[Test] Forcella DT Swiss F535 One

Nel 2018 DT Swiss ha presentato la sua prima forcella da enduro, la F535 One. È un progetto a cui la casa svizzera ha lavorato a lungo e a cui ha dato un approccio diverso dalle forcelle che conosciamo. Nello stelo sinistro troviamo la camera d’aria che lavora in combinazione con una piccola molla che si occupa dei primi millimetri di escursione, offrendo così molta sensibilità ai piccoli urti. Questa si trova in fondo alla camera stessa. Nello stelo destro troviamo invece quello che DT Swiss chiama il Plushport, responsabile del comportamento molto sostenuto della F535. Ma andiamo con ordine e vediamo prima i dati salienti di questa forcella.


Dettagli

  • Escursioni disponibili: 130 – 160 mm (in neretto quella in test).
  • Diametro ruote: 27,5″, 27,5″+, 29
  • Sistema aria/molla
  • Regolazioni esterne: Open, Drive, Lock (con leva o comando remoto), ritorno e compressione alle basse velocità (11 click)
  • Diametro foderi: 35 mm
  • Compatibile con dischi da 180 fino ad un max di 203 mm
  • Perno passante 110 x 15 mm, con Torx 10 integrato.
  • Parafanghi integrato fissato con 4 viti
  • Peso rilevato: con parafango, cannotto tagliato. 160mm, 29″: 2.250 grammi. Senza parafango: 2.180 gr.
  • Prezzo: da 1.149€
  • www.dtswiss.com

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Estetica

Non mi era mai capitata fra le mani una forcella con l’aspetto della F535: due coperchi in metallo coprono le parti in cui si troverebbero di solito i pomelli. Quello per l’inserimento dell’aria di trova sulla destra ed è raggiungibile solo dopo aver svitato la vite Torx 10, cosa fattibile anche sul trail grazie alla chiave nascosta nel perno passante.

È già tanto poter vedere la leva per il lockout, in cima allo stelo destro, perché di solito questa viene gestita da un comando remoto a manubrio come sulla Bold Unplugged che ho testato un mesetto fa. Lo stesso discorso vale per i piedini, molto massicci anche grazie ai due coperchi laterali che ne danno un aspetto granitico.

Se a primo acchito si può temere di venire impediti nelle regolazioni quando si gira, in realtà l’unica operazione eventualmente necessaria sarà quella di rimuovere il coperchio sinistro per regolare l’aria, perché anche il ritorno è raggiungibile con la Torx 10, visto che si trova in fondo allo stelo destro, ben protetto dal piedino.

Viti, coperchi, chiave Torx e perno passante sono tutti molto ben fatti, con materiali di qualità e robusti. Questo vuol dire che non si corre il rischio di spanare le viti o piegare i coperchi per errori. Molto pratico e ben fatto anche il parafango compreso nella confezione, che viene assicurato all’archetto con ben 4 viti. È piuttosto spesso, cioé robusto. Per fare un paragone, non si piega così facilmente come il Mash Guard.

Tutto questo ha un prezzo a livello di peso, infatti la F535 in test pesa 2.250 grammi parafango compreso (2.180 senza parafango), posizionandosi come la più pesante fra Fox 36 Grip2, Rock Shox Lyrik RC2, Formula Selva e Oehlins RFX 36. D’altro canto viene venduta anche come “Ebike ready”, presupponendo che i grammi in più portino più rigidità.

Idraulica

Oltre all’estetica, quello che rende molto particolare la DT F535 è il Plushport. Di solito l’idraulica di un’unità ammortizzante lavora diversamene a seconda della velocità dei colpi, gestita dalle regolazioni della compressione alle alte e basse velocità. DT Swiss aggiunge un’altra variabile, legata all’escursione: a dipendenza di dove ci si trovi nel travel della forcella, il flusso dell’olio viene aumentato o diminuito grazie ad una piccola apertura che si trova nel circuito della compressione alle basse velocità, secondo la tabella che trovate qui sotto. Dallo 0 al 30% di travel il Plusport è completamente aperto, quindi la compressione alle basse è quasi nulla. Più si affonda nel travel e più si chiude, offrendo sostegno e prevenzione al fondocorsa.

Se il Plushport è una regolazione “automatica”, cioé non può venire influenzata dal rider, quello a cui si può mettere mano è la compressione alle basse velocità tramite il pomello posta sopra la leva per il bloccaggio della forcella, oltre al ritorno.

Come detto in apertura, nello stelo sinistro si trova invece la molla ad ria, combinata con una piccola molla in acciaio che si va a comprimere prima di quella ad aria. Questo significa che la F535 ha un punto di stacco molto basso, cosa che si fa apprezzare sulle piccole asperità, che vengono assorbite molto bene.

Anche DT Swiss ha progettato degli spacer, o token, da inserire nella camera positiva, dopo aver rimosso il tappo che la serra. È un’operazione molto semplice, l’unica accortezza sta nel togliere tutta l’aria prima di svitare il tappo.

Di fabbrica troviamo 2 token, a cui ne può essere aggiunto al massimo uno. Vista la progressività generale della F535, ne ho lasciati due. Nella confezione se ne trova comunque uno da poter aggiungere, se ve ne fosse bisogno.

