[Race Insider] Ultima EWS a Finale Ligure

Dopo il gran successo della scorsa edizione, Finale Ligure era sicuramente la gara più attesa di questo caldo finale di stagione. Oltre alla lotta tra Oton e Graves per la leadership del circuito, tutta l’attenzione era concentrata su quella che è oramai diventata la gara di riferimento per il mondo enduro.



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A differenza di La Thuile che ha ripreso il format francese, Finale vuole incarnare appieno lo spirito dell’enduro all’italiana: nessuna risalita meccanizzata, trasferimenti e salite lunghe ed impegnative e discese di ogni tipo, dai tecnici sentieri liguri pieni di passaggi trialistici di San Bernardino, alle lunghessime speciali super flow e pedalate della Base Nato e della Colla di Magnone.

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6 prove speciali estremamente varie quindi e soprattutto inedite, anche per i locals, visto che sono state pulite e sistemate di recente.

Le prove

Nonostante i percorsi siano stati svelati già la Domenica prima del weekend di gara, i sentieri sono rimasti chiusi ai partecipanti della gara fino a giovedì, giorno di inizio delle prove libere. Il lungo weekend di gara inizia quindi in anticipo con i due giorni di prova dei tracciati.

Provare in solo due giorni tutti questi sentieri non è per niente facile. Per ottimizzare il poco tempo a disposizione decidiamo di organizzarci noleggiando un furgone ed alternandoci alla guida. In questo modo siamo sicuri di riuscire a provare tutte le speciali almeno una volta.

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Con questo format tutto concentrato in 4 giorni, la prova delle PS è parte integrante della gara e va gestita in maniera intelligente. Inutile devastarsi facendo decine di discese per arrivare il sabato di gara con braccia e gambe a pezzi, bisogna ottimizzare, scegliendo quali PS meritano più attenzione e concentrando buona parte delle prove il giovedì, tenendo almeno mezza giornata di venerdì per riposarsi e recuperare. Decidiamo quindi di provare giovedì le PS 1, 2, 3 e 4 e lasciare a venerdì le PS 5 e 6, più lontane da raggiungere e meno impegnative fisicamente, visto che a tratti guidati e molto flow alternano lunghissimi tratti di pedalato che in prova non è necessario tirare a tutta.

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Il primo approccio con le speciali è un pochettino traumatico: la PS1 è estremamente tecnica ed impegnativa, forse la speciale più difficile che ho mai visto in una gara italiana e non è facile da interpretare. Al primo giro bisogna studiare e provare le linee, poi tentare di memorizzarle e quindi cercare la fluidità di guida. Una speciale insomma che premia la tecnica di guida al massimo, con diversi tratti trialistici in cui bisogna usare il nose press. Ci vogliono almeno un paio di giri per prendere confidenza con il sentiero e comunque guidare fluidi e non sbagliare è molto, molto difficile. Cado un paio di volte provando alcune linee, danneggiando tra l’altro il movimento centrale ed il manettino del cambio, ma per fortuna senza particolari danni fisici (farsi male a due giorni dalla gara sarebbe un disastro!).

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La PS2 è invece decisamente più tranquilla. Una discesa flow con un lungo tratto di pedalato a metà ed un solo passaggio ostico. Non serve provarla più di tanto, quindi non le dedichiamo pi di troppa attenzione.

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La PS3 è invece di nuovo tecnica e prevede un tratto centrale pedalato molto ripido e tecnico che, dopo alcune prove, decido di affrontare di corsa. Pedalare forse si riesce, almeno in prova sembra così, ma in gara con la vista annebbiata tutto è molto diverso. Alcuni tretti tecnici e degli stretti ed insidiosi tornanti portanto alla fine di questa corta ma intensa ps. Decidiamo di fare un paio di giri anche su questa speciale per studiare al meglio i tratti più tecnici.

