[Test comparativo] MDE Carve 6 vs Carve 7: 26 e 27,5 a confronto

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Quando Federico di MDE ci ha chiesto di provare il Carve, ci ha domandato se preferivamo testare il Carve 6 da 26″ o il nuovo Carve 7 da 27,5″. Si tratta di bici da AM, con 152mm di escursione posteriore e 150 anteriori. L’indecisione era tanta, poi andando a vedere le geometrie delle due bici abbiamo notato che sono praticamente identiche. A questo punto ci è venuto in mente: perchè non provarle entrambe?



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L’occasione era ghiotta, difficile trovare una 26 ed una 27,5 con geometrie quasi uguali ed identica destinazione d’uso. Federico, per rendere ancora più veritiero ed oggettivo il confronto, ci ha fornito due bici identiche: stessi componenti, stesso identico peso per le due bici (13,15kg senza pedali), le condizioni perfette per un test comparativo che sia attendibile. Quello che leggerete qui di seguito è il risultato di più di un mese di riding.

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MDE Bikes è una piccola azienda che produce biciclette a livello praticamente artigianale. Tutti i telai sono saldati e realizzati qui a Torino, nello stabilimento di Settimo Torinese. Frestura al CNC, saldatura, verniciatura e trattamenti termici sono tutti realizzati a Torino, il risultato è una bicicletta 100% italiana, realizzata a mano e spesso addirittura su misura o su specifiche del cliente.

Analisi statica

Le due biciclette da noi testate sono praticamente identiche come montaggio, la differenza la fanno i due telai. L’escursione è la stessa di 152mm, la differenza è che il Carve 6 è progettato per ruote da 26″, il Carve 7 per ruote da 27,5″. Cinematicamente sono identici ed adottano la stessa versione di I-Link, che rispetto ad altre biciclette più orientate alla discesa come il Damper, è stato rivisto per migliorare la resa in pedalata. D’altronde si tratta di bici AM e come tali hanno esigenze diverse rispetto a bici da enduro o freeride.

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Il Carve 6, di colore bianco, è la versione da 26″. Il telaio è una taglia M, un po’ piccolina a dir la verità, a cui Federico ha montato una pipa da 75mm per renderlo meglio pedalabile. Schema di sospensione proprietario I-Link, un 4 link a bracci corti, che offre 152mm di escursione alla ruota posteriore. Angolo sterzo di 67°, nella media per la categoria, ed angolo  sella di 72,5°, piuttosto verticale. Lunghezza del carro di 430mm, orizzontale virtuale di 590mm, seat tube di 430mm ed altezza movimento centrale di 340mm. Tutte misure rilevate con forcella da 150mm (lunghezza 536mm).

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Il Carve 7, di color alluminio spazzolato, è invece la versione da 27,5″. Telaio sempre taglia M, stessa pipa da 75mm. Stesso schema di sospensione e stessa escursione posteriore di 152mm. L’angolo di sterzo è invece di mezzo grado più chiuso (67,5°) e l’angolo sella mezzo grado più verticale (73°). L’orizzontale virtuale è identico (590mm), così come il seat tube (430mm). L’altezza del movimento centrale è invece di 345mm, 5 millimetri in più, ed il carro è più lungo di 1cm (440mm).

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Mettendo a diretto confronto le due bici, notiamo che la 6 ha l’angolo sella e l’angolo sterzo leggermente più aperti della 7, per quanto mezzo grado non sia una variazione eclatante. Per quanto riguarda le altre differenze, queste non sono praticamente visibili in foto. Anche la differenza di diametro delle ruote non è così marcata: ad un occhio distratto la carve 7 potrebbe anche sembrare una 26″. Nella guida però, come vedremo in seguito, le differenze ci sono.

