fa ancora da padrona. Siamo in netto anticipo, i tempi di trasferimento sono piuttosto larghi, dobbiamo aspettare.

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L’ultimo pezzo di salita è un ripido pratone che la pioggia della notte ha reso un viscidissimo pantano. Si scivola anche a piedi, impossibile pedalare: bici a spalle e si cerca di passare nell’erba. Non una buona premessa per la speciale…

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Inizia la speciale. Sappiamo tutti che il fondo non sarà dei migliori, ma ormai la scelta (sbagliata) delle gomme da asciutto è stata fatta. Si parte, un primo tratto in cresta pedalato prima di buttarsi nel bosco. Il fondo è decisamente viscido, con un fango pastosissimo su cui le gomme non riesco assolutamente a far presa. Bisogna cercare linee alternative, stare nell’erba, ma appena incroci la traccia principale il rischio è di sdraiarsi a pelle di leopardo. Poco da fare, cerco di sopravvivere e di non cadere.  Il bosco è lungo, sono uscite molte radici, il sentiero è stretto ed esposto quindi bisogna stare attenti. La speciale è comunque molto lunga e più avanti dovrebbe migliorare il fondo.

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Finito il primo tratto di bosco, iniziano i ghiaioni. La ghiaia per fortuna non patisce l’acqua e quindi si può spingere un po’ di più. Il ghiaione è però insidioso e complice la stanchezza mi gioco un paio di jolly. Riprende il bosco ed io sono già cotto da un bel pezzo: patisco sempre la prima speciale. Il fondo è sempre viscido, non puoi riposarti un’attimo, devi stare attentissimo perchè la caduta è dietro l’angolo. Ed infatti, come da manuale, nell’ultimo tratto poco prima del traguardo, la ruota anteriore perde un’attimo grip. La bici sbanda, punta un albero, il manubrio lo colpisce, si gira e vengo proiettato in avanti. Il pubblico si scansa, sto puntando dritto ad un fotografo che raccoglie la macchina e scappa: un bel volo, ma per fortuna atterro sul morbido senza farmi troppo male. Mi rialzo, ritorno indietro a recuperare la bici: nessun danno di rilievo, posso ripartire. Pochi metri, ancora frastornato dalla caduta, e mi passano a trenino due riders. Il morale crolla, la speciale più importante della gara è stata un disastro. Arrivo al traguardo stremato, demoralizzato, ma comunque contento di non essermi fatto male e poter proseguire la gara.

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Il secondo trasferimento non è lunghissimo: si deve risalire prima su strada bianca, poi su sentiero per raggiungere una sella che permette di scendere sul versante opposto della montagna. Non avendolo provato non sappiamo quanto ci vuole, il tempo non è molto quindi partiamo spediti. Inizia il sentiero, presagio di come sarà la speciale. Non si riesce quasi a salire a piedi, il fondo è viscidissimo e bisogna puntare le scarpe nel fango per salire. Neppure i fuoristrada degli organizzatori sono riusciti ad arrivare in cima…

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Ci si prepara ed inizia la seconda speciale. La partenza è subito difficile, con un sentiero fangosissimo in cui bisogna stare ai lati, cercando l’erba. Finchè stai sull’erba scendi come un missile, ma appena tocchi il sentiero sei per terra… Dopo il primo tratto, un simpatico personaggio che sventola una bandiera gialla, urla: “attenzione tratto viscido”. Preoccupato rallento, qui non ci sono passaggi alternativi bisogna puntare dritti per dritti in mezzo al sapone. La bici sbacchetta ovunque, non si sta quasi in piedi. Mi aiuto appoggiando i piedi qua e la’, ma una volta infangate le scarpe sui pedalini a sgancio faticano a riattaccarsi. Pessima scelta le gomme da asciutto, veramente una pessima scelta. Qui con una gomma da fango, almeno davanti, puoi fare la differenza. Vabbè, andiamo avanti cercando di non cadere. Finalmente il tratto viscido finisce ed inizia il ghiaione. Qui finalmente si può aumentare la velocità, alcune curve in piano, qualche rilancio ed ecco il traguardo. Poco prima del traguardo c’è una doppia linea: a sinistra la chicken line, a destra si salta giù da una briglia di cemento tagliando la curva. Non ho provato il salto, ma non ci penso due volte e lo affronto. Appena sono in aria mi spavento: è decisamente più alto del previsto! Atterro comunque pulito e finisco la speciale. E’ proprio vero in gara il cervello va in modalità “OFF”!

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Inizia il terzo trasferimento, che riporta a Gemona per il controllo orario. Chi pensa che i trasferimenti delle superenduro siano monotoni stradoni asfaltati o noiose strade bianche, dovrebbe andare a Gemona. Il terzo trasferimento è infatti uno stupendo singletrack nel bosco, tutto saliscendi, con tratti da rilanciare, curve da percorrere a tutta e alcune rampe impegnative, che se fossero fuori gara, sarebbero un ottimo allenamento. Veramente stupendo, entra sicuramente nella top 3 dei migliori trasferimenti di sempre!

