[Test] 6 mesi in sella alla Trek Slash

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Lo scorso settembre, subito dopo la presentazione della nuova Slash, Trek mi ha proposto di mettere alla prova il nuovo modello della loro arma da enduro per un test a lungo termine, così da spremerla a fondo sui tracciati di Finale Outdoor Region che abitualmente ospitano l’Enduro World Series, il suo habitat naturale. Andiamo a scoprire come si è comportata in questi 6 mesi di maltrattamenti.



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La Slash in test è in versione 9.8 XT, allestimento dal valore intermedio tra quelli disponibili con telaio in carbonio. Ho scelto la taglia M/L, opzione che si colloca tra la M e la L, inserita da Trek per i suoi modelli più recenti. Una scelta che mi piacerebbe venisse proposta anche da altri brand dato che, come molti biker, spesso mi trovo a cavallo tra le due taglie, mentre questa M/L mi calza a pennello. Il peso dichiarato in taglia M è di 14,26kg per l’allestimento in prova, 3.175 grammi per il solo telaio con ammortizzatore in taglia M. Il peso che ho verificato in taglia M/L è di 14,62kg, con ruote tubeless (liquido sigillante compreso), inclusi tutti gli accessori di serie tra cui il portaborraccia, ovviamente senza pedali.

Dettagli

  • Materiale telaio: fibra di carbonio
  • Formato ruote: 29″
  • Geometrie variabili: sì
  • Corsa anteriore: 170mm
  • Corsa posteriore: 160mm
  • Interasse ammortizzatore: 230×62,5mm trunnion
  • Offset forcella: 44mm
  • Trasmissione: 1×12 (30t / 10-51)
  • Attacco portaborraccia: sì
  • Disponibilità del solo frameset: sì
  • Peso dichiarato: 14,26kg in taglia M senza pedali
  • Peso rilevato: 14,62kg in taglia M/L senza pedali

Sia il triangolo anteriore del telaio che il carro sono realizzati in fibra di carbonio con la consueta tecnologia proprietaria che Trek utilizza sui suoi prodotti top, la OCLV Mountain. Il risultato è un telaio tra i più leggeri in questa categoria e, a sensazione, tra i più robusti e solidi, con un’elevata rigidezza e un ottimo assorbimento delle vibrazioni residue. Vale la pena spendere due parole anche sulla verniciatura. Trek ha scelto una vernice robusta e molto brillante, non parlo del colore ma proprio della vernice, molto luminosa. La finitura trasparente lucida la rende ancora più brillante e la protegge, difatti anche se il trasparente in sé non è altrettanto robusto e tende a graffiarsi e opacizzarsi, preserva efficacemente la vernice dai normali segni di utilizzo e il telaio dopo 6 mesi di riding tra polvere, fango e rocce sembra come nuovo… almeno fino a che non lo si scruta nel dettaglio.

Il sistema di sospensione mette a disposizione 160mm di escursione alla ruota, quindi 10mm in più rispetto al precedente modello. Si tratta del consueto sistema Active Braking Pivot brevettato da Trek che sfrutta un carro single pivot assistito da un quadrilatero con giunto coassiale al perno ruota che riduce sensibilmente l’influsso della frenata sul sistema di sospensione. Il carro è molto rigido torsionalmente e contribuisce efficacemente alla precisione di guida e alla fluidità di funzionamento della sospensione stessa.

Per gestire la sospensione Trek ha realizzato in collaborazione con RockShox una nuova versione dedicata alla Slash del Super Deluxe Ultimate con sistema Thru Shaft, che vanta un serbatoio separato di dimensioni maggiori rispetto al modello precedente. Abbandonata la controversa tecnologia RE:Aktiv che caratterizzava gli ammortizzatori utilizzati da Trek sui precedenti modelli di Slash. Il nuovo Thru Shaft ha una leva per il blocco che non è totale ma è decisamente sostenuto e interviene anche sul ritorno per stabilizzare ulteriormente la sospensione. Dispone di un controllo dell’idraulica concettualmente differente, con una regolazione della compressione alle basse velocità su tre posizioni efficaci e ben avvertibili: -1, 0 e +1. La prima indicata su percorsi particolarmente sconnessi e/o ripidi, la seconda per percorsi veloci e mediamente sconnessi, la terza per percorsi scorrevoli, con salti e sponde.