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La forcella anteriore per entrambe le bici è una Rock Shox Revelation RCT3 Dual Position Air. 150mm con steli da 32mm e perno passante da 15mm. Dobbiamo essere sinceri, sia la versione da 26 che quella da 27,5″ non ci sono sembrate dei mostri di rigidità, ma in ottica AM-Trail riding la leggerezza di questa forcella la rende molto competitiva. Per un uso più aggressivo o per migliorare le doti discesistiche delle due bici, consigliamo di montare una Fox 34, disponibile sia in versione da 26″ che da 27,5″. Anche Federico consiglia la 34 sul Carve. L’idraulica è la Motion Control DNA, con 3 posizioni: bloccata, compressione low speed molto chiusa, tutta aperta. Grazie alle 3 modalità, l’idraulica lavora perfettamente in sincronia con le tre posizioni dell’ammortizzatore CTD: su asfalto abbiamo usato la posizione di blocco, sui sentieri in salita quella intermedia ed in discesa tutto aperto. Semplice, facile ed intuitivo. Ottimo poi il funzionamento del sistema Dual Position Air, che consente un abbassamento di 30mm, ma assicura un funzionamento degno della miglior forcella ad escursione fissa. Non abbiamo mai provato una forcella ad escursione variabile così plush, burrosa e scorrevole.

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L’ammortizzatore montato su entrambe le bici è invece un Fox Float CTD Boost Valvle con regolazione della modalità Trail su 3 step. Trattamento Kashima e manicotto LV, interasse di 200mm e corsa di 57mm (rapporto di compressione medio 2,67). Ottimo il funzionamento, molto scorrevole e plush, lavora in maniera ineccepibile in ogni situazione. Le differenze tra le tre modalità di funzionamento si sentono. Il blocco non è granitico, ma è comunque perfetto per evitare fastidiose oscillazioni lungo le salite asfaltate. Ottima la resistenza al surriscaldamento: anche dopo lunghe discese non abbiamo mai avuto problemi.

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Passiamo ora al reparto trasmissione. Il montaggio non è da top di gamma, ma comunque di buon livello. Trasmissione X9 a 10 velocità (pacco pignoni 11-36), con deragliatore posteriore Type 2 (con frizione) per la carve 7, di tipo tradizionale per la Carve 6.

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Entrambe le bici montavano una guarnitura doppia Truvativ X9. La Carve 6 in configurazione 22-33 e bash, mentre la Carve 7 una 24-36 senza bash, una doppia nativa. Strana la scelta della rapportatura, a nostro avviso sarebbe stato meglio il contrario, anche se il 22 davanti risulta eccessivamente agile anche per la 27,5″. Una doppia 24-36 su entrambe le bici secondo noi offre una gamma più che sufficiente di rapporti, mentre se volete i vantaggi del monocorona puntate senza indugio sull’XX1, disponibile di primo montaggio. A tenere ferma la catena su entrambe le bici era montato un tendicatena MDE da doppia.

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Passiamo ora alle ruote, una coppia di FRM Urano XC Enduro su entrambe le bici. Due ruote estremamente leggere, che rendono la bici scattante e reattiva, specialmente sui rilanci. Sicuramente un vantaggio, soprattutto quando si passa a ruote più grandi, in genere più pesanti e con una maggiore inerzia. Il rovescio della medaglia è però la rigidità: nella guida non ci sono sembrate per niente rigide, soprattutto la versione da 27,5″, un netto svantaggio in termini di precisione di guida e tenuta della traiettoria.

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Passiamo ora ai freni, una coppia di Formula RX con disco da 180mm anteriore e posteriore. Un impianto onesto, con pompa radiale e possibilità di regolare la distanza della leva senza attrezzi. Non ci ha però stupito in quanto a potenza, sopratutto sulla carve 7 dove le ruote più grandi stressano maggiormente l’impianto. In compenso è piuttosto modulabile. Anche come resistenza al surriscaldamento non è al livello dei top di gamma Formula: sotto stress, la potenza frenante cala leggermente e la corsa si accorcia, con una risposta un po’ più spugnosa. Nel complesso però, considerato che comunque si tratta di un impianto di media gamma, le prestazioni sono discrete, anche per un uso aggressivo.

