[Test] Devinci Django 2020

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A inizio settembre, Devinci ha presentato l’ultima versione della Django, la sua bici da trail che, come da tradizione del marchio canadese, dimostra una certa propensione per il divertimento in discesa. La nuova Django riprende in modo evidente le linee della Troy, la bici da all mountain di casa Devinci, creando una continuità di design all’interno della gamma che possiamo presumere verrà seguita dal prossimo aggiornamento della Spartan. Dotata di ruote da 29 pollici, la Django 2020 offre 120mm di escursione alla ruota posteriore, come il modello precedente, dal quale differisce però per l’escursione anteriore di 140mm invece che 130.



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Per il test, Devinci ci ha inviato una Django Carbon con allestimento GX LTD che rappresenta la seconda opzione della gamma a partire dall’alto, formata da quattro allestimenti con telaio in carbonio e due con telaio in lega di alluminio. La bici mi è stata consegnata a metà settembre quindi ho avuto quasi tre mesi per mettere alla prova a fondo la nuova Django, in diverse condizioni e intervenendo anche con qualche modifica per comprenderla al meglio.

Dettagli

  • Materiale telaio: fibra di carbonio
  • Formato ruote: 29″
  • Geometrie variabili: sì
  • Corsa anteriore: 140mm
  • Corsa posteriore: 120mm
  • Mozzo posteriore: SuperBoost 157×12
  • Mozzo anteriore: Boost 110×15
  • Interasse ammortizzatore: 190x45mm
  • Trasmissione: 1×12 (32t / 10-50)
  • Attacco portaborraccia: sì
  • Disponibilità del solo frameset: sì
  • Garanzia: a vita
  • Peso dichiarato: 13,68kg (con camere d’aria)
  • Peso rilevato con bilancia Park Tool: 13,52kg

Come anticipato, il telaio della nuova Django riprende in modo evidente le linee della Troy con un design molto elaborato e ricco di dettagli. Il carro e la biella, a differenza del modello precedente, sono ora in fibra di carbonio unidirezionale, così come il triangolo principale del telaio. Per la costruzione dell’intero telaio, Devinci sfrutta la tecnologia proprietaria denominata DMC-G (Devinci Monocoque Carbon Gravity), che prevede l’utilizzo di anime di EPS all’interno degli stampi e di una speciale resina epossidica addizionata di nanoparticelle. Il singoli pezzi del telaio Carbon vengono prodotti a Taiwan mentre il telaio viene assemblato e rifinito in Canada. Il telaio è disponibile anche in lega di alluminio 6061-T6. Tutti i telai sono coperti da garanzia a vita.

Superfluo precisare che il sistema di sospensione della Django sia lo Split Pivot, brevettato da Dave Weagle e di cui Devinci è il principale marchio licenziatario. Si basa su di un quadrilatero single pivot che vede il puntone di rinvio infulcrarsi con il carro in modo concentrico rispetto al perno ruota, sistema che consente di gestire efficacemente la quota di anti-rise per ottimizzare il comportamento della sospensione durante la frenata. L’intero cinematismo ruota su cuscinetti. La biella in particolare è dotata di cuscinetti a doppia fila di sfere e a doppia guarnizione che aumentano la rigidezza determinando quindi un funzionamento migliore dell’ammortizzatore che lavora ben allineato e anche una riduzione dell’usura dei cuscinetti stessi.

Il reparto sospensioni di tutti gli allestimenti della Django 2020 è affidato a FOX. Nel dettaglio l’allestimento GX LTD monta un ammortizzatore Float DPS EVol in versione Factory. La posizione Firm offre una frenatura molto marcata che determina un blocco quasi totale della sospensione. Il comportamento della sospensione si è dimostrato piuttosto lineare pur montando di serie uno spacer di ben 0.8in³ all’interno dell’ammortizzatore. Dopo diverse prove aumentando gradualmente la pressione rispetto al sag ottimale, ho sostituito lo spacer di serie con uno da 0.95in³, il più grande disponibile, così da avere una progressività e una resistenza ai fondo corsa lievemente maggiori riducendo al contempo la pressione per un sag tra il 25 e il 30%, in grado di restituire elevata sensibilità iniziale e un comportamento molto plush nello sconnesso.

