Con la Devinci Django 29 alla 24h di Finale Ligure

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Autore: Francesco Mazza

“Nella vita bisogna provare tutto”, recita uno dei luoghi comuni più vecchi di questo mondo… e nella vita di un mountain biker, tra le cose assolutamente da provare, c’è sicuramente la 24h di Finale Ligure. Che uno sia un accanito pedalatore oppure un biker della domenica che chiude a fatica il giretto dietro casa, la 24h di Finale è un’esperienza unica che arricchisce ogni rider con una quantità indescrivibile di emozioni. Si tratta infatti di un evento che trascende la classica gara Endurance di XC per sfociare in una vera festa delle ruote grasse, con un’affluenza impressionante da tutto il mondo, un clima di festa ineguagliabile e una varietà di partecipanti che vanno dal super atleta con front XC ultralight all’endurista della domenica con cancellone da 16kg in alluminio con ruote da 26″, passando per l’hipster con la single speed in acciaio e i team di sole ragazze, tra polvere, sudore, borracce riempite di integratori, profumo di griglia e fiumi di birra.



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Per questo motivo, quando alcuni amici di Finale alla fine dell’edizione dello scorso anno mi hanno chiesto di unirmi alla loro squadra per l’edizione 2017, ho accettato senza alcuna esitazione, nonostante io non faccia certo parte della categoria dei racer o dei pedalatori accaniti.

Sbrigate le pratiche per l’iscrizione tra i team amatoriali da 8, organizzata la logistica insieme ai compagni di team e prenotata una stanza all’Hotel Deutsche Familien per la notte precedente e quella successiva all’evento, ho cercato una bici da utilizzare per la gara e la scelta è ricaduta su una Devinci Django 29, che il distributore italiano 4Guimp mi ha gentilmente messo a disposizione. Avevo già personalmente testato la versione 27.5, mentre avevamo presentato la versione 29 senza ancora aver effettuato un test, quindi… quale occasione migliore?

L’allestimento è il top di gamma X01 12s, che prevede entrambe sospensioni FOX Factory Kashima. Un Float DPS Evol gestisce i 120mm di escursione posteriore, mentre la forcella 34 Float in versione Boost, ovviamente per ruote da 29″, offre 130mm. Il telaio è realizzato in fibra di carbonio per quanto riguarda il triangolo anteriore e il link della sospensione che funge da fodero alto, mentre il carro vero e proprio, individuabile nel fodero basso, è in lega di alluminio, così come la biella che comprime l’ammortizzatore.

Il sistema di sospensione è il tradizionale Split Pivot utilizzato su tutte le full del brand canadese, che offre una buona quota di antisquat, risultando stabile in pedalata anche a sospensione aperta, e un antirise ben calibrato, che permette alla sospensione di lavorare adeguatamente anche mentre si frena. La curva di compressione è molto progressiva e si riflette in un comportamento vivace e interessante per una bici con 120mm di escursione. La trasmissione, come si intuisce dal nome dell’allestimento, è una SRAM X01 Eagle a 12 velocità, con corona da 34 denti.

Le ruote sono RaceFace Turbine R30, con cerchio dal profilo asimmetrico da 30mm di larghezza interna e mozzi Boost su entrambe le ruote, particolarmente scorrevoli e con una ruota libera dall’ingaggio prontissimo. Copertoni Maxxis Tubeless Ready, che 4Guimp ci ha premurosamente montato con valvola UST e lattice: un High Roller II EXO 3C da 2.3″ all’anteriore e un Ardent 2.25″ al posteriore. Per la prima volta ho avuto l’occasione di utilizzare dei freni SRAM Level TLM, che si sono rivelati molto performanti, con una frenata affidabile e adeguatamente potente ma soprattutto molto modulabile. I rotori sono Centerline, da 180mm di diametro all’anteriore e da 160mm al posteriore.

Trattandosi di un evento della durata di 24h, ho cercato di accessoriare la bici nel migliore dei modi per non avere sorprese durante i giri di gara, accorgendomi di essermi dimenticato qualcosa al paddock, per cui ho fissato il più possibile direttamente sulla bici, tenendo in tasca solo il minitool PRO a 15 funzioni. Portaborraccia con borraccia da 650ml. Alla base del portaborraccia il supporto per la minipompa PRO Team Hose, per il quale ho dovuto sostituire le viti del telaio con 2 viti più lunghe che fossero in grado di attraversare sia il portaborraccia che il supporto della minipompa. Al telaio ho fissato tramite del semplice nastro adesivo una camera d’aria leggera e 2 cacciagomme in plastica.