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Passando alla zona manubrio, troviamo una pipa  Truvativ Stylo T20 ed un manubrio Truvativ Boobar con rise piuttosto elevato su entrambe le bici. Visto l’elevato rise del manubrio, sulla carve 7 abbiamo preferito abbassare il più possibile lo stem: il manubrio rimane già piuttosto alto sulla 27,5″ e tenere l’avantreno basso è importante per guidare bene la bici. Un manubrio con rise più contenuto secondo noi sarebbe stato preferibile. La larghezza di 740mm si è invece rivelata perfetta per la destinazione d’uso della bici.

 

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Entrambe le bici montavano come reggisella il Reverb da 125mm. Un ottimo reggisella a nostro giudizio, peccato solo per il passaggio tubo esterno. Come opzione MDE realizza anche il foro per il tubo del Reverb Stealth ed in futuro l’idea è di montare la versione con passaggio tubo interno. La sella è una Selle Italia SLS.

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Come ultima cosa passiamo alle gomme. Entrambe le bici erano gommate con Ardent 2,25. La Carve 6 aveva la versione Lust, montata tubeless con flap, la Carve 7 utilizzava la versione single ply con camere (non esiste il Lust 650B purtroppo). Una coppia di gomme molto valide, soprattutto al posteriore. All’anteriore, avendo incontrato spesso terreni fangosi, il grip non si è rivelato eccellente in queste condizioni, ma sull’asciutto danno grandi soddisfazioni.

Prime impressioni in sella

Salendo in sella alle due bici, la prima cosa che si percepisce è la maggiore altezza da terra della Carve 7. In realtà l’altezza del movimento centrale è quasi uguale a quella della Carve 6 (5mm non fanno chissà che differenza), ma è proprio il manubrio a risultare un pochettino più alto per via della maggior lunghezza della forcella e della ruota più grande. Per questo motivo la prima cosa che facciamo è abbassare la pipa quanto più possibile sul cannotto, cercando di ridurre l’altezza da terra del manubrio.

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Sui sentieri comunque questa differenza non sarà particolarmente penalizzante, soprattutto in salita dove nessuna delle due bici tende ad impennarsi, ma è una delle prime impressione che si ha passando da una bici all’altra.

Per quanto riguarda il setup delle sospensioni, per la forcella partiamo dalla tabella pressioni fornita da Rock Shox e ci troviamo subito bene. Carichiamo invece l’ammortizzatore con circa 150psi, una pressione relativamente bassa, ma giustificata dal manicotto LV. Avendo sospensioni identiche il setup sarà più o meno uguale sulle due bici.

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Essendo una taglia M, le due bici risultano piuttosto compatte per me che sono 1,82cm. Il fuorisella è al massimo consentito, ma con la pipa lunga non avrò particolari problemi a pedalare. Dovendo valutare un acquisto punterei comunque su una L.

Sui sentieri: impressioni di guida

Passiamo ora al capitolo più interessante: come si sono comportate le due bici sui sentieri?

Come al solito suddivideremo l’analisi in base alle diverse situazioni tipo che si incontrano su un sentiero:

  • Salita scorrevole: si intende una salita su asfalto o su strada bianca dal fondo piuttosto regolare e poco sconnesso.
  • Salita tecnica: si intende una salita, generalmente su singletrack, caratterizzata da una forte pendenza e numerosi ostacoli sul percorso (sassi, radici, scalini). Il classico strappo tecnico in salita per intenderci.
  • Saliscendi: quando il sentiero non sale ma procede a mezzacosta si può parlare di saliscendi. Il saliscendi non è ne salita ne discesa, ma un susseguirsi di piccole salite e brevi discese che richiedono frequenti rilanci ed una guida veloce. Il fondo può essere più o meno regolare, dipende dal sentiero.
  • Discesa scorrevole: con scorrevole intendiamo una discesa su singletrack guidata, caratterizzata anche da curve in rapida successione, ma con pendenze moderate e fondo non eccessivamente sconnesso. Un classico sentiero flow in mezzo al bosco, magari in terra, dove si deve guidare la bici, magari dare qualche rilancio ed in genere si procede a velocità sostenuta.
  • Discesa tecnica: quando il gioco si fa duro, le pendenze iniziano a diventare sostenute, il fondo molto irregolare, sconnesso, gradonato, ci sono stretti tornanti o passaggi che possono richiedere manovre trialistiche, allora parliamo di discesa tecnica. La velocità di percorrenza cala, arrivando al limite dell’equilibrio.

