[Test] Trasmissione SRAM Eagle X01

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Il 15 giugno scorso SRAM è venuta a farci visita portando appresso una scatola in legno che conteneva la nuova trasmissione a 12 velocità, l’Eagle, nella sua versione enduristica X01. Sono passati poco più di tre mesi, ed in questo arco di tempo siamo riusciti ad usarla molto, una volta montata sulla nostra bici test Specialized Stumpjumper FSR 650b.



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Non vogliamo tediarvi con le specifiche tecniche, anche perché Daniel Naftali ha trattato a fondo ogni componente della trasmissione nell’articolo di presentazione che trovate qui. Vi basti sapere che, dopo 3-4 giri con la corona anteriore da 32 denti che vedete nella scatola, abbiamo optato per quella a 34 denti, perché il 32, abbinato al 50, era troppo corto e non veniva quasi usato mai. Il pacco pignoni è l’unico disponibile, cioè il 10-50 denti. Il range di rapporti è del 500%, praticamente allo stesso livello dei 2×11 offerti da Shimano, che hanno il 503% in media.

Durante questi tre mesi lo SRAM Eagle ha dovuto sopportare di tutto: dalle uscite bagnate di inizio estate a quelle piene di pietre durante due settimane trascorse nelle Dolomiti, il tutto condito da tanti metri di dislivello sia in salita che in discesa. Considerate che chi scrive percorre circa 20.000 metri di dislivello al mese, in salita. Insomma, non è stato risparmiato. Questo è lo stato in cui si trova ad oggi.

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I componenti

Iniziamo dalla catena, uno dei grossi punti interrogativi visto che, per farci stare 12 velocità, è più stretta di quelle ad 11v, ed in teoria più fragile. Usando l’apposito attrezzo per vedere se si è allungata ed è quindi da cambiare, possiamo vedere che è ancora praticamente nuova. Non ha mai subito rotture durante il test.

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Andiamo adesso al deragliatore posteriore: per farci stare il pignone da 50, SRAM ha dovuto allungare la gabbia. Se nell’XX1 questa era media, ora è lunga. È uno dei ritornelli che si sentono quando si parla di Eagle: “Ha la gabbia lunga, ara il terreno e sbatte contro le rocce“. 3 mesi, molti terreni rocciosi (Dolomiti, per esempio), diverse cadute. Risultato: il deragliatore è intonso, se si eccettuano i classici graffi da contatti con le rocce, che ci procuriamo regolarmente anche con le altre trasmissioni.

Tanto per dare l’idea, montata su una ruota da 27.5, queste sono le distanze da terra del deragliatore a seconda della marcia in cui ci si trovi.

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E questi sono i graffi dopo 3 mesi d’uso.

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Insomma, siamo ben lontani dall’arare il terreno o dal prendere ogni sasso.

Passiamo quindi all’usura dei pignoni. Il pacco pignoni è in acciaio, se si eccettua il 50, in alluminio. Non sono state riscontrate usure anomale o precoci, come si può notare dalla foto. La cambiata, su cui torneremo a breve, è rimasta costante nel tempo.

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Sull’XX1 il componente più soggetto ad usura è la corona anteriore, visto che è quella che deve sopportare il maggior carico di lavoro. Per ora la nostra corona a 34 denti tiene bene: non ci sono fastidiosi rumori di attriti, ma su questo argomento vi terremo aggiornati, dato che prima o poi riusciremo a consumarne i denti. Resta da dire che, a sensazione, sembra che tenga più a lungo, anche se le variabili da tenere in conto (condizioni atmosferiche e del terreno) sono tali da rendere difficile un paragone sensato.

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Per quanto riguarda le pedivelle, finalmente SRAM ha pensato di dotare la guarnitura in carbonio di apposite protezioni in gomma che evitano graffi e scheggiature quando si tocca il terreno. Come potete vedere, questo è un accorgimento che ci voleva, soprattutto se si gira su terreni rocciosi.

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Il funzionamento

Da quando  è uscito l’XX1 nell’ormai lontano 2012 chi scrive ha usato quasi esclusivamente trasmissioni monocorona ad 11 velocità. Di conseguenza, la pedalata (e la gamba) si è adattata ad una rapportatura più corta del 2x, in particolare quando si scalava sul rapporto più corto, che era il 42. Passare all’Eagle ha richiesto una breve fase di adattamento alla coperta più lunga, perché la pedalata, sul 50, è più agile. Sembra una cosa di poco conto, eppure fa la differenza sulle brevi rampe ripide e tecniche, dove si deve spingere a tutta per poterle superare. Se il rapporto è troppo agile, la potenza va dispersa a causa del “frullare”, da qui il passaggio dalla corona 32 denti a quella 34 denti a cui si accennava sopra. Sulla Specialized STJ prima era montato un 1×11 con corona da 30, e un pacco pignoni 11-42.