In abbinamento all’ammortizzatore, anche la forcella è scelta dall’alta gamma di FOX, per la precisione si tratta di una 34 Float in versione Factory con cartuccia idraulica FiT4 e cartuccia dell’aria EVol. Per ciò che riguarda l’offset, Devinci ha sposato il concept della quota corta scegliendo per la Django la versione da 44mm. Così come ho fatto con l’ammortizzatore, anche per la forcella dopo diverse prove, ho trovato l’optimum intervenendo sul volume della camera dell’aria con l’aggiunta di un ulteriore spacer ai due già presenti di serie per guadagnare maggiore progressività ma in questo caso aggiungendo anche pressione rispetto alla normale quota di sag per un comportamento più pieno e sostenuto nella parte centrale della corsa.

Le ruote sono assemblate con componenti RaceFace. Devinci ha scelto la versione da ben 35mm di larghezza interna dei cerchi ARC, asimmetrici con 4,5mm di offset per i 32 fori dei nippli. I mozzi sono i Vault, robusti e scorrevoli. Per quanto riguarda le coperture, tutti gli allestimenti montano prodotti Maxxis. Nello specifico la GX LTD è equipaggiata con un Minion DHF da 2.5″ WT all’anteriore e un Minion DHR II da 2.4″ WT al posteriore, entrambi in mescola 3C e con carcassa EXO Tubeless Ready. Le Django vengono montate con camere d’aria ma all’interno della confezione viene fornita una coppia di valvole Tubeless così da poter trasformare facilmente le ruote, essendoci già il nastro sigillante applicato sui cerchi.

La trasmissione, come lascia intuire il nome dell’allestimento, è una GX Eagle di SRAM con guarnitura in alluminio dotata di corona a 32 denti e cassetta 10-50 che mette a disposizione della Django un range di rapporti adeguato alla destinazione d’uso. L’adozione della battuta SuperBoost 157mm del mozzo posteriore implica anche una guarnitura dedicata con adeguata linea catena, ulteriormente esterna di 3mm rispetto al tradizionale Boost. Ciò significa che anche il fattore Q, ovvero la distanza virtuale tra l’esterno delle punte delle pedivelle, risulta più largo di 5mm. Se sulle bici da enduro il fattore Q più ampio si nota meno in pedalata e potrebbe anche fornire un impercettibile vantaggio di stabilità in discesa, su una bici che va pedalata a lungo come una trail, la differente posizione dei piedi si fa sentire maggiormente, ma dopo qualche uscita ci si fa l’abitudine.

Anche l’impianto frenante è affidato a SRAM, con gli onnipresenti Guide, qui nel modello G2 aggiornato e nettamente migliorato rispetto ai precedenti modelli, tuttavia ancora non completamente esente da noie di surriscaldamento e fading. L’allestimento GX LTD in test monta la versione RSC dei G2, quindi la più evoluta in termini di regolazioni, abbinata a rotori Centerline da 200mm di diametro su entrambe le ruote che, a dispetto di quanto si possa pensare, non risultano sovradimensionati per una bici da trail ma perfettamente adatti a compensare la potenza frenante dei G2.

La combo del cockpit è composta da componenti top di gamma di RaceFace con standard di diametro 35mm e prevede un manubrio Next R 35 in carbonio da 20mm di rise e 800mm di larghezza, quindi decisamente incline alla discesa, sorretto da un attacco manubrio Turbine R 35 da 50mm di lunghezza. Generalmente preferisco utilizzare attacchi manubrio più corti, soprattutto in abbinamento a un manubrio così largo, per un comportamento dello sterzo più fluido e di conseguenza un controllo più preciso e immediato dell’avantreno, sia in salita che in discesa. Per questo motivo, dopo aver provato a fondo la Django con il suo attacco manubrio di serie, l’ho sostituito con uno da 37mm di lunghezza, notando un miglioramento in termini di maneggevolezza, soprattutto nel tecnico, ma più in generale una maggiore confidenza e un controllo più intuitivo dello spostamento del peso durante la guida.

Come le sospensioni, anche il reggisella è fornito da FOX, con il suo Transfer in versione Performance abbinato a un comando remoto RaceFace Turbine R 1x. Devinci prevede di installare il comando remoto tramite il suo collarino ma, vista la presenza dei freni SRAM, in fase di montaggio ho preferito sfruttare la predisposizione MatchMaker del comando RaceFace utilizzando l’apposito supporto recuperato in un cassetto dell’officina per migliorare la pulizia e l’ergonomia della consolle comandi. Per ciò che riguarda l’escursione del reggisella, ogni taglia prevede una misura specifica: 100mm per la XS, 125mm per la S, 150mm per la M e 175mm per le taglie L e XL. La taglia M in test monta quindi un 150mm ma, come si evince dalla fotografia, il tubo sella del telaio particolarmente corto e dritto avrebbe consentito di montare anche un reggisella di escursione maggiore. La sella è il modello Radar, prodotta da SDG con il logo Devinci.

