[Test] Pivot Firebird

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Vi avevamo presentato la Pivot Firebird qualche mese fa, quando era stata assemblata. Tribe Distribution, nella persona di Andrea Bruno, ci aveva mandato il telaio, dopodiché abbiamo chiesto la componentistica a diverse aziende per avere dei prodotti da testare singolarmente, quali la trasmissione Shimano XT Di2 con Synchro Shift. Questo primo test si concentrerà sul telaio, cioè sulle caratteristiche della bici più o meno al netto del resto, successivamente troverete degli articoli appositi per i singoli componenti.



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Analisti statica

La Firebird è la bici da enduro di Pivot, con ben 170mm di escursione gestiti da un ammortizzatore Fox Float X2 ad aria. Il telaio è completamente in carbonio ed è destinato ad accogliere ruote da 27.5. Il progetto della Firebird prende spunto dalla bici da DH di Pivot, la Phoenix, non per niente il valore di reach è molto lungo, portando il rider piuttosto avanti nella posizione di guida, cosa che a suo volta aiuta a schiacciare giù l’anteriore. Il carro, invece, è molto corto, con foderi posteriori lunghi 430mm e spazi molto ridotti con il triangolo anteriore.

Il sistema di sospensione è il DW Link, presente su tutte le Pivot. Proprio il linkage si può definire massiccio e pensato per rendere la bici rigida, ma è solo uno dei tanti dettagli che rendono questo telaio un vero spettacolo, grazie alla cura maniacale nella progettazione: i passaggi cavi sono ben studiati per evitare che il telaio si rovini quando questi si muovono, la protezione sotto il tubo obliquo è generosa e ben fatta (così come quella sul batticatena), il portabatterie per la trasmissione elettronica è ben nascosto nell’obliquo, a cui si accede tramite un vano facilmente raggiungibile.

L’ammortizzatore è probabilmente il meglio che si trovi adesso sul mercato, vale a dire il Fox Float X2 (qui il nostro test). Dotato di regolazioni del ritorno, della compressione alle alte e alle basse velocità, si ha quasi la sensazione che sia un ammortizzatore a molla tanto è sensibile. Ha anche una levetta per la chiusura della compressione, nel caso si pedali a lungo in salita. Non si tratta di un blocco totale.

Subito dopo l’arrivo del telaio, abbiamo dovuto mandarlo in assistenza a seguito del richiamo di Fox, cosa che ha richiesto un po’ di tempo per l’arrivo dei pezzi di ricambio e che ha rallentato la nostra prova sul campo.

Tornando alle geometrie, anche la Firebird, come tante altre endurone moderne, ha un angolo di sterzo molto aperto: segna 65°.

Geometria

Salita

Chi segue MTB Mag assiduamente sa che sono un fan del DW Link: trovo che questo sia uno degli schemi di sospensione più bilanciati che esistano sul mercato, nel senso che lavora bene indipendentemente dal tipo di ammortizzatore montato e, soprattutto, non c’è bisogno di chiuderlo in salita, perché l’antisquat evita eccessivi affondamenti e permette dunque di salire agili senza problemi di una posizione troppo “seduta”. Insomma, si tratta di un carro che funziona e che non ha bisogno di leve/levette/comandi remoti per affrontare le salite. La Firebird non fa eccezione, non fosse che l’ammontare di escursione e la geometria non la rendono di certo uno stambecco, peso di 14.1 kg incluso.

Sullo scorrevole si pedala bene, peso permettendo, con calma si arriva al punto più alto del giro senza grossi patemi. Quando la salita diventa tecnica, l’angolo di sterzo di 65° richiede molta energia e movimento del corpo per poter girare nello stretto e tenere la ruota anteriore attaccata al terreno. Rispetto ad altre endurone ho apprezzato la posizione molto avanzata del busto, che aiuta sul ripido. Il Fox Float X2, pur con compressione chiusa grazie alla levetta, copia bene le asperità del terreno e fa già presagire di che mostro si tratti in discesa. Il movimento centrale è sufficientemente alto per non pestare i pedali su ogni ostacolo.

Come con altre bici di questa tipologia, si tira un sospiro di sollievo quando si è arrivati alla fine della salita. Siamo molto lontani da una all mountain, mettete dunque in conto della fatica in più per arrivare in cima alla vostra montagna preferita. Adesso, però, vediamo se ne è valsa la pena.

