[Test] Sellotto, la noseless italiana

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Come iniziare una recensione di una sella strana? Bella domanda…

Sarò sincero, se siete troppo giovani, se siete in salute, se siete troppo Riders, o troppo “poser”, se possedete mezzi troppo “PRO”, e praticate enduro, freerider, downhill, cross-country ad alti livelli, o semplicemente avete un senso estetico normale, ecco quello che leggerete non vi interesserà.



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Oppure no?

Non la voglio tirare a nessuno sia ben chiaro, ma in percentuale molti ciclisti, dai semplici amatori ai professionisti, incappano in maniera più o meno importante in problemi legati alla seduta in bici. La sella, si sa, tra i componenti della bici è in assoluto la più personale, è quella che cambiamo più di frequente per cercare di trovare l’unione perfetta tra lei e il nostro sacro didietro.
Ora sarò ancora più sincero, sicuramente la maggior parte di noi non la cambierebbe mai con questo tipo di selle.

Le noseless, così si chiamano le selle “senza naso”, non piacciono, danno sempre l’idea di essere la tipica seduta per il pensionato; molti dei riders più giovani penseranno “Ecco!!! Ho trovato il regalo giusto per mio nonno!”. Nessuno e dico nessuno dopo avere speso una fortuna vera e propria per comprarsi la bici dei sogni, magari togliendo la possibilità anche ai propri figli di andare all’università (ma loro ancora non lo sanno), passando notti intere a pensare quale sia il miglior abbinamento cromatico per le grafiche, forcella, ammortizzatore, cerchi, telaio, oserebbe montarne una!

Ve la immaginate una Mondraker Foxy R, una Yeti SB130 oppure una Specialized Epic S-Works con una noseless? Ecco l’ho detto, è un vero sacrilegio. Insultatemi pure, me lo merito. Ma allora perché comprarle e perché scriverne? Cercherò di spiegarvelo.

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Quando è arrivato a casa il pacco e aprendolo mi sono ritrovato tra le mani Sellotto, la mia espressione è stata tra lo scettico e il perplesso. Ammettiamolo esteticamente non è il massimo, la forma ricorda appunto quella di un otto, da qui il simpatico nome. La prima impressione è di una sella economica, senza troppe pretese, e la filosofia costruttiva è quella tipica di molte noseless di oltre oceano, come la “Spongy Wonder” e la “Spiderflex”.

Facciamo un passo indietro che cosa sono le noseless?

Le selle “senza naso” sono state inventate con il chiaro intento di liberare i genitali e la prostata dalla compressione della punta. Questo favorirebbe una migliore circolazione sanguigna in quel distretto corporeo salvandolo anche da compressioni e microtraumi ripetuti. Tutto ciò salverebbe e salvaguarderebbe parti molto delicate del nostro corpo da infiammazioni e quindi da problemi di salute. Eliminando il terzo punto di appoggio di una seduta tradizionale, si delega solamente ai glutei, anzi alle ossa ischiatiche, l’appoggio del bacino e del corpo sulla sella. L’ho detta in maniera un po’ grossolana, ma spero che ci siamo capiti, sul web comunque troverete moltissima letteratura che ne sviscera i benefici.

Ma torniamo alla nostra noseless. Scrivo “nostra” perché si fregia di essere totalmente made in Italy, sia l’assemblaggio che i materiali, tanto è vero che fa mostra di un’etichetta tricolore che ne specifica la manifattura. Guardandola bene si nota la semplicità di costruzione e la bontà dell’assemblaggio, e qualche piccolo difetto ci fa capire che ci troviamo davanti ad un prodotto più artigianale che industriale, e questo mi piace.

Specifiche tecniche

Il modello che ho testato è una pre-produzione, e dovrebbe corrispondere al modello Giro in catalogo. Le sue dimensioni sono 205X100 mm e 100 mm di altezza (io ne misurato qualcuno in meno), comunque una quota abbastanza rilevante rispetto alle selle tradizionali, quindi attenzione ad un eventuale montaggio su un telescopico, calcolate bene gli ingombri relativamente all’escursione massima del vostro reggisella idraulico.

Rispetto agli altri modelli in catalogo, Giro vanta una seduta più ridotta, proprio per essere indirizzato a un uso meno turistico e un po’ più specificatamente sportivo. La prima cosa che ho notato è un non perfetto tiraggio del rivestimento in eco pelle, niente di drammatico solo una pignoleria da uomo della vergine, sicuramente un problema unicamente della mia.