Generose e di ottima qualità le protezioni disposte nei punti critici del telaio. Innanzitutto sotto al tubo obliquo è posizionato un ampio, spesso e robusto guscio in poliuretano che lo ripara da qualsiasi tipo di urto, anche il più violento. Purtroppo resta scoperta la scatola del movimento centrale, ma durante il test non mi è mai capitato di colpirla. Il guscio ha la finezza estetica di avere una sua sede ribassata all’interno del tubo obliquo quindi, guardando di profilo il telaio, non si nota alcuna sporgenza creata dall’aggiunta del materiale di protezione.

Lo stesso materiale è utilizzato per la protezione dei foderi bassi del carro. Sul lato della trasmissione, il carro è protetto sia sul lato esterno e inferiore che sul lato superiore da due gusci distinti. Il primo serve a ripararlo dagli sfregamenti del tallone della scarpa o da eventuali pietre alzate durante la guida. Il secondo è necessario ovviamente a salvaguardarlo dagli urti della catena e, grazie alle sagome in rilievo sul poliuretano, si rivela utile nel ridurre efficacemente la rumorosità stessa della catena.

Anche dal lato disco del carro è presente la medesima protezione del fodero basso che troviamo sul lato trasmissione, anche in questo caso adibita a proteggere il carro da eventuali sfregamenti della scarpa. Personalmente non mi è mai capitato che il carro interferisse con i talloni durante la guida, anche perché alla battuta SuperBoost del mozzo posteriore corrisponde comunque un fattore Q delle pedivelle maggiore che quindi esclude questo rischio.

La posizione verticale dell’ammortizzatore nel sistema di sospensione Split Pivot della Django concede abbondante spazio per la borraccia, quindi si può scegliere di adottare sia portaborraccia a estrazione laterale o sistemi di aggancio alternativi tipo Cageless o Fidlock, tanto quanto un portaborraccia tradizionale, che risulta sfruttabile anche con borracce di capienza generosa, senza interferire con il top tube nonostante questo sia particolarmente sloped.

Per distribuire le guaine e le tubazioni in modo ordinato e funzionale, mantenendo una posizione precisa una volta uscite dalle leve dei freni e dai comandi al manubrio, la Django dispone di pratici fermagli dedicati, marchiati con il logo Devinci.

Successivamente guaine e tubazioni fanno il loro ingresso all’interno del telaio tramite un’ampia porta in plastica fissata al telaio tramite una vite a brugola e dotata di asola per fissare i cavi per mezzo di una fascetta. Il passaggio all’interno del triangolo anteriore della Django non è guidato ma gli ampi accessi sia in entrata che in uscita consentono di passare in modo piuttosto agevole e tutto sommato semplice le tubazioni attraverso il telaio, aspetto che posso confermare dato che la Django in prova mi è stata consegnata come telaio con tutti i componenti separati e ho provveduto personalmente a montarla.

Per evitare che sbattendo all’interno del telaio possano creare rumore, le sezioni dei cavi che corrono all’interno del telaio sono inguainate in spessi e soffici tubi di neoprene. Uscito dal telaio in fondo al tubo obliquo, il passaggio della guaina del cambio e la tubazione del freno, prima di diramarsi verso il carro, è gestito ordinatamente da un apposito supporto fissato al perno inferiore dell’ammortizzatore che ha inoltre la funzione di rondella per ciascun lato al fine di agevolare l’inserimento degli adattatori distanziali e rendere più semplice l’intervento sui flip chip delle geometrie.

Sul lato della trasmissione, la guaina del cambio passa all’interno del fodero basso mentre sul lato del disco, prima di inserirsi all’interno del fodero basso, la tubazione del freno è tenuta saldamente in posizione dalla clip a C di un fermacavo fissato all’interno del perno del carro. Su entrambi i lati i passaggi all’interno del carro sono guidati.

Geometrie

Come da tradizione Devinci, le geometrie del telaio sono regolabili tramite un flip chip. Nel caso della nuova Django, questo flip chip è collocato in corrispondenza del perno di ancoraggio inferiore dell’ammortizzatore al telaio, a differenza del modello precedente della Django nel quale il flip chip era posizionato nella sede del perno di giunzione tra il fodero alto del carro e la biella. La variazione delle geometrie ottenuta agendo sul flip chip è di mezzo grado per gli angoli di sterzo e sella e di 6mm per l’altezza del movimento centrale.