Stanchi, dopo un profondissimo guado che ci inzuppa scarpe e protezioni, arriviamo a Gemona. Questo è Enduro, i chilometri in piano su asfalto lasciamoli agli stradisti!

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Controllo orario e quarto trasferimento per la PS3. Niente di complicato, si ripercorre in parte il primo trasferimento su asfalto. Oramai le salite sono finite, quindi si può dare il 100% sui rilanci!

3-2-1: VIA! Inizia la terza speciale. Qui il fondo è buono, alcune pietre viscide, ma è tutta un’altra storia rispetto alle discese precedenti. Percorro il primo tratto discesistico veloce, cercando di tagliare le curve e seguendo la traccia pulita. Ad un certo punto c’è un salto, un doppio abbastanza lungo a dir la verità. Lo vedo, lo punto, mollo i freni e via: liscio come l’olio.

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Alcune curve, poi una strada bianca da fare a tutta. In un grosso curvone su ghiaione, parte l’anteriore e rischio una facciata sulla ghiaia. Poi un rilancio sul guado di cemento e di nuovo giù sul tratto finale di sentiero tutto da pedalare. Il pedalato è lungo, mi ricordo una rampa molto impegnativa verso metà, poco prima di immertersi su una pista più larga. Vado conservativo aspettando la rampa, ma questa latita, non arriva. Ad un certo punto svolta a sinistra, ecco la pista: ma dov’era la rampa? Sicuramente l’ho passata senza accorgermi… Vabbè, pedalo a tutta in questo tratto visto che ho ancora energie!

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Arriva il guado, peso indietro per sicurezza e dentro l’acqua a tutto! Strappo in salita e curva a destra, ultimo tratto di sentiero da rilanciare ed il traguardo! Sono soddisfatto: non sono andato male, potevo forse spingere di più sul pedalato. Mi chiedo solo dove sia finita la rampa: qualcuno l’avrà tolta durante la notte?

Rapido trasferimento e si arriva alla quarta speciale, una downtown cittadina sullo stile del prologo. Abbiamo visto il percorso, ma non abbiamo avuto modo di provarlo con le transenne e le chicane: si scende praticamente a vista.

Partenza su asfalto, con un bunny hop salto oltre una canalina per anticipare la prima curva. Salgo sulla sponda inerbita, rischio di ammazzarmi prendendo un tombino nascosto tra due assi di legno e mi butto sulla seconda curva. Altro mega anticipo su sponda, curvone a sinistra con finale su insidiosissima ghiaia. Asfalto, rilancio a tutta verso la prima curva cieca, dove passo a filo del muro.

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Prima chicane, la prendo bene: di nuovo in piedi sui pedali. Tratto velocissimo, stretta curva a sinistra, poi giù in un vicolo a destra: qui il colpo d’occhio è fondamentale. Scalinata, arrivo un pelo lungo sulla curva dopo, altra scalinata. Curvone a sinistra dove sbaglio: pensavo si scendesse dritti su delle scale, invece ci fanno fare il tornante su pavè, passando sotto un portico. Ultima serie di scale, le stesse del prologo.

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Si fa il pelo ad una balla di fieno, salto l’ultima rampa di scale prendendo un fine corsa mostruoso… Ultimo scatto verso il traguardo: la gara è finita!

Che dire insomma dell’evento? Gemona si è rivelata una vera PRO a tutti gli effetti! Con poco meno di 1700m di dislivello per 40km, la gara è stata più lunga anche della tanto temuta Punta Ala. La prima speciale è stata epica: lunghissima, interminabile, con tanti fondi differenti e con un flow unico!

Peccato solo per il tempo inclemente: da asciutti i percorsi sarebbero stati molto più divertenti. Peccato anche per la scarsa partecipazione di riders, soprattutto italiani: è veramente strano che le gare nel nord est abbiano sempre pochi partenti, eppure i riders che praticano enduro da quelle parti non mancano. Non ho mai capito perchè l’enduro non riesca a prendere piede da quelle parti… Gemona per livello organizzativo e qualità dei percorsi avrebbe senza dubbio meritato il pienone di Punta Ala o Sestri Levante.

I risultati

Nonostante i partenti non fossero tanti, il livello della gara è stato comunque molto alto. “Pochi ma buoni” diceva qualcuno, con numerosi riders sloveni e stranieri di ottimo livello.

La vittoria di questa terza pro è andata a Manuel Ducci che ha messo in tasca la sua prima vittoria in una gara pro. Una stagione in crescendo per il rider sanremese, che si è trovato a suo agio sui percorsi del triveneto. Una caduta in PS2 (anche per i big il viscido è insidioso!) sembrava aver compromesso la gara, invece è riuscito a battere un’ottimo Vittorio Gambirasio, che è arrivato 2°. Distaccato di 19 secondi dalla prima posizione Alex Lupato, che ha conteso il terzo scalino del podio fino all’ultimo con lo sloveno Peter Mlinar. Un podio tutto italiano insomma!

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Tra le donne la vittoria è invece andata a Federica Zanotto, che già nella prima speciale ha messo da parte un distacco di ben 23 secondi ipotecando la vittoria della gara. Secondo posto per Laura Rossin e terzo per Chiara Pastore.

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Classifiche

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