Discesa

170mm di escursione anteriore e posteriore sono una misura molto generosa, anche per una bici da enduro, e si sconfina nel segmento freeride (o park che dir si voglia). Questo vuole dire una cosa sola: date alla Firebird velocità, e godrete. Più ne mettete, più arriverete a valle con un sorriso a 32 denti. Vado dritto al punto che più mi ha entusiasmato in questa bici: le curve in velocità. Abbinata ad una Lyrik, la sospensione posteriore si mangia via tutto e dà una tranquillità di guida incredibile, ma soprattutto è facile mettere la bici in piega e schiacciarla dentro la curva, per uscire con slancio. Al di là delle sospensioni, questo comportamento è da imputare ad un grande equilibrio fra lunghezza del triangolo anteriore e compattezza del carro. Il primo dà stabilità, il secondo agilità, e sulla Firebird queste caratteristiche risaltano molto anche grazie alla rigidità complessiva del mezzo.

Una grossa mano la dà il Fox Float X2, che ho trovato estremamente sensibile e al tempo stesso bello “pieno” anche a metà corsa. Il suo comportamento sulla Pivot è piuttosto lineare, tanto che avrei voluto aggiungere uno spacer al barilotto, se lo avessi avuto, visto che arrivo piuttosto facilmente verso la fine della corsa, pur avendo un sag intorno al 25-30%. Se si gira in bikepark, questo è un accorgimento di cui tenere conto, perché in presenza di salti si arriverebbe in fretta al fine corsa. In inverno non ho potuto usare funivie per il test, ma conto di farlo nei prossimi mesi.

Insomma, questa è una bici pensata per le gare enduro in stile EWS, ma come si comporta sullo stretto scassato, cioè quello che si trova spesso nelle Alpi? L’escursione generosa aiuta quando il terreno è pieno di gradoni e smosso, ma quello che mi ha sorpreso è stata l’agilità e la facilità nel girare il mezzo anche sui tornantini. Intendiamoci, è tutto relativo, e qui stiamo parlando di una bici di 170mm di escursione e angolo sterzo di 65°, dunque non aspettatevi una gazzella come potrebbe essere una trail bike, ma neanche un auto-articolato. Rimane il fatto che, come detto ad inizio paragrafo, i frangenti più divertenti sono quelli in velocità, sia in curva sia quando si pompa la bici sugli ostacoli. Il caro corto aiuta ad alzare l’anteriore che, altrimenti, rimarrebbe incollato al terreno per la lunghezza del top tube.

Il voler accorciare il carro di ogni mm ha però un prezzo: lo sporco alzato dalla gomma posteriore va a depositarsi sull’archetto inferiore, e viene tritato dal movimento del carro, andando a graffiare la vernice. All’inizio sono rimasto un po’ basito, anche perché già dopo la prima uscita c’erano dei bei segni, poi mi sono accorto che anche altri marchi hanno lo stesso problema (Specialized Enduro, ad esempio). Mal comune mezzo gaudio? Non proprio, ma adesso lo sapete e, se acquistate una di queste bici, provate a mettere un piccolo carter di protezione, prima di graffiare il telaio come ho fatto io, non sapendolo.

Conclusioni

La Pivot Firebird è una bici da Enduro cattivo per chi ama andare in discesa senza disdegnare di guadagnarsi le salite con il proprio (tanto) sudore. Più la si lascia correre, più dà soddisfazione, in particolare in curva, dove ci si diverte come matti a mandarla in piega per farla uscire agilmente, grazie ad un’azzeccata geometria che bilancia bene il generoso reach con il carro corto, coadiuvata da una alta rigidità strutturale. La sospensione posteriore è una delle migliori sul mercato, grazie sia al DW link che al Fox Float X2. Il telaio è molto curato nei dettagli, attenzione però allo sporco alzato dalla gomma posteriore che andrà a depositarsi sulla giunzione fra carro e telaio, rigandolo. Prima di portarla fuori, mettetele una piccola protezione, sarebbe un peccato rigare un telaio del genere.

Prezzo telaio: 3.599 Euro. Qui trovate i vari montaggi e i relativi prezzi.
Tribe Distribution
Pivot Cycles

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