[Test] Trek Supercaliber 9.8

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Dopo alcuni mesi di uso “in incognito” nelle gare di Coppa del mondo delle atlete di punta Trek, vi avevamo svelato alcuni mesi orsono la Trek Supercaliber. A quell’articolo vi rimando per i dettagli tecnici della bici. Ho avuto ora modo di testarla per oltre un mese nella versione 9.8.


Dettagli


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Materiale telaio: carbonio
Formato ruote: 29”
Corsa anteriore: 100
Corsa posteriore: 60
Mozzo posteriore: 148×12
Mozzo anteriore: 110×15
Trasmissione: 1×12 (32t / 10-50)
Attacco per deragliatore: no
Attacco portaborraccia: 2
Peso rilevato: kg 11,200  in taglia L senza pedali con portaborraccia.
Prezzo: 5.999€

Geometrie

La prova sul campo

In un trend in cui nelle competizioni xc, prima di coppa del mondo e a seguire amatoriali, si sono viste affermare sempre più bici biammortizzate, le cui caratteristiche le vedevano sempre pagare un po’ in termini di peso, reattività e rigidità rispetto alle classiche front, Trek ha voluto creare un mezzo appositamente studiato per le gare XC, che coniugasse la leggerezza e l’efficienza di una hardtail ed il controllo e la trazione di una full suspension.

In tal senso ha progettato un telaio per molti versi simile ad una front, con un sistema di sospensione “minimale” come l’Isostrut, da appena 60 mm di escursione, in grado di migliorare la guidabilità della bici in discesa e sullo sconnesso. Una sorta di decisa evoluzione, almeno nell’idea, di quello che era la Procaliber testata a fine 2015 e che definirei la versione beta (peraltro tutt’ora in commercio) della Supercaliber.

In confronto alla Procaliber, il progetto Supercaliber appare un deciso salto di qualità. Ad ammo bloccato, il comportamento è quello di una front (di pari peso), con tutti i vantaggi che ne conseguono sul liscio in pianura e in salita e nei rilanci. Non ci accorge di avere un ammortizzatore e la reattività è eccellente. Nelle rampe molto ripide, pur con un attacco manubrio piuttosto corto che tende a spostare il baricentro sul posteriore, la combinazione delle geometrie consente di avere la giusta centralità di peso e non impennare la ruota anteriore, continuando a salire efficacemente.

In discesa e/o sullo sconnesso, basta aprire l’ammortizzatore, selezionabile in due sole modalità, aperto/chiuso, tramite il comando al manubrio, per avere quell’aderenza e trazione in più che garantiscono velocità e buon controllo. Intendiamoci, anche ad ammo aperto, non la definirei la classica full da xc. Rimane sempre più nervosa e meno permissiva di una classica full, seppur tale andrebbe definita, ma nelle competizioni xc pure, ad avviso di chi scrive, una escursione più ridotta può rivelarsi sufficiente nella maggior parte dei casi.

In tal senso l’ammortizzatore è sempre abbastanza “sostenuto e reattivo”, pur con le opportune regolazioni del ritorno e la giusta pressione in rapporto al proprio peso. Piuttosto utile, almeno come riferimento iniziale, è il configuratore presente sul sito Trek, seppur poi, in base al proprio stile ed ai percorsi che si vanno ad affrontare, se noti preventivamente, ognuno potrà fare i dovuti aggiustamenti sulla base anche della propria esperienza. Da sottolineare la possibilità di sostituire i token all’interno dell’ammortizzatore per variarne la progressività secondo i propri gusti. Un’opzione non facile ed immediata da eseguire e che è consigliabile lasciar fare da un negozio autorizzato Trek.

Nel guidato la bici è molto precisa e maneggevole grazie anche a dei foderi posteriori da 430 mm piuttosto corti in rapporto alle media delle full in commercio, ottimi sono i freni Shimano XT, così come la trasmissione Sram GX. Due particolari che seppur non top di gamma, pagano rispetto alle versioni superiori solo in fatto di peso, ma non in precisione nella cambiata, o in potenza e modulabilità della frenata. La cassetta GX, rispetto alla XX1 ha un rumore più secco e metallico nella cambiata, ma non differisce di precisione nemmeno sottosforzo.