Sperando di relegare la camera d’aria a ultima soluzione in caso di foratura, ho montato al posto dei tappi delle manopole Devinci il kit Sahmurai SWORD, per riparare quei tagli del copertone che il lattice da solo non riesce a tappare. Sul lato sinistro ho inserito il tappo a expander che include il puntale a lima per preparare il foro, mentre il tappo a expander con l’ago, con il verme di riparazione già inserito e pronto all’uso, è andato sul lato destro del manubrio.

Alle 15 di sabato prende il via la gara Team, subito dopo le premiazioni della Solo, ovvero della 24h di Finale affrontata in solitaria, che in questa edizione era valida come Campionato del Mondo WEMBO (World Endurance Mountain Bike Organization) e ha visto trionfare il canadese Cory Wallace e l’italiana Gaia Ravaioli. La partenza della 24h di Finale prevede 500m di corsa a piedi da parte di uno degli 8 componenti del gruppo, che una volta arrivato in area cambi, passa il testimone (il chip transponder) al componente del gruppo che affronta il primo giro in bici. Il mio turno di partire è arrivato circa alle 17.30. Posiziono la bici in area cambi, sul cavalletto contrassegnato con il numero di tabella del gruppo, e attendo l’arrivo del mio compagno che sta per concludere il suo giro. Mi passa il chip, recupero la bici dal cavalletto, esco a piedi dall’area cambi spingendo la bici, come da regolamento, e salgo in sella cominciando a pedalare a pieno ritmo.

Ho ritirato la bici il giorno prima della gara, giusto il tempo di settarla, quindi non ho avuto modo di provarla a fondo e in pratica la sto scoprendo durante questo primo giro. Mi rendo conto che si pedala molto bene e mi ritrovo a spingere molto sui pedali, tenendo un ritmo elevato che presto mi porta a superare diversi concorrenti. Sto utilizzando entrambe le sospensioni in posizione intermedia, per sfruttare la stabilità data dalla frenatura idraulica. Arrivo a circa metà del giro continuando a tenere un ritmo elevato in relazione alla mia preparazione ma il clima caldo e afoso non mi è favorevole, non riesco a sudare adeguatamente a causa dell’umidità e non disperdo calore, quindi mi sento letteralmente bruciare. Le gambe girano bene nonostante non abbia fatto riscaldamento prima di partire ma solo un po’ di stretching in area cambi. Gradualmente inizio a calare il ritmo, non posso fare altrimenti dato che il cuore non recupera e non sta dietro alle gambe, che invece vorrebbero continuare a spingere. La bici sale che è una meraviglia, soprattutto nei numerosi tratti tecnici dove la manovrabilità si rivela eccellente, ma non posso pretendere le prestazioni di una front da XC, infatti alcuni crosscountristi mi superano nelle salite più ripide, dove non riesco a mantenere il ritmo. Poco male dato che alcuni li recupero e li supero nei tratti in discesa, dove mi diverto come uno scolaretto che si gode le vacanze dopo gli esami. La Django si guida con un’agilità disarmante e devo solo prestare attenzione al fondo estremamente secco e polveroso per non perdere grip sulla ruota anteriore, ma la posizione di guida intuitiva gioca a mio favore e riesco a mettere le ruote dove voglio, fortunatamente, dato che il tracciato a quest’ora è veramente trafficato. Chiudo il giro con 18 sorpassi effettuati e 6 subìti… un bilancio positivo.

Rientro in area cambi per consegnare il chip al mio compagno che proseguirà la gara e successivamente mi avvio verso il paddock per rilassarmi, cambiarmi gli indumenti zuppi di sudore e rinfrescarmi un po’. Arrivo giusto in tempo per la grigliata annaffiata da abbondante birra ghiacciata servita direttamente dal nostro frigorifero: quale recupero migliore? Trascorro la serata in compagnia di amici vecchi e nuovi e della mia compagna che ha avuto la pazienza di assistere a tutto l’evento. In attesa del mio successivo turno in bici, ho tempo per svagarmi e mi godo la musica del concerto che dal palco si diffonde per tutta l’area paddock e lo spettacolo del toboga dove, come da tradizione, si raduna il pubblico più smanioso di festeggiare, mentre la notte esplode di luci e colori, animata da maschere e costumi legati alla fiaba di Alice nel paese delle meraviglie, il tema di questa 19ª edizione della 24h di Finale, Bike in Wonderland.