Al contrario lo stesso rivestimento è ben cucito allo scafo e ha una trama che offre un ottimo grip, fondamentale dal momento che la seduta è leggermente inclinata in avanti di qualche grado. L’imbottitura invece è in gel e poliuretano poco morbido, corrisponde alla sigla S1 che secondo i criteri del marchio, è quella più dura in catalogo, personalmente la ritengo ancora soffice. Il carrello di fissaggio è in acciaio ed è incollato con colla 3M allo scafo. Il peso che ho rilevato è di 430gr circa, mentre sul sito sono dichiarati 390gr. Guardandola dall’alto si notano sotto il rivestimento due generosi incavi tondi sulla seduta, che servono per appoggiare, anzi mi correggo, hanno il compito di accogliere le proprie ossia ischiatiche.

Montaggio

Posizionare e montare Sellotto non è complicato, la seduta è già inclinata in avanti di qualche grado, quindi prendete sempre come riferimento il carrello di fissaggio, inizialmente posizionatelo centralmente al reggisella e parallelo al terreno, non inventatevi altre maniere come ha fatto il sottoscritto, sono solo controproducenti. Infatti la prima impressione appena montata e salito in bici è stata quella di scivolare in avanti, quindi ho cercato di ridurre l’inclinazione della seduta rendendola più orizzontale e più tradizionale, ma dopo aver pedalato per buoni 10 minuti, ho rimesso tutto come prima e tutt’ora è rimasto così. Potete cercare eventualmente e successivamente qualche microregolazione, soprattutto se la monterete su un full, in cui bisogna sempre calcolare la quota minima di affondamento dell’ammortizzatore quando si è seduti.
Sul loro sito potrete trovare un lungo e dettagliato vademecum sul montaggio e regolazioni varie.

Sul campo

Bene, una volta montata non rimane che provarla e pedalare, e come viene consigliato anche con le istruzioni che mi sono arrivate via mail, bisogna andare per step e usare la sella inizialmente con brevi uscite e poi gradualmente aumentare i km e le ore di utilizzo. Niente di più sensato, visto che bisogna superare lo shock iniziale di abituarsi alla seduta particolare di una noseless, vi sentirete scivolare in avanti e senza l’appoggio della punta della sella caricherete di più il peso sulle braccia e sullo sterzo. Non è niente di drammatico, anche se all’inizio questo carico extra sull’anteriore vi sembrerà ingestibile dopo poco ci farete la mano e alla fine riuscirete a trovare il giusto equilibrio distribuendo il peso uniformemente sul bacino, piedi e braccia.

Pedalando la prima impressione è stata di sollievo, effettivamente non avere nessuna compressione nella zona perineale non è male, anche la pedalata senza l’ingombro della punta sembra molto più rotonda e il movimento di spinta sui pedali risulta essere anche più incisivo, insomma è un bell’andare senza lo sfregamento continuo dell’interno coscia sulla sella, è un po’ strano ma molto confortevole.

L’unica particolarità a cui mi non mi sono mai abituato è la flessione laterale che si innesca quando si spingono i rapporti più duri. Mi è stato garantito dal suo ideatore che è tutto nella norma, la flessione è un effetto voluto per coadiuvare la pedalata. Sarà, ma a me non convince del tutto, io ho un’altezza e un peso medio, se flette con me figuriamoci quanto si accentua con utenti più alti e pesanti. Quello che mi da più fastidio è l’effetto di rimbalzo continuo che viene innescato dalla flessione della struttura.

In salita

La musica inizia un po’a cambiare, pedalando in fuori sella non ci sono problemi, bisogna solo prendere le misure per quando ci si risiede, infatti abituati al naso della sella tradizionale le prime volte è un po’ più complicato fare centro perfetto al primo colpo. Mentre se siete abituati a pedalare seduti in punta di sella nelle salite con più pendenza, questo non è possibile, ma da seduti però potrete spingere e affondare sui pedali con ancora più incisività grazie all’allungamento extra delle gambe in fase di spinta, garantito da questo tipo di seduta. Mi sono stupito di come sia riuscito a superare rimanendo seduto diverse salite di una certa pendenza, alcune anche discretamente tecniche.

In curva

La musica cambia decisamente, non c’è la punta della sella con cui ci si aiuta per piegare la bici, l’unica soluzione è stata appoggiarmi con l’interno della gamba sul telaio, soprattutto per curvare con decisione. Nelle istruzioni sul sito si fa riferimento di usare l’eventuale sporgenza anteriore dei binari di supporto, sinceramente è impossibile da raggiungere, perché troppo scomodo e la superficie è troppo esigua.

In discesa

La musica finisce. Eh già, perché appena ti trovi davanti ad una discesa un po’ tecnica e automaticamente ti alzi sui pedali e ti accorgi improvvisamente di non avere più la punta della sella, ti scatta subito il panico! Almeno è stato così per me, infatti facendo uno dei soliti percorsi di allenamento, forse per la troppa confidenza presa con Sellotto, mi ero totalmente dimenticato di questo particolare fondamentale. Anche qui dopo varie discese percorse pregando molte divinità di tutte le parti del mondo, ho trovato utile per avere un po’ di controllo della bici appoggiare minimamente le cosce al bordo anteriore della sella, sulle discese molto veloci e lunghe aiuta notevolmente a stabilizzare la bici.