SALITA SCORREVOLE

Inserita la modalità per la salita (blocco quasi totale) le due bici si rivelano entrambe piuttosto stabili in pedalata e reattive. Anche salendo in piedi sui pedali non si notano fastidiosi movimenti della sospensione e non si percepiscono dispersioni di energia dovute alle sospensioni. Il blocco, seppur non totale, è molto utile sulle salite asfaltate e permette di pedalare tranquillamente fuorisella. Parlare di blocco non è comunque corretto, perchè sia per l’ammortizzatore che per la forcella è forse meglio parlare di piattaforma stabile, visto che prendendo buche o colpi le sospensioni si aprono ed un po’ di movimento è comunque consentito anche in modalità “salita”.

Su questo tipo di fondo le due bici si sono rivelate piuttosto equivalenti. La Carve 7 è un filino più pigra quando si riparte da fermi o sui cambi di velocità, ma procedendo in salita ad un’andatura costante, anche sostenuta, non ci sono sembrate esserci particolari differenze tra le due bici.

SALITA TECNICA

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Lo schema di sospensione I-Link lavora molto bene sugli ostacoli in salita, assorbendoli in maniera molto efficace. Nessun insaccamento, la pedalata rimane fluida e la bici mangia letteralmente sassi, gradini, radici. In questa situazione conviene posizionare i registri delle sospensioni nella modalità intermedia, oppure su tutto aperto. L’I-Link lavora molto bene in queste situazioni senza piattaforma stabile.

Grazie al piantone sella piuttosto verticale, entrambe le bici salgono molto bene, senza tendere ad impennarsi. Non abbiamo praticamente mai sentito il bisogno di abbassare la forcella, tanto che l’abbiamo quasi sempre tenuta a 150mm, anche sugli strappetti tecnici.

Nonostante la buona performance in salita di entrambe le bici, dobbiamo dire che sul tecnico e sul ripido la Carve 7 si è dimostrata decisamente migliore. Le ruote più grandi forniscono un sensibile aiuto quando si deve superare un ostacolo, assicurando una migliore fluidità di marcia. Danno proprio la sensazione di appiattire il terreno: sassi e radici non diventano più un problema, basta puntare dritto e pedalare.

Anche la trazione della Carve 7 è superiore: nonostante la stessa gomma, il grip dell’Ardent 27,5″ è superiore, grazie sicuramente alla maggiore impronta a terra. Questo è un notevole vantaggio quando si percorrono sentieri ripidi in salita, specialmente se il fondo non è dei migliori questo può fare la differenza tra l’arrivare in cima in sella o il dover mettere un piede a terra.

SALISCENDI

I sentieri non sono tutti in salita o in discesa, spesso ci si trova su tratti di saliscendi. Dobbiamo dire che entrambe le bici sono molto divertenti in questo tipo di percorso. Tra il reggisella telescopico (che in queste situazioni è una vera goduria), la non necessità di abbassare la forcella (il che permette di avere una bici molto bilanciata e performante sui tratti di discesa), il peso contenuto e l’ottima efficienza in pedalata, le due bici ci sono molto piaciute in questa situazione.

Dovendo fare un’analisi più approfondita, la Carve 6 si è rivelata più scattante e reattiva sui cambi di ritmo. Molto agile e precisa  sulle curve, permette di pompare per bene ogni cunetta, dosso o curva per mantenere o aumentare velocità. La Carve 7 invece si è rivelata più performante quando il fondo risulta irregolare: se si incontrano pietre o radici tende a mantenere maggiormente la velocità, di contro è è un po’ meno agile sul guidato.