Poco dopo le 23 è arrivato il momento del mio secondo turno, quindi dopo aver montato il faretto sul manubrio della bici, la lucina rossa posteriore sul reggisella e il frontalino sotto la visiera del casco, mi avvio all’area cambi per il passaggio di testimone. Affronto il giro in notturna con la consapevolezza dell’esperienza del primo giro, quindi conservo un po’ di energie, anche perché la temperatura è scesa di pochi gradi ma di contro l’umidità è aumentata ulteriormente. La stanchezza accumulata si fa sentire più delle birre ingurgitate ma il fisico risponde ancora bene, quindi affronto la prima parte divertendomi a un ritmo leggermente più blando ma tutto sommato allegro, dato che il mio team è attualmente terzo in classifica e voglio contribuire a conservare la posizione. Essendo il secondo giro comincio a prendere maggiore confidenza con la Django e a sfruttarla a dovere anche sulle salite tecniche dove supera le rocce finalesi in modo brillante, mantenendo precisione e guidabilità. Durante il primo giro mi sono reso conto che raggiungere la levetta dell’ammortizzatore non è un’azione immediata, a causa della posizione bassa dell’ammortizzatore e della borraccia molto vicina, quindi decido di lasciare le sospensioni aperte per tutto il giro, senza pentirmene, dato che il cinematismo della Django è molto stabile e ripaga con un’ottima trazione sul tracciato ostico coperto di pietre e polvere. Il percorso di gara è meno trafficato rispetto al giro precedente quindi perdo meno tempo nei sorpassi, sia effettuati che subìti, riuscendo di conseguenza a tenere il mio ritmo senza troppe distrazioni. Mi godo il passaggio al toboga incitato dalle urla della folla e rientro in area cambi per concludere il giro, stremato ma soddisfatto e arricchito dall’esperienza emozionante di girare in notturna in una location e in un contesto così stimolanti.

Mi dirigo al paddock dove metto immediatamente in carica la batteria del faretto principale, per evitare sorprese durante il giro successivo. Decido di andare in auto per riposarmi, ma nulla, non riesco a dormire. Rientro al paddock con abbondante anticipo rispetto al mio orario di partenza e mi preparo con calma per il terzo giro, mentre inizia ad albeggiare. Ricordo molto bene la sensazione surreale che ho provato mentre aspettavo di dare il cambio al mio compagno di team, pronto (per così dire) ad affrontare un altro giro mentre la notte iniziava a lasciare spazio al giorno senza che fossi riuscito a chiudere occhio. Il socio arriva devastato dalla stanchezza e da una brutta caduta e questo non mi ha certo aumentato l’entusiasmo. Parto con calma ma mi rendo conto di avere una certa rilassatezza mentale che mi permette di gestire bene tutta la prima parte del tracciato, pur andando un po’ più lento, ma senza sprecare le forze. La guida funziona quasi per automatismi e procedo a ritmo costante, con la Django che sembra ricordarsi il percorso tanto quanto me e scorre agile tra le curve, ma un po’ meno sulle salite più ripide, dove la stanchezza torna di prepotenza. Le luci servono solo per metà giro, poi le spengo, godendomi l’alba che filtra tra le nuvole su Varigotti prima e sul golfo di Noli poco dopo. Paesaggi incantevoli che in questa situazione insolita appaiono ancora più magici.

Rientro stremato dalla mancanza di sonno e da un ginocchio che continua a fare i capricci. Durante una doccia fresca e una bella tazza di moka prendo la decisione di non proseguire fermandomi a 3 giri. Non sarò il solo a prendere questa decisione dopo il 3° giro ma per fortuna possiamo contare su 4 atleti del nostro gruppo che compensano le nostre defezioni, continuando a girare fino alla fine della gara sotto al sole cocente e permettendoci di conservare un dignitoso 4° posto con il quale concludiamo la gara, su 90 team da 8 partecipanti. In chiusura festeggiamo banchettando con l’ultima grigliata di questa edizione 2017 della 24h di Finale Ligure, stremati ma felici, divertiti e arricchiti da questa grandiosa esperienza.

Devinci è distribuita in Italia da 4Guimp

24h di Finale

Commenti

  1. perdonami non avevo proprio letto quel pezzo di articolo!l'ho riletto ed ora mi torna...
    gran bici... io monto però un bel nobby nic all'anteriore, la HR2 non mi piace proprio per niente...
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