“Abituarsi” è la parola che mi viene in mente se penso a tutto il periodo di prova in cui ho testato Sellotto. Durante i mesi invernali l’ho montata su una bici gravel, per prendere confidenza, poi verso la bella stagione mi sono convinto di provarla su una MTB e cosa è successo?

Purtroppo tutte le sensazioni di grande feeling che avevo riscontrato fin dall’inizio, si sono attenuate. Eh già perché la Giro forse è progettata per una seduta più sdraiata in avanti, tipica di bici da strada, quindi per una gravel va ancora bene, mentre su una moderna MTB con geometrie attuali, almeno come la mia con un attacco manubrio corto, e con una posizione più eretta trovare il giusto compromesso per stare comodi diventa molto più complicato.

Ho dovuto impiegare diverse uscite per abituarmi, cosa che sulla gravel non mi era capitato, anzi vi posso assicurare che mi ero riuscito a trovare subito bene già alla prima uscita di prova, addirittura nel giorno più ventoso di questo inverno.

Cosa è peggiorato nel passaggio sulla mtb?
L’effetto rimbalzo dovuto alla flessione della struttura nei percorsi più accidentati con pietre e radici diventa a volte insopportabile, poi la guida e il controllo in discesa della bici nei tratti più tecnici si trasforma da una sfida di equilibrio ad una di sopravvivenza. L’ingombro di Sellotto è elevato e spesso è d’intralcio quando si cerca di arretrare con il corpo per copiare qualche gradone.

Anche la sensazione di sbilanciamento in avanti peggiora, e prendere un sorso d’acqua dalla borraccia diviene stranamente difficoltoso.

Ma va tutto male? Non esattamente, in salita tutto rimane invariato come già vi ho descritto, e in pedalata anche con qualche rimbalzo di troppo e uscite di prova extra per trovare la giusta posizione la sensazione di comfort rimane tale, quindi non tradisce lo scopo per cui è stata progettata. Insomma forse era tutto scontato, in percorsi con fuoristrada impegnativi dove la guida e la tecnica sono fondamentali, questo tipo di seduta va in crisi.

Conclusioni

Ma a chi è rivolto questo prodotto? Non a tutti certo, è un prodotto di nicchia, ed è utile a chi serve, cioè ai riders e ciclisti che per i più svariati motivi sia di salute e non, hanno problemi con le selle tradizionali, anche con quelle più costose, anche quelle che garantiscono di risolvere i fastidi da compressione prostatica e invece non lo fanno.

Come ho scritto all’inizio, in tono scherzoso ma veritiero, l’uso della Giro non è l’ideale per il professionista o l’amatore evoluto che pratica enduro, downhill o cross country, ma potrebbe essere più idoneo per il bikepacking, per chi vuole macinare chilometri in un viaggio su strade sterrate, o anche per un uso trail molto, molto rilassato, e soprattutto sarà l’ideale per tutti quei rider che per motivi di salute hanno dovuto mollare la MTB. Potrebbe essere una delle alternative a tutto ciò che propone il mercato delle selle “non tradizionali”.

Il punto fondamentale è se questa “nonsella” sia adatta ad essere usata in ambito MTB, oppure può essere relegata solo ad un uso turistico ed amatoriale. In realtà Sellotto con questo modello Giro ha cercato di fare un passo avanti verso una clientela che usa la bici in maniera più sportiva, ha cercato di diminuire le dimensioni e gli ingombri, quindi tenendo conto delle limitazioni e dei benefici che vi ho descritto, tralasciando le sezioni più tecniche in discesa, e dimenticandovi una guida più “fun” ed aggressiva (a meno che non vi piacciano le sensazioni forti o vi chiamate Danny MacAskill), si può fare.

Il progetto è ancora giovane, e il marchio è nato da pochi anni e spero vivamente che abbia la possibilità di migliorarsi, anche se sto scrivendo di un prodotto finito e in vendita, a me sembra di essere lo stesso di fronte ad un prototipo, a qualcosa che potrebbe essere molto migliorato, magari un giorno potrebbe avere il peso, l’estetica e la tecnologia per essere montata su una mountain-bike di livello e non sfigurare assolutamente.
Me lo auguro visto le buone basi di partenza del progetto, l’entusiasmo e la dedizione di chi lo sta portando avanti.