In questo tipo di sentiero, quando il fondo non era troppo irregolare, abbiamo molto apprezzato la modalità intermedia (trail) delle sospensioni, che risultano leggermente frenante in compressione, migliorando la reattività e la pedalabilità della bici, senza sacrificare eccessivamente l’assorbimento di eventuali ostacoli che si possono incontrare.

DISCESA SCORREVOLE

Quando il fondo è regolare, non ci sono particolari ostacoli ed il sentiero risulta tutto da guidare dobbiamo dire che la Carve 6 ci è è piaciuta moltissimo. La Carve 7 si guida comunque molto bene, ma la sensazione è che sia un pochettino più ingombrante. Quando si affronta una curva la Carve 6 è più precisa, più agile, più maneggevole, specialmente sullo stretto e sulle curve in rapida successione, dove l’agilità è fondamentale. La sensazione in curva della Carve 7 è che la ruota tenda un pochettino a scappare ed ad allargare la curva, complice forse anche l’elevata altezza da terra del manubrio, che costringe ad una posizione di guida piuttosto aggressiva per assicurare il grip necessario. Abbiamo notato anche un po’ di imprecisione nell’inserimento in curva, ma riteniamo che la colpa di questo sia da imputare alla ruota anteriore, poco rigida, ed alla forcella con steli da 32mm.

Quando però si incontrano degli ostacoli, le ruote più grosse tornano d’aiuto, rendendo più facile lo scavalcamento degli stessi. L’abbiamo già detto nel paragrafo precedente, sui medi ostacoli la Carve 7 mantiene una maggiore fluidità di marcia e tende a mantenere la velocità con estrema facilità.

Insomma, due comportamenti differenti: una bici è più agile in curva, l’altra più stabile sul dritto e sullo sconnesso.

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DISCESA TECNICA

Cominciamo con una premessa, le due Carve, con questo allestimento, sono due bici da AM, non da enduro. E’ quindi naturale che sul tecnico più impegnativo patiscano qualcosa rispetto a bici con forcelle più grosse. Il limite che abbiamo riscontrato è infatti nella forcella: gli steli da 32mm, accoppiati ai 150mm di escursione, non assicurano un’elevata rigidità. Se poi si aggiunge un set di ruote non eccessivamente robusto, ecco che la precisione di guida ne risente. Riteniamo quindi che una forcella da 34 ed un paio di ruote più rigide siano più adatte per entrambe le bici. Per i patiti del tecnico una forcella da 35 o 36mm potrebbe essere una valida alternativa.

Detto questo però non possiamo certo bocciare le due Carve. Con un po’ di accortezza si scende ovunque, affrontando anche passaggi molto impegnativi.

La Carve 6 ha dalla sua una miglior maneggevolezza, si gestisce meglio nei passaggi stretti o nelle manovre trialistiche, è insomma più compatta e meno ingombrante. Dove vuoi appoggiare le rute le appoggi, che sia uno stretto spuntone di roccia, o una lingua di pietra. La Carve 7 ha invece dalla sua una maggior facilità nel superare gli ostacoli ed una minore tendenza ad impuntarsi. Quando però il gioco si fa duro risulta più ingombrante, soprattutto nello stretto e sui passaggi trialistici.

In questa situazione abbiamo insomma apprezzato di più la Carve 6, con una dovuta precisazione. Sul tecnico medio, quando il fondo è ripido e gradonato ma basta scegliere una linea dritta e lasciar andare, la Carve 7 è perfetta: la maggior facilità con cui supera gli ostacoli e la minor tendenza ad impuntarsi, una volta che hai ben capito i limiti della bici, ti permettono anche di osare di più. Quando però si parla di tecnico trialistico, con tornanti stretti a gomito o passaggi che richiedono manovre trialistiche, la maggior maneggevolezza della Carve 6 è impagabile.

Considerazioni finali

E’ giunto il momento di tirare le somme. Qual’è la bici migliore?