In abbinamento al Super Deluxe Ultimate Thru Shaft troviamo una forcella RockShox ZEB Select+ da 44mm di offset che mette a disposizione 170mm di escursione. La sua struttura monolitica si sposa ottimamente con la rigidezza del telaio della Slash a beneficio della precisione di guida. L’idraulica della cartuccia Charger 2.1 è fluida e gestisce adeguatamente il funzionamento della ZEB in qualsiasi condizione abbia spinto la Slash, anche grazie all’abbinamento con la nuova cartuccia DebonAir, ben equilibrata nella sua curva di compressione. La limitata possibilità di regolazioni della versione Select+, che permette di gestire la compressione solo alle basse velocità, potrebbe rappresentare un limite per i rider più esigenti ma di fatto è sufficiente ad adeguare il comportamento della forcella alla maggior parte delle situazioni di riding.

Tutti gli allestimenti 9.9 e 9.8 montano di serie le ottime ruote in carbonio prodotte dalla stessa Trek con il marchio Bontrager. Nello specifico si tratta delle Line Elite 30, quindi non le top di gamma ma una più abbordabile versione da 900 euro di listino, garantita a vita, che offre un eccellente equilibrio tra prestazioni, comfort e affidabilità: la rigidezza laterale è a ottimi livelli, l’assorbimento verticale è molto buono e in 6 mesi di maltrattamenti tra le ruvide pietre liguri hanno riportato solo segni superficiali. Impeccabili i mozzi, precisi e molto scorrevoli, con un ingaggio velocissimo grazie ai 108 punti di presa. Anche i copertoni sono Bontrager con un SE5 da 2.6″ all’anteriore e un SE4 da 2.4″ al posteriore. Personalmente ho trovato l’anteriore un po’ troppo voluminoso come carcassa e il posteriore un po’ troppo esile come battistrada, in ogni caso entrambi i copertoni hanno svolto molto bene il loro compito, l’anteriore su tutti i tipi di terreno mentre il posteriore ha sofferto le condizioni più al limite come il secco smosso e il viscido.

Come lascia presagire il nome dell’allestimento in prova, la trasmissione è interamente affidata a Shimano con un gruppo XT M8100 a 12 velocità che si è comportato molto bene durante tutto il periodo del test, senza evidenziare nemmeno quei saltuari problemi di fluidità della frizione del cambio che ho riscontrato nel test dedicato. La cassetta ha un range di 10-51 denti e Trek ha scelto di abbinarla a una corona da 30 denti per una rapportatura molto agile che viene in aiuto soprattutto nei tratti sia ripidi che tecnici, dove invece non sono di aiuto le pedivelle da 175mm di lunghezza che fanno sì che i pedali urtino spesso le rocce. Problema, quello degli urti, che invece non si pone per la corona che è protetta da un guidacatena MRP con paracolpi, fissato al supporto ISCG05.

Contrariamente alla trasmissione, i freni non sono XT bensì degli SLX M7120, quindi sempre di casa Shimano ma un gradino inferiori nella gamma. Avendo utilizzato a lungo anche gli XT M8120 per il loro test dedicato, posso affermare che le differenze in termini di prestazioni sono difficilmente avvertibili e che gli SLX si sono comportati egregiamente, sia per potenza che per modulabilità, al netto di un ricorrente problema di allungamento del punto di frenata del freno posteriore che ha reso necessari diversi spurghi. Rispetto agli XT e in generale alla maggior parte dei freni in commercio, gli SLX hanno una leva con superficie molto liscia e priva di qualsiasi accorgimento che ne aumenti il grip, quindi il dito tende a scivolare molto riducendo la sicurezza. Ho ovviato con un vecchio trucco che si usava molti anni fa, quando le leve lisce erano molto più frequenti, applicando un giro di nastro adesivo che si utilizza per il kinesio taping.