Regolazioni

Oltre ai token, ho inserito 76 psi nella camera positiva, basandomi sulla tabella presente nel manuale delle istruzioni. DT Swiss rinuncia al classico adesivo sui foderi che indica le pressioni a seconda del peso del rider, quindi o si tiene il manuale o si va sul loro sito. Peso 71 kg nudo, per la cronaca, e la bici su cui è stata montata è la Mondraker Foxy 29 che ormai dovreste conoscere.

La leva per il lock out ha tre posizioni: Open, Drive, Lock. Quest’ultima è molto marcata e chiude completamente l’idraulica, evitando qualsiasi oscillazione quando uno pedala in fuorisella, ottima cosa soprattutto in combinazione con un’ammortizzatore altrettando bloccabile. Faccio notare che le due concorrenti più famose, la Fox 36 Grip 2 e la Rock Shox Lyrik RC2, non hanno una leva del genere e che l’idraulica rimane sempre aperta. Per certe tipi di salite, come quelle lunghe su asfalto, è una caratteristica che si fa apprezzare molto. La leva è in metallo, zigrinata per facilitarne il grip anche con i guanti.

Infine la regolazione della compressione alle basse velocità: mi sono trovato bene con 3/4 click dal tutto aperto, su un totale di 11 click, ma in questo caso è solo un’indicazione di massima perché sono solito variare i click a seconda del percorso e della mia voglia di giocare con questa regolazione. Per usare questa regolazione è necessaria la Torx 10 nascosta nel perno passante.

Sul campo

Una volta montata la F535 sulla Foxy 29 e regolata alla pressione consigliata da DT, ci ho dato le classiche due pompate da fermo e devo ammettere di essere rimasto sorpreso su come murasse verso metà corsa. Fra me e me mi sono anche chiesto come fosse possibile girare con un’idraulica del genere, per poi mettermi di buona lena a pedalare i classici 900 metri di dislivello che portano ad una delle nostre discese che usiamo per i test. Salita tutta su asfalto su cui ho potuto apprezzare il lock out completo e la facilità di utilizzo della leva.

Arrivato in cima, metto la leva in posizione open e mi lancio in discesa. Qui comincia il bello. Nel tratto iniziale, piuttosto pianeggiante, cominciavo a notare l’ottima sensibilità sulle piccole asperità, ma è quando il terreno è cominciato a diventare ripido e scassato che le cose sono diventate veramente interessanti, perché il “muro” a metà corsa era completamente sparito e la forcella incassava i colpi con grande scorrevolezza, restando però bella alta nella corsa. Mi sono allora chiesto se sarei mai riuscito ad usare tutta l’escursione, visto che principalmente mi trovavo intorno al 60-70% del travel sui colpi grossi. La risposta l’ho avuta in una compressione in cui misuro, a modo mio, la progressività delle forcelle che provo, trovando l’O-ring a circa 10mm dal fine corsa.

Tutto questo con la pressione di 76 psi che ho citato in precedenza, cioé quella consigliata da DT Swiss. Da quel momento in poi non l’ho più cambiata, perché era perfetta per il mio peso. Tanto per dire che il coperchio sullo stelo sinistro non è più stato aperto e dunque non mi ha dato fastidio. Devo anche dire di aver usato la leva del lockout quasi solo nelle posizioni tutta aperta o tutta chiusa, raramente mi sono preso la briga di metterla su “Drive”. Forse chi gira spesso su sterrati in salita potrà apprezzare questo setting.

Sparito lo scetticismo del primo giro, ho pian piano cominciato ad apprezzare altri aspetti della F535, in primis la sua graniticità e precisione nella guida. Unita a delle gomme adatte all’uso, come le Continental Der Baron prima ed ultimamente Der Kaiser (per il test di queste ultime dovrete aspettare qualche settimana), entrambe da 2.4″, e a dei cerchi massicci come i Crank Brothers Synthesis E11, l’anteriore incassa estremamente bene i colpi, non scomponendosi neanche su tratti con grandi urti in sequenza.

Di sicuro l’aspetto che mi ha impressionato di più è come sia sostenuta sul ripido o in frenata. La combinazione fra LSC e Plushport si fa sentire, anche perché non va ad influire sui primi centimetri di corsa, quelli fondamentali per assorbire i piccoli colpi e quindi dare una sensazione di comodità e mangiatutto, ammesso che non si metta troppa compressione alle basse. Questo è anche il motivo per cui ho usato prevalentemente 3-4 click di LSC su 11: ho mantenuto la scorrevolezza iniziale, sapendo che poi la frenatura arrivava man mano che si usava l’escursione.

Per fare un paragone con due prodotti che conosco molto bene (vi ricordate della nostra comparativa?) è un po’ come se la F535 fosse una Lyrik nei primi 5-6cm di travel, per poi trasformarsi in una 36.

Conclusioni

Con la F535 DT Swiss entra di prepotenza nel gotha delle forcelle da enduro più performanti. Una gestione della compressione unica nel suo genere e la combinazione fra aria e molla fanno sì che possa essere molto sensibile alle piccole asperità e al tempo stesso molto sostenuta nella corsa. Graniticità, anche a livello ottico (da pagare con un peso più alto delle concorrenti) e maniacale cura nei dettagli completano il pacchetto di un prodotto molto ben riuscito.

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