Cominciamo subito dal dire che entrambe le biciclette sono perfette per un utilizzo all mountain propriamente detto, ovvero giri in alta montagna, epic rides da n mila metri di dislivello, giri a tappe di più giorni. Sono entrambe biciclette pensate per salire bene e scendere in sicurezza, per risultare divertenti non solo sulle discese da fare a cannone, ma anche sui sentieri guidati e sulle salite tecniche.

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In quest’ottica la Carve 7 ci è piaciuta moltissimo: in salita va meglio, soprattutto sui tratti tecnici dove ha veramente una marcia in più. Quando si gira in montagna le salite tecniche sono all’ordine del giorno e la Carve 7 risulta sicuramente vincente. Anche sul guidato è molto divertente e la facilità con cui supera gli ostacoli è apprezzabile. Paga qualcosa in termini di maneggevolezza, ma se cercate una bici all round, per godevervi il giro sia in salita che in discesa, la Carve 7 fa per voi.

La Carve 6 è invece più maneggevole e più precisa in inserimento in curva. Sulle salite tecniche è valida, ma non ai livelli della Carve 7. E’ sul guidato ed in tutte quelle situazioni in cui una bici agile può far la differenza che risulta vincente. La consiglierei quindi un biker evoluto, già piuttosto bravo nella guida, che cerca un mezzo funzionale in salita ma che sia prevalentemente agile, scattante, maneggevole in discesa.

Cosa cambiare?

Come detto nella prima parte del test, il montaggio di entrambe le bici è di media gamma. Si può fare di meglio, ma i prezzi salgono. Ci sono però alcune modifiche che, con una spesa tutto sommato accessibile, permetterebbero di migliorare alcuni aspetti.

La prima cosa che cambieremmo sono sicuramente le ruote: leggere si, ma poco rigide e precise. Un paio di ruote che pesino qualcosina in più non penalizzerebbero troppo in salita ma darebbero notevoli vantaggi in termini di precisione di guida ed anche di durata (le FRM Urano XC Enduro non sono certo ruote da maltrattare).

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Un altro upgrade che faremmo è la forcella: ci vedremmo meglio una Fox 34 (o una forcella analoga) che, a parte 1 cm extra di escursione, offrirebbe sicuramente una maggior rigidità e precisione di guida. La maggiore altezza aprirebbe anche leggermente l’angolo sterzo, il che non guasterebbe, considerato anche che la bici si pedala perfettamente con la forcella da 150mm tutta estesa. Come peso è da mettere in conto un aggravio di 300 grammi, ma secondo noi vale assolutamente la pena.

La trasmissione è di buon livello, l’X9 funziona molto bene. Avendo però un po’ di soldi a disposizione, l’upgrade al gruppo XX1 sarebbe un notevole passo avanti. Minor peso e tutti i vantaggi del monocorona rendono l’XX1 il top per l’all mountain.

Il resto non ci è dispiaciuto, naturalmente ci sono componenti migliori, ma se non si vuole tenere troppo alto il prezzo, il montaggio ci è parso azzeccato. Tutti gli upgrade qui indicati sono disponibili in alternativa all’allestimento delle bici test, ovviamente con sovrapprezzo.

Specifiche tecniche e prezzo

GEOMETRIE RILEVATE:

Escursione posteriore: 152mm Carve 6 e 7
Orizzontale virtuale: 590mm (tg. M)
Piantone sella: 440mm
Angolo sterzo: 67° (Carve 6) – 67,5° (Carve 7)
Angolo sella: 72,5° (Carve 6) – 73° (Carve 7)
Altezza scatola sterzo: 110mm (Carve 6 e 7)
Lunghezza carro: 430mm (Carve 6) – 440mm (Carve 7)
Altezza movimento centrale: 340mm (Carve 6) – 345mm (Carve 7)
Peso telaio: 2,70kg (Carve 6) – 2,80kg (Carve 7) senza ammortizzatore
Peso bici completa: 13,15kg entrambe senza pedali

PREZZO: 1979€ entrambe le versioni, solo telaio con ammortizzatore Fox Float CTD Kashima

PRODUTTORE: MDE Bikes (www.mdebikes.com)

 

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