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Una domanda che spesso ci è stata posta è se il salto dal 42 al 50 non sia troppo grande. In pratica no, in teoria si spiega con la seguente tabella, che va a calcolare la differenza di denti fra i pignoni e la rapporta al pignone su cui ci si trovava in precedenza. Come potete vedere, la differenza più grande rimane quella fra il 10 e il 12, mentre quella fra il 42 e il 50 è del 19%, non così lontana da quella del 36-42 (16.67%).

Pignoni Differenza Salto dal piccolo
denti al grande in %
10
12 2 20.00%
14 2 16.67%
16 2 14.29%
18 2 12.50%
21 3 16.67%
24 3 14.29%
28 4 16.67%
32 4 14.29%
36 4 12.50%
42 6 16.67%
50 8 19.05%

 

Non è certo una cassetta dotata di una spaziatura con cui è facile allenarsi tenendo una determinata cadenza ma, siamo sinceri, questo è più un tipo di esercizio che si adatta alla regolarità di un percorso da bici da corsa più che alle uscite sullo sconnesso tipiche delle mountain bike.

Fattore più importante è piuttosto la fluidità di cambiata, costante su tutto il pacco pignoni, 50 compreso. L’Eagle non ha solo un rapporto in più, ma è anche migliorato sensibilmente in quanto a velocità e fluidità rispetto all’XX1.  In questo modo, il salto sull’ultimo pignone avviene senza problemi anche sotto sforzo, vale a dire quando ci si trova di fronte a tratti particolarmente ripidi, previa corretta regolazione del sistema. Già, perché le 12 velocità e il conseguente più limitato spazio fra i pignoni richiedono una precisa regolazione dell’Eagle, ora resa più facile anche dall’apposito attrezzo che segnala la giusta distanza fra la rotellina superiore e il pignone da 50. Nella foto non si vede ma, se la distanza è giusta, il dente più basso del 50 si trova su una riga segnata sul pezzo in plastica rossa.

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Durante il test abbiamo dovuto regolare il cambio una volta sola, cosa più che normale quando il cavo che va al deragliatore è nuovo e si deve assestare.

La nuova dentatura della corona anteriore ha svolto bene il suo lavoro di ritenzione della catena, insieme alla frizione presente sul deragliatore: non è mai caduta durante i tre mesi di test. La stessa dentatura ha anche il pregio di rendere lo scorrimento della catena più fluido e silenzioso. I denti sono arcuati all’indietro, rimane il disegno narrow wide. Disegno che invece è sparito dalle rotelline del deragliatore, evitando così che la catena non si rimetta in sede quando si prendono grandi colpi, cosa che succede ogni tanto sull’XX1.

Per quanto riguarda il numero di rapporti che si possono cambiare in un colpo solo premendo il manettino, questi sono 4, dal 10 al 18 per esempio, in linea con le altre trasmissioni 1×11 di casa SRAM.

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Conclusioni

Aveva ragione chi definiva l’1×11 di SRAM una “coperta troppo corta”? Se si toglie il “troppo”, aveva ragione sì, ma ciò non toglie che ad una coperta corta ci si possa abituare e che questa porti il biker ad essere più in forma di prima, per la capacità di tirare rapporti duri più a lungo e di non rifugiarsi in un rampichino come il 22×36 per fare meno fatica possibile. In ogni caso, ora non ci sono più scuse: con lo SRAM Eagle il deragliatore anteriore è destinato a sparire completamente. Non c’è nessun motivo di preferirgli una doppia, visto che il range di rapporti è lo stesso. La funzionalità è ottima, addirittura migliore dell’XX1, e la durata dei componenti è stata aumentata. Nessuno dei miti urbani si è rivelato essere veritiero: né la gabbia lunga è troppo esposta, né il salto dal 42 al 50 è esagerato.

Chiaro, il prezzo. Ma ai lettori più attenti non sarà sfuggito come la tecnologia vada “a cascata” piano piano verso i prodotti di media e bassa gamma. È solo questione di tempo.

SRAM Eagle

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