Le geometrie sviluppate da Devinci per la Django non sono particolarmente aggressive e progressiste, anzi sono moderatamente conservatrici, bilanciate e neutre. Si tratta di una scelta voluta da parte di Devinci affinché la nuova Django rispecchi la destinazione d’uso trail e risulti largamente trasversale come pubblico al quale si rivolge, dal rider poco esperto al pro dalla guida aggressiva.

Salita

Da una trail bike da 29 pollici ci si aspetta delle buone prestazioni da scalatrice e la Django non disattende le aspettative. Nonostante un peso leggermente superiore alla media, unico neo dell’ultima nata di Devinci, imputabile indubbiamente alla declinazione discesistica dell’allestimento, la Django si lascia pedalare piacevolmente sulle lunghe salite con un’apprezzabile scorrevolezza e una posizione in sella confortevole e molto naturale. Fatta eccezione per un paio di tentativi, ho utilizzato la bici praticamente sempre nella posizione Low dei flip chip che ho preferito per via delle quote geometriche maggiormente equilibrate seppure già piuttosto conservative, mentre le quote della posizione High le ho trovate poco attuali e limitanti rispetto al potenziale stesso della Django.

Nelle salite tecniche la Django si è dimostrata divertente e capace, molto agile e precisa sull’avantreno, caratteristiche ulteriormente migliorate dopo aver sostituito l’attacco manubrio con uno più corto. Sul ripido è ben piantata a terra su entrambe le ruote e risulta sempre scattante. La ruota posteriore offre ottima trazione a fronte di una leggera ma poco fastidiosa oscillazione in pedalata della sospensione. L’ammortizzatore dispone di un blocco quasi totale che si sfrutta benissimo sulle salite scorrevoli mentre nello sconnesso la posizione intermedia è calibrata abbastanza bene per gestire la stabilità della sospensione e al contempo l’assorbimento degli urti.

Discesa

Se in salita la Django si è rivelata intuitiva fin da subito, in discesa ho avuto bisogno di qualche uscita per prendere piena confidenza e trovare la posizione di guida più efficace. L’angolo di sterzo non è particolarmente aggressivo quindi è importante non caricare troppo l’anteriore e restare centrali per sfruttare al massimo la maneggevolezza e la precisione che sono i principali punti di forza nella della nuova Django. Intervenendo sulla forcella sono comunque riuscito a migliorare la risposta dell’avantreno dato che anche la geometria restava più stabile riducendo l’affondamento involontario, quindi impostando una maggiore frenatura in compressione e inserendo uno spacer in più e una maggiore pressione nella camera dell’aria.

Per quanto riguarda la sospensione posteriore invece l’adozione di uno spacer di dimensioni maggiori si è resa necessaria per limitare i frequenti fondocorsa evitando di dover aumentare la pressione dell’aria per non inficiare le eccezionali doti di sensibilità del sistema di sospensione. Purtroppo la diminuzione di volume tra lo spacer di serie (0.8in³) e il più grosso utilizzabile (0.95in³) è minima ma ha comunque sortito un effetto soddisfacente, migliorando la curva di compressione del cinematismo e il suo rendimento su tutta la corsa. In particolar modo nei tratti sconnessi e veloci ho apprezzato la sensibilità e la capacità di assorbimento dello Split Pivot della Django che mantiene il retrotreno molto stabile aiutando ad acquistare velocità grazie all’ottimo superamento degli ostacoli. Un angolo di sterzo leggermente più aggressivo si sarebbe sposato meglio con la capacità della sospensione posteriore di gestire le velocità elevate, dato che il limite in queste situazioni è proprio l’avantreno un tantino nervoso.

Il carro invece, molto preciso in ogni situazione di guida, non risulta affatto nervoso nonostante sia particolarmente rigido e, soprattutto, nonostante la poca escursione. Ricordiamoci infatti che stiamo parlando di una bici da trail con 120mm di escursione che, per quanto possa essere performante in discesa, non è nata per divorare percorsi da enduro ma per districarsi nei sentieri di montagna, tecnici, sconnessi e plausibilmente da affrontare a velocità più contenute. Difatti in queste situazioni la Django brilla per precisione su entrambe le ruote con il pieno controllo e una spiccata maneggevolezza che la rende piacevole da guidare e molto intuitiva, soprattutto con lo stem più corto rispetto a quello di serie.