Come le ruote, il manubrio Line Pro è un altro ottimo prodotto in fibra di carbonio OCLV realizzato da Bontrager. Misura ben 820mm di larghezza, ma è possibile accorciarlo fino a 40mm per lato grazie ai riferimenti di taglio laserati sul manubrio stesso. Personalmente ho scelto di lasciarlo integro a 820mm, pur utilizzando normalmente un 800mm in enduro. Il rise è di 27,5mm e gli angoli sono ben proporzionati, è stato semplice e veloce trovare la regolazione ottimale per l’inclinazione e mi ci sono trovato perfettamente a mio agio sin da subito, cosa che per quanto mi riguarda non è sempre così scontata quando mi trovo tra le mani un manubrio nuovo. L’ho trovato particolarmente confortevole non solo in termini di geometrie ma anche per l’eccellente combinazione tra rigidezza strutturale ed elasticità in grado di dissipare le vibrazioni indesiderate nello sconnesso. Il diametro è di 35mm ed è sorretto da un attacco Bontrager Line Pro da 35mm di lunghezza, rigido e massiccio ma esteticamente leggero ed elegante.

La consolle comandi sul manubrio risulta ordinata e pulita e si apprezza l’attenzione posta da Trek su questo aspetto, dato che è stato appositamente realizzato un supporto dedicato all’attacco i-Spec EV per connettere il comando remoto del reggisella telescopico Bontrager direttamente al collarino del freno Shimano, consentendo di regolarne la posizione in modo semplice e pratico. Lo stesso succede ovviamente dal lato destro, dove comando cambio XT e freno SLX si interfacciano naturalmente, grazie al supporto di serie fornito da Shimano stessa. Ho sostituito le manopole rispetto a quelle di serie, esclusivamente per metterne un paio con lock-on solo interno dato che le mie mani non digeriscono i lock-on esterni.

Il reggisella adotta il diametro maggiorato da 34.9mm per offrire rigidezza, minor gioco laterale e maggiore scorrevolezza. Si tratta di un altro buon prodotto di casa Bontrager, nello specifico un Line Elite, che si è comportato ottimamente per tutta la durata del test, sempre fluido e scorrevole, senza mai problemi o incertezze. Viene proposto con 100mm di escursione sulla taglia S, 150mm sulle taglie M e M/L, 170mm sulla L e 200mm sulla XL. La nuova posizione dell’ammortizzatore e di conseguenza della biella e del suo infulcro sul tubo sella, consente un inserimento di 45mm più profondo del precedente modello di Slash, quindi c’è spazio per reggisella con maggiore escursione. Da sostenitore dei reggisella a lunga escursione, sulla taglia M/L avrei ritenuto congruo fornire di serie la versione da 170mm. La sella è una Bontrager Arvada, dal design semplice ma comoda e molto robusta, ciò che serve su una bici di queste genere.

Con la nuova Slash, Trek ha introdotto un aggiornamento anche sul loro sistema di fine corsa della rotazione del manubrio che ora prende il nome di Knock Block 2.0. Sostanzialmente, il nuovo Knock Block interviene più tardi, consentendo una rotazione del cannotto di sterzo di ben 72° su ciascun lato, quindi nettamente più ampio dei 58° della versione precedente. Questo per evitare con abbondante margine qualsiasi possibilità che il fine corsa possa interferire con la guida, anche se personalmente non ho mai avuto problemi in tal senso nemmeno con la precedente versione.

Come consuetudine sulle bici Trek, anche sulla nuova Slash troviamo il sistema Mino Link, il tradizionale flip chip posizionato tra il fodero alto e la biella che varia l’assetto geometrico della bici su due posizioni predefinite, High oppure Low, descritte nel paragrafo dedicato alle geometrie. In tutta sincerità, non ho nemmeno mai provato la posizione High dato che ritengo le geometrie fornite dalla posizione Low semplicemente perfette per la destinazione d’uso di questa bici. In ogni caso è interessante che la Slash offra la possibilità di scegliere, così da soddisfare anche i rider che prediligono geometrie leggermente più conservative.