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Quando ormai il sole è basso sull’orizzonte, ci spostiamo verso la PS4 la DH Uomini. Molto temuta da tutti i riders, la DH Uomini ha un’insidiosissimo muro centrale pieno di ghiaia e lame di roccia che mette a dura prova la resistenza fisica di tutti i riders. Sbagliare non è consentito, frenare non è possibile. E’ molto importante memorizzare la linea giusta per non sbagliare in gara. Dopo due discese della PS4 il sole tramonta dietro l’orizzonte e siamo costretti a rientrare alla base.

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Il venerdì partiamo abbastanza presto in direzione Melogno e Base Nato. Proviamo la PS5 due volte, poi pedaliamo fino alla 6. La PS5 è molto semplice, con un bel tratto centrale da rilanciare ed una serie finale di curve in mezzo agli alberi che sembrano disegnate con un compasso. La PS6 è invece molto più fisica. Non ci sono praticamente difficoltà tecniche, si deve solo pedalare a tutta sui lunghissimi mezzacosta che alternano facili curve in conduzione in mezzo agli alberi. La PS è poi talmente lungha che è impnsabile memorizzarla tutta. Inutile dedicarci più di tanto tempo, decidiamo quindi di ritornare all’ostoca PS1, sia per riprovare alcuni passaggi che alcuni di noi non avevano ancora chiuso, sia per vedere come è cambiata la PS dopo i passaggi e se si sono formate nuove linee. Come prevedibile la situazione era notevolmente cambiata dalle prove del giorno precedente, quindi la ricognizione extra si è rivelata molto utile.

Alle 2 di pomeriggio smettiamo di girare: dobbiamo riportare il furgone, riposarci e sistemare le bici, soprattutto la mia che ha il manettino danneggiato ed il movimento centrale che si è distrutto sulle pietre, con conseguente gioco della pedivella.

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Un doveroso ringraziamento va ai ragazzi di Sram, sempre presenti sui campi gara a dar supporto a tutti gli atleti

Per fortuna posso contare sul pronto supporto del truck Sram, che in un batter d’occhio, ripara e sostituisce i pezzi danneggiati durante le prove e sistema la mia GT Force al meglio per il lunghissimo weekend di gara. Il supporto meccanico è estremamente importante in questo tipo di gare: le biciclette, in una gara come finale, sono messe a durissima prova e l’efficienza del mezzo è fondamentale per portare a casa nel migliore dei modi una gara dura ed impegnativa come questa. Ecco perchè tutti i team, sia quelli dei top riders, sia quelli delle persone “normali” portano con se una fornitissima officina ed una preparata equipe di meccanici.

Sabato

Il giorno dopo le prove inizia la gara con la prima risalita della giornata verso San Bernardino. Il tempo per fortuna è abbondante, quindi non si deve spingere più di tanto. Possiamo dosare le energie al meglio e prepararci alla lunga giornata che ci aspetta.

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Devo essere sincero, la PS1 mi ha messo angoscia sin dal primo giro. E’ una ps insidiosa: basta niente per cadere e perdere tempo prezioso. La mia tattica è quindi semplice: cercare di non strafare e guidare quanto più pulito possibile. Ecco il segreto per andare bene in questo sentiero. A parte un paio di inevitabili piccoli errori, la tattica sembra funzionare bene ed affronto con fluidità la discesa, con un paio di nose press in due tornanti che fanno scaldare per bene il pubblico. Sentire le grida della gente quando affronti bene un passaggio ti da una bella carica che ti permette di affrontare al meglio il resto della speciale.