Conclusioni personali

Anzi personalissime. Non dovrei scriverle, ma visto che sono stato uno di quei ciclisti che ha dovuto mollare la propria passione, per un lungo periodo, a causa di problemi di salute legati all’impossibilità di pedalare su una sella tradizionale, vorrei esprimere qualche altro concetto. In realtà Sellotto montata sulla mia gravel mi ha convinto e mi è piaciuto forse dopo i primi 30 minuti che ci ho pedalato sopra, tra le noseless che ho provato è risultata quella più comoda e più intuitiva.

Ha un prezzo tutto sommato abbordabile se fosse qualche euro in meno sarebbe perfetto, comunque rimane un grande pregio, perché la si può acquistare e provare senza la preoccupazione di avere speso una fortuna. Sembra superfluo, ma quando inizi la tua personale odissea tra le più strane e diciamo esotiche (per non dire orribili) soluzioni di noseless, spendere soldi per qualcosa difficilmente rivendibile in caso di errore è un vero problema. Quindi tanto di cappello per la politica molto onesta che adotta Sellotto, per cui c’è anche la possibilità di essere rimborsati dei soldi se una volta acquistato un loro articolo entro un certo periodo non ci troviamo bene e non “scatta l’amore”.

Altro punto a favore è l’essere prodotta in Italia, e non in qualche garage o piccola fabbrichetta di oltreoceano, o in qualche super ditta e poi comunque fabbricata in Cina, quindi se si hanno richieste specifiche o dubbi, c’è la possibilità di rivolgerci direttamente al disponibilissimo Franco Massi, l’ideatore di Sellotto, anche per telefono e lasciar perdere chilometriche mail in inglese per capire se quello che vuoi acquistare può arrivarti in Italia e quali siano le reali specifiche tecniche.

Dopo averla provata e usata per diversi mesi, alla fine me ne sono fregato se esteticamente non è il massimo, se più che un otto, mi ricorda un fagiolo, così come me ne frego dell’estetica e delle apparenze quando devo indossare il mio tutore per il ginocchio malconcio, non devo andare a fare una sfilata ma devo andare a sporcarmi sui sentieri.

Quindi l’importante per un componente non è che sia solamente bello, ma anche che sia pratico e faccia il suo lavoro, cioè permettermi di andare in bici e godermi un’uscita. Ecco Sellotto va interpretato in questa maniera, lo considero come un accessorio in più, una specie di “dispositivo medico”. Potrebbe diventare una seconda sella da affiancare alla mia attuale. Così se durante i periodi dell’anno dovessi avere una ricaduta per problemi di salute potrei contare tra le varie soluzioni su questa noseless, magari dovrò limitarmi con la scelta dei percorsi e affrontare le discese troppo tecniche con il piede a terra, ma avere la possibilità di non dovere smettere di pedalare è sempre una gran bella notizia.

Sellotto.it
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Commenti

  1. Mi auguro di non doverne aver bisogno !
    Del punto di vista costruttivo e di finiture sembrerebbe ci possa essere ancora margine di miglioramento .
  2. Keru:

    Io ho risolto qualche problemino con questa: https://www.selleism.it/contents/it/p48_ISM_Adamo_Peak-der_perfekte_MTB-Sattel.html
    dopo essere passato a SMP ed avere dovuto fare un paio di mesi di stop forzato comunque, ho cambiato con l'ISM e praticamente mi è scomparso tutto. Ora sono qualche anno che pedalo senza problemi - e in discesa praticamente non cambia niente.

    Per la cronaca facico enduro - e mi ha aiutato anche l'eliminazione del fondello paradossalmente.
    qui si vede come ,quando si parla di selle tutto è soggettivo, io dopo un po' di seri problemi prostatici una decina di anni fa' avevo provato un po' di selle, tra cui proprio l' ISM adamo,trovandomi malissimo e poi superando ogni disturbo con una SMP glider...
    ora sono passato alle nuove selle italia xlr e mi trovo bene davvero.
  3. monorotula:

    Mi permetto di esprimere un minimo di perplessità sulla funzionalità di questa sella: la parte centrale infatti non solo non è scavata come in tutte le selle che ambiscono a risolvere talune situazionii, ma è addirittura in rilievo. Il risultato è che, con un imbottitura di questo genere, gli appoggi laterali (le ossa) affondano e la parte centrale va in pressione, lieve ma comunque deleteria per chi soffre di certi problemi.
    Ciao Monorotula, posso confermarti che le foto forse traggono un po' in inganno, in realtà la zona del perineo è totalmente decompressa e non è possibile appoggiarla sulla superficie della sella, solo le ossa ischiatiche sono delegate alla seduta, e l'imbottitura per quanto sia generosa non fa sprofondare in maniera così drastica, anzi ha un buon sostegno.
    In realtà le noseless Spongy Wonder e Spyderflex si differenziano e hanno un accorgomento in più avendo la seduta divisa in due, quindi vanno a decomprimere maggiormente la regione perineale vicino all'ano.
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