Coronavirus: quale distanza mantenere in bici?

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Qual è la corretta distanza di sicurezza da mantenere in bici in tempi di coronavirus? A questa domanda hanno cercato di rispondere due équipe delle università  KU Leuven (Belgio) e TU Eindhoven (Paesi Bassi) in uno studio, per il quale hanno creato un modello in cui hanno simulato la traiettoria delle particelle di saliva espirate nell’aria durante lo sforzo fisico a diverse velocità.

Se l’ormai tipico distanziamento sociale di 1-2mt è considerato sicuro stando fermi in piedi in ambiente chiuso o persino all’aperto con debole vento, le cose cambiano radicalmente durante una corsa a piedi o in bici. Un colpo di tosse o uno starnuto possono vaporizzare saliva (goccioline del diametro di 40 mm — 200 mm)  e facilmente finire nella scia che ci si lascia dietro, andando a colpire e potenzialmente infettare chi ci segue, o contrario.


Grazie alle simulazioni contenute in questo studio, con diverse velocità e angoli diversi di posizionamento di due ciclisti (appaiati, uno dietro l’altro, uno dietro in diagonale) sono arrivati alla conclusione che la situazione peggiore sia con uno dietro l’altro, e che la distanza di sicurezza in bici dovrebbe essere di almeno 10mt se si pedala a bassa velocità (14,4km) e 20mt ad alta velocità (30km//h). Al crescere della velocità le particelle di saliva decadono più rapidamente, ma se si passa in una “nuvola” di particelle vaporizzate queste si possono attaccare ai vestiti e rappresentare una fonte di contagio per più tempo.

Lo studio è stato concepito simulando una situazione di corsa a piedi, e poi inferendo i risultati alle velocità del ciclismo, in particolare in una intervista che risponde a vari interrogativi sullo studio stesso e sui suoi limiti e pretese, che potete leggere qui (in inglese). In particolare si tratta di uno studio sulla simulazione aerodinamica delle particelle di saliva, senza pretese epidemiologiche/virologiche e quindi sui rischi infettivi.

Commenti

  1. aria:

    verissimo. molti dicono "sto bene" e la conseguenza è che infettano amici, famigliari e colleghi...
    Purtroppo non esiste il rischio zero e il tampone fotografa la situazione al momento: paradossalmente uno può infettarsi uscendo dall'ambulatorio appena fatto il test.
  2. lorenzomartinelli:

    Infatti. Oggi ho fatto la mia corsetta (niente di che: 5km, due/tre volte la settimana, giusto per scaricarmi e tenermi un po') lungo la ciclopedonale che da Treviglio porta allo stabilimento della Bianchi. C'erano altri che facevano altrettanto e con la mascherina i tempi si alzano un pochino ma pazienza: i giorni sono quelli che sono e bisogna adattarsi. E poi cara grazia che possiamo farlo, vi ricordate l'incubo del lockdown? La polizia mi fermava anche quando portavo il cane a fare il giro del palazzo.
    Immagino che la mascherina la tenevi su anche quando non c'era nessuno...qua non si sta dicendo se è giusto o no usare la mascherina, certo che bisogna usarla in luoghi pubblici dove c'è il rischio di entrare in contatto con persone potenzialmente infette, la domanda era cosa prevede il dpcm...
  3. Quiabo:

    Coi mondiali tutti allenatori, con lo spread tutti economisti e con il coronavirus tutti dottori. Iniziamo col chiarire che il ciclista medio rischia molto di più di essere ospedalizzato perchè lo ha investito un veicolo che per causa del coronavirus, infatti l'immagine dell'automobilista che porta la mascherina da solo in auto ed intanto ha il cellulare all'orecchio (bastano 5 minuti ad osservare il traffico e potrete ammirare questi capolavori) già rende l'idea della condizione mentale dell'italiano medio. Poi dobbiamo essere consapevoli che screening con tamponi, obbligo di mascherine e distanziamento sociale non annullano la probabilità di contagio, l'unico modo per evitare il contagio è starsene da soli e lontano da tutto...infatti chi si trova in questo stato di paranoia invece di darsi alla delazione del prossimo dovrebbe preservare il suo stato di salute barricandosi in casa oppure andandosene a fare l'eremita in qualche posto sperduto, non come in primavera che vedevi gente che tutte le mattine andava a comprare un barattolo di fagioli alla coop e intanto malediva runners e bikers come fossero untori. Sul discorso dell'infettività degli asintomatici posso confermare che è realmente bassa e questo sia per il fatto di non tossire o starnutire, sia per la bassa carica virale trasmessa...anche un HIV+ (che prima avete menzionato) con bassa carica virale ha altrettanto bassa probabilità di trasmissione con rapporti a rischio. Un'ultima perla è quella che durante il lockdown si è fermata l'economia del paese ma sono rimaste aperte le tabaccherie, praticamente nell'enorme sforzo di rallentare il coronavirus (36mila morti con età media sopra 80 anni) ci siamo preoccupati di non intralciare il tabagismo (93mila morti l'anno con più del 25% di questi compreso tra i 35 ed i 65 anni di età).
    Purtroppo si è creata la convinzione che nel caso del covid bisogna individuare il responsabile, cioè l'untore o chi non ha impedito all'untore di trasmettere il virus. A partire dal Presidente del Consiglio, a scendere ai Governatori delle regioni, fino agli Amministratori locali ... e persino fino agli Amministratori di condominio, passando per i datori di lavoro.
    Questo causa un fenomeno di adozione generalizzata di mutande di ghisa; in cascata, tutti pensano: "ah beh ... se sono responsabile io ... allora decido io le regole !!!".

    Fino a che ciò determina delle regole a livello nazionale ha un senso, ma poi si scende per arrivare all'Amministratore di condominio che vieta di fermarsi sulle scale a parlare per regolamento.

    E si arriva alla situazione attuale in cui si fatica a trovare un centro per esami di medicina preventiva (è capitato a me !!!): in sostanza, per fare un esempio, uno può morire di quel che vuole e sono razzi suoi ... basta che non prenda il Covid, se no parte la caccia al responsabile. Ma non è che forse anche vendendo tabacco si hanno responsabilità? Sì, ma la morale comune non ne fa una colpa per nessuno !!!
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