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Finisce la speciale, ma non c’è tempo da perdere perchè il trasferimento è tirato. Cambio casco al volo e via a trenino su per la strada asfaltata. Salto il ristoro per non perdere tempo ed arrivo in cima con soli 5 minuti di anticipo: ho calibrato bene la velocità di salita, ma un po’ più di margine non mi sarebbe dispiaciuto. Inizia quindi la PS2, con un lungo tratto iniziale pedalato. Le gambe sono ancora un po’ stanche per la salita, ma è così per tutti. Pedalo quindi più che posso seduto, cercando di tenere una cadenza molto agile per non affaticare troppo i muscoli e “sciogliere” le gambe. Affronto il tratto guidato piuttosto bene, anche se ogni tanto compare qualche curva che non ricordavo. D’altronde ho fatto solo una discesa di ricognizione. Arriva quindi il secondo più lungo tratto pedalato, lo affronto a tutta e mi preparo per il passaggio tecnico sul pietrone, passaggio che purtroppo a causa del traffico non ho mai provato a fare in sella. Improvviso, ma sbaglio e vado ad inastrarmi tra le rocce. Il telaio ed il cambio si incastrano malamente. Perdo alcuni secondi per evitare troppi danni alla bici (il rischio era di strappare il cambio o piegare il disco) e riparto. Dannazione, non ci voleva! Finisco la PS un po’ amareggiato, era andato tutto bene fino al pietrone…

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Rapido controllo orario e nuova risalita a San Bernardino, anche questa volta con tempo abbondante. Arrivo in cima alla PS3 con calma e riposato. La PS3 è tecnica, ma meno ostica della prima. Ci sono alcuni tornanti molto ripidi, ma il resto è abbastanza scorrevole. Parto, pedalo a più non posso. Curva a sinistra, Rampetta pedalata, poi il pratone di Camporotondo. Salto giù dalla bici e salgo di corsa, sfruttando la massima pendenza. Arrivo in cima e riparto. Non male, ci ho messo molto meno tempo che pedalando, almeno così credo. Riparto, sono in affanno per la corsa, ma cerco di recuperare pedalando seduto. Alcuni lunghi secondi e rieccomi a regime: i battiti si abbassano, la respirazione diventa meno affannosa e posso riprendere a spingere come prima. Continuo la PS, affronto molto bene i primi tornanti, persin meglio che in prova, ma poi mi perdo sugli ultimi, complice la stanchezza. Ecco il traguardo, tutto sommato non è andata male.

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Finita la PS non c’è un secondo da perdere: con meno di 1 ora di tempo per salire a Bric dei Crovi, l’ultimo trasferimento di giornata è bello tirato. Spingo deciso sul tratto asfaltato per recuperare il più possibile ed avere il tempo di affrontare a piedi i passaggi più tecnici della risalita dei Ponti Romani e l’ultimo tratto della “Lapide” che porta in cima al bric. Calibro bene il tempo e doso le energie al meglio, arrivando in cima 10 minuti in anticipo con tutti il tempo di cambiare il casco e riposarmi prima della PS. Finale è una gara in cui bisogna giocare di strategia anche nei trasferimenti.

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Inizia la PS4, con un primo tratto molto veloce ed un mezzacosta pedalato. Cerco di dare tutto, tanto è l’ultima ps. Inizia quindi progressivamente il ghiaione e le energie cominciano a mancare: forse ho spinto troppo sul pedalato… Sono bollito, ma stringo i denti cercando di arrivare in fondo al ripido muro centrale. Sono stanco, rigido, troppo in balia della bici e sbaglio linea finendo nello scassato. Non cado, ma vedo la linea pulita alla mia sinistra e davanti a me solo lame e gradoni di roccia senza possibilità di evitarli. Le gambe bruciano. Curva a destra, il muro è finito, poi tornante a sinistra, pezzo scassato ed ultimo muro di pietroni. Sono cotto, la mia tattica è ora di mollare i freni e di sperare nella grazia divina per non esplodere, guidando rigido come un manico di scopa. Forse non è il miglior modo per affrontare la discesa, ma arrivo in fondo. Tornante a gomito, da affrontare in nose press. Lo imposto ma sono troppo bollito per chiuderlo come si dovrebbe. Piedino in terra, ultima curva e fine speciale. Un solo commento per la DH Uomini: devastante!

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Dopo 10km di asfalto in piano sul lungomare rientriamo a Finale Ligure per il controllo orario che decreta la fine della giornata. La bici è in ordine, non ho spaccato niente, io sono intero e, a parte qualche errorino, credo di aver guidato bene, quindi sono soddisfatto della giornata di gara.