Conclusioni

La nuova Django si trova a suo agio nel ruolo della piccola enduro ma è nel tecnico che offre il meglio di sé, sia in salita che in discesa. Predilige una guida fluida e non troppo nervosa ricambiando con tanta maneggevolezza e precisione ma sa anche essere aggressiva in relazione alla destinazione d’uso. La qualità della costruzione e la cura dei dettagli sono di alto livello e l’allestimento è adeguato al carattere vivace della bici.

Allestimenti e prezzi

Django Carbon 29 X01 – €8.699
Django Carbon 29 GX LTD – €6.099
Django Carbon 29 GX – €5.399
Django Carbon 29 NX – €4.599
Django Carbon 29 telaio – €3.299
Django 29 GX 12s – €3.699
Django 29 SX/NX 12s – €2.899

Devinci

Commenti

  1. Alexrcl:

    Non ricordo la recensione di una bici da 6000€ che non sia positiva nell’insieme...:smile: neppure quando presenta soluzioni assurde come le gomme da trattore già menzionate da altri...
    Di questi tempi per fare una bici che non funzioni bisogna proprio mettercisi di impegno. A differenza di qualche anno fa, in cui le recensioni servivano a decretare se un mezzo era performante oppure no, negli ultimi anni il criterio di una recensione è più che altro quello di comprendere dove la bici riesca a eccellere e dove invece, pur funzionando bene, possa essere migliorata (vedi in questo caso la lunghezza dello stem, gli spacer all'interno di entrambe le sospensioni e l'angolo di sterzo, aspetti che ho ampiamente sottolineato nell'articolo). Inoltre, dato che le recensioni servono principalmente a chi deve acquistare (oltre ovviamente a offrire spunti di sarcasmo ai vari commentatori di ruolo), è importante individuare l'indole di una bici per poter indirizzare gli acquirenti verso la scelta giusta tra tutti i competitor sul mercato a parità di destinazione d'uso.
    Per ciò che riguarda i copertoni invece, avrei montato esattamente gli stessi prodotti con le stesse caratteristiche, che sono la mia combinazione ideale... e sono tutt'altro che "assurde gomme da trattore".
    Sulla larghezza dei cerchi concordo invece che 35mm (non 34) siano tanti dato che personalmente non sono un fan dei cerchi molto larghi, ma non è un aspetto che ha influito sulle prestazioni della Django durante il test. In ogni caso è proprio per le bici escursionistiche e ricreative come quelle da trail che queste misure hanno mercato, perché su bici più race oriented come enduro, XC e DH, le misure sono inferiori.
  2. marpa:

    La bici e’ molto bella ma anche secondo me la geometria e‘ un po’ troppo conservativa. Un angolo sterzo leggermente più aperto darebbe sicuramente piu‘ sicurezza in discesa ai biker meno esperti senza troppi sacrifici in salita
    imho 66.5 per una trail (e sottolineo trail) da 29" sono più che sufficienti.
    Non condivido la filosofia del biker meno esperto che risolve le sue insicurezze con un mezzo con angolo più aperto. Per risolvere quel problema servono pratica e allenamento (e qualche corso di guida può servire).
    A parità di filosofia progettuale i "sacrifici in salita" sono inversamente proporzionali all'angolo di sterzo (oltre ad altri fattori ovviamente). e 1° fa già una bella differenza. Non ci sono mantra markettari che tengano su questo aspetto. Altrimenti saremmo in giro tutti con angoli da chopper.
  3. mirc0:

    Io non le ho mai utilizzate. Ho delle "tradizionali" 2.3 con canale 27. La mi idea è che con un po' di pratica si possano tranquillamente usare le 2,2-2,3 per trail e beneficiare dei relativi vantaggi in salita (che è parte rilevante dell'utilizzo trail). Come ho detto nel precedente msg se l'obiettivo di una gomma larga (2,5-2,6) è colmare le lacune tecniche del biker non ci vedo molto senso.
    Comunque al prossimo cambio anteriore vedo se riesco a montare una gomma più larga e passo dalla teoria alla pratica ;-)
    Per me è il contrario, a me la pratica serve per riuscire a guidare dei canotti come le 2.5 wt che sono immense. L'ho avuta per 2 volte e la sensazione era quella di essere trasportato da lei, sicuramente sgradevole per come intendo io la mtb e soprattutto una bici da trail ed era su cerchio da 30.
    Sono convinto che la mia scarsa tecnica mi impedisca di sfruttare a pieno gomme cosi larghe, con le 2.3 ho un controllo del mezzo migliore.

    Per lo stesso motivo adesso uso le 2.3 anche sulla enduro
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