Il particolare che mi lascia perplesso, di una bici per il resto efficiente e rifinita nei dettagli, è il Knock Block, ossia il blocco al manubrio che ne impedisce la rotazione completa. Un particolare che utilizzano anche altre case produttrici e che può essere molto utile, sia per evitare danni all’orizzontale del telaio, che problemi ai cavi di trasmissione e freni se non sufficientemente lunghi, in caso di rotazione completa del manubrio susseguente a caduta. Tuttavia in questo caso la limitazione della rotazione è veramente accentuata, non permettendo nemmeno che il manubrio arrivi ad essere parallelo al telaio, tale che manovre quasi da fermo per girare, sono di fatto inibite.

Va detto, che nell’uso comune in boschi e sentieri, una rotazione più pronunciata non è mai realmente necessaria, nemmeno affrontando tornantini stretti che o li si fa con un nose press o piede a terra.

Unici particolari a mio avviso rivedibili, riguardano scelta della corona di serie e copertoni. Su una bici pensata per xc, ove possono anche esserci strappi impegnativi ma generalmente brevi, un 34 di base, vista la presenza del 50 posteriore, sarebbe più indicato di quanto possa rivelarsi un 32, magari utile in casi brevi ed estremi, ma poi penalizzante come efficienza di pedalata sia a velocità elevate che su salite pedalabili dove l’uso del 34 garantisce una pedalata più piena ed efficiente (anche a parità di sviluppo metrico, verosimilmente per una questione di leva più vantaggiosa) e lascia avvertire un minor salto di denti nel passaggio soprattutto dal 42 al 50. Un 32 di serie pare più indicato per bici trail o pensate per tragitti lunghi e dislivelli importanti.

Riguardo ai copertoni, i Bontrager XR2 Team Issue sono ottimi in fatto di scorrevolezza, buoni anche come trazione e tenuta laterale su terreno asciutto, ma in condizioni bagnate vanno facilmente in crisi in trazione, tenuta laterale e soprattutto in frenata. Su terreni ripidi anche su asciutto secco, o con una buona aderenza di base, magari terriccio appena umido e quindi di consistenza ideale, tengono veramente poco lasciando scivolare la bici verso il basso pur con le ruote bloccate gradualmente (se lo si fa repentinamente è normale). Almeno un anteriore più tassellato sarebbe una opzione consigliabile. Si guadagna qualche grammo, ma si acquista anche molta più confidenza.

Conclusioni

La Supercaliber nel complesso si è dimostrata più che soddisfacente per l’uso per cui è stata progettata e presentata. Gare xc, tirate, scorrevoli o anche tecniche, possono essere affrontate al meglio con la Superaliber, che da bloccata rende come una front e da sbloccata è più guidabile e permissiva, seppur ugualmente precisa. Se si vuole una bici da percorsi gara lunghi, con molto dislivello o un utilizzo al limite del trail o come si dice ora DownCountry, volendo rimanere in casa Trek, sarebbe più indicata una Top Fuel come quella testata lo scorso anno, essendo la Supercaliber comunque più impegnativa e meno confortevole di una normale full e non considerevolmente più leggera anche in rapporto al prezzo.

Trek

 

Commenti

  1. cikin:

    La cosa oscena è il prezzo di 6mila euro per una bici montata così quando il telaio lo si porta a casa con 3200 euro scarsi, una Sid Ultimate SL a 700 euro , e con i restanti 2000 euro la bici la si monta più leggera.
    il problema dei montaggi trek è che le ruote Bontrager costano un rene rispetto a cosa si trova.
    Vero, ma è un malvezzo comune a tanti (tutti?) i brand. Ad esempio, per restare a quello che conosco meglio, la Fourstroke 01TWO è montata merduz e costa un salasso (sette zucche), quando il frame lo si trova sotto i 3K con forcella.
    Ormai è una costante, non resta che trovare i telai "a giusto prezzo", ammesso e non concesso di avere già buona componentistica da parte (e che gli standard non siano nel frattempo cambiati, ovviamente)
  2. Non ho capito una cosa dell'articolo: a parità di sviluppo metrico non è meglio avere la catena su una corona più piccola? è così che ottengo un effetto leva sulla pedivella migliore, o sbaglio?
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