Domenica

La giornata di Domenica inizia con il più lungo trasferimento della storia del Superenduro: la risalita fino alla Base Nato al Melogno. 20km di salita per 1030m di dislivello, da affrontare in 2h 30min di trasferimento massimo. La salita è dura, ma per fortuna il tempo piuttosto generoso e quindi ci si può gestire al meglio. Arrivo in cima con mezz’ora di anticipo, ma meglio così che un altro trasferimento tirato!

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Parte la PS5, molto flow e pedalata. Cerco di dare il massimo sul crestino, guido discretamente ma sento che le gambe non girano molto bene. Sicuramente la stanchezza cumulata in questi giorni e la lunga salita appena affrontata non aiutano a farti dare il meglio sul pedalato. Finisce quindi la PS5, breve ma intensa, soprattutto a livello fisico.

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Lungo trasferimento per la PS6, ma con parecchio tempo a disposizione. Si può quindi andare tranquilli e spingere le ripide rampe in salita.

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La PS6 è eterna. Parto ed inizia il primo tratto guidato, cerco di prendere il ritmo con il sentiero che ha un flow indescrivibile. Si zigzaga tra gli alberi, alternando brevi rilanci a lunghissime curve tutte da condurre: una goduria. Finisce il primo tratto di flow puro ed inizia il primo mezzacosta pedalato: miseria se è lungo! Alterno tratti in piedi a tratti seduti, ma guidare da seduti per seguire le curve del sentiero non è affatto facile. Il sentiero continua su un crestino, poi si butta di fianco ad una strada, la attraversa, per poi risalire di nuovo. Mi butto a cannone per sfruttare tutto l’abbrivio possibile per salita, ma sono troppo forte ed un dentino non visto mi fa saltare, sparandomi direttamente sulla salita. Atterro insaccandomi, forcella a fine corsa, la ruota davanti sbanda a destra e la bici si pianta giù dalla riva. Non è possibile! Salto giù dalla bici, impossibile ripartire con il rapportone ed inizio a correre a più non posso. La salita a piedi è infinita, se in sella erano due o tre pedalate, a piedi è interminabile. Sono consapevole di aver perso tempo, molto tempo e di essermi cucinato per bene a livello cardiaco anche per il resto della speciale. Che stupido, potevo tirare un attimo i freni! Non a caso dopo pochi metri mi raggiunge e sorpassa il che partiva 20 secondi dopo di me. Prosegue la ps, che non finisce mai. “Ma quanto è lunga?!?”. Ad un certo punto vedo la strada, è quasi la fine. Do fondo alle ultime energie, pedalo a tutta ed ecco la fine! Incredibile quanto ci fosse da pedalare in questa speciale…

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In una gara così lunga ci vuole poco a sbagliare e cadere, perdendo secondi preziosi e rischiando di far danni a se stessi ed alla bici

Ultimo trasferimento in discesa, un lungo falsopiano su asfalto e la gara finisce. La giornata non è andata molto bene: sia sulla 5 che soprattutto sulla 6 ho pagato pegno, segno che ero evidentemente affaticato dalla giornata precedente. Tutto sommato non mi posso però lamentare ed un errore stupido come quello sulla rampa della PS6, in una gara così lunga fa parte del gioco. L’importante è non cadere malamente e perdere prezioso tempo.

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Fabien Barel è il vero vincitore qui a Finale. Rientrare sul gradino più alto del podio dopo tutti questi mesi di stop ed il bruttissimo incidente è un’impresa che solo un grande rider come lui avrebbe potuto portare a termine. Chapeaux Fabien!

Che dire quindi di Finale? Una gara a dir poco stupenda, la vera incarnazione dell’enduro. Il Sabato con speciali corte ed impegnativa metteva a dura prova la tecnica di guida e le abilità dei riders, la Domenica con ps flow e molto pedalate premiava l’allenamento. Nel complesso insomma è venuta fuori una gara super completa che, senza neppure sfruttare le risalite meccanizzate, è riuscita a mettere alla prova i riders in ogni condizione. La più bella gara della stagione? Personalmente credo proprio di si.

 

PH Credits: ufficio stampa Superenduro

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