Il telaio è protetto a dir poco abbondantemente e con criterio. L’intero tubo obliquo è coperto da un robusto paracolpi avvitato al telaio che lo ripara, su tutta la sua larghezza, dalla scatola del movimento centrale fin verso la zona di sterzo, per offrire protezione sia dai sassi alzati dalla ruota anteriore che dalla sponda del pickup. Il paracolpi è diviso in due pezzi quindi è possibile rimuovere una delle due parti, quella superiore o quella inferiore, oppure entrambe. Anche il carro, sul lato della trasmissione, è abbondantemente riparato da una protezione in gomma dura, sia sul fodero basso, protetto su tutta la sua lunghezza sia dal lato superiore che da quello inferiore, che sul fodero alto, sul lato interno.

Un’altra importante novità che caratterizza la nuova Slash, sia i modelli in carbonio che quelli in alluminio, è l’integrazione all’interno del tubo obliquo di un vano per stivare oggetti, siano essi attrezzi, abbigliamento, barrette energetiche o altro. Una feature veramente utile, che trae ispirazione in modo esplicito dallo SWAT di Specialized, introdotta recentemente da Trek sulla Fuel EX e adottata ora anche sulla Slash. Il vano si apre facilmente agendo su di una leva che sblocca il coperchio e permette di accedere all’intero volume interno del tubo obliquo per riporre ciò che si ritiene più utile. Sul coperchio è fissato il portaborraccia Bontrager a estrazione laterale, fornito di serie con la bici. La chiusura del coperchio è salda e anche con il peso della borraccia piena non accenna a creare alcun lasco.

All’interno del vano porta oggetti, Trek prevede l’utilizzo di una borsa denominata BITS (Bontrager Integrated Tool Storage), anch’essa fornita di serie, per riporre in modo ordinato una camera d’aria, una bomboletta di CO2 con il suo apposito rubinetto erogatore e due leve cacciagomme. Il BITS però nasce per il segmento road ed è progettato per alloggiare camere d’aria di dimensioni ridotte come quelle da BDC, perciò non è adatto alle camere d’aria parecchio ingombranti necessarie alla Slash. L’apertura lunga 132mm e larga dai 40 ai 43mm non è particolarmente ampia ma consente comunque, con molta pazienza, di inserire una camera d’aria all’interno dell’obliquo senza affidarsi al BITS. In generale comunque l’opzione del porta oggetti consente di organizzarsi al meglio secondo le proprie esigenze. Personalmente, avendo utilizzato la Slash in autunno e inverno, ho preferito montare gli attrezzi all’esterno, al posto del portaborraccia come si può notare in alcune foto, dedicando lo spazio del porta oggetti a una giacca impacchettabile. Nei periodi più caldi si può scegliere invece di riporre camera d’aria e attrezzi all’interno dell’obliquo e privilegiare l’uso del portaborraccia. Il coperchio protegge bene il vano in caso di pioggia ma non è ermetico, quindi ricordatevi di estrarre il contenuto quando lavate la bici.

Il passaggio dei cavi è interno al telaio per quanto riguarda il triangolo anteriore e completamente esterno per quanto riguarda il carro. La porta di ingresso è realizzata a lato del tubo di sterzo, gestita da un apposito ferma cavi in plastica fissato al telaio con una vite che tiene in sede e orienta ordinatamente guaine e tubazione del freno posteriore verso il manubrio. Il routing non è guidato all’interno del telaio ma viene sfruttata l’apertura del vano porta oggetti per far passare facilmente le guaine e il tubo del freno all’interno del telaio e fissarli saldamente, semplicemente utilizzando delle fascette, così da evitare rumorosità e vibrazioni.

La conca formata dal telaio in corrispondenza della sede di ancoraggio inferiore dell’ammortizzatore è dotata di un foro, sigillato da un tubo in gomma, posto esattamente sotto all’ammortizzatore. Questo foro ha una doppia funzione: garantisce lo scolo dell’acqua e del fango dalla suddetta conca al di sotto del tubo obliquo ma soprattutto fornisce uno sfogo per la corsa dell’asta del sistema Thru Shaft che, verso il fine corsa, fuoriesce dall’ammortizzatore terminando la sua corsa appunto in quel foro.

Tutti i dettagli del telaio sono studiati con criterio e sono estremamente curati nella realizzazione, a vantaggio sia delle prestazioni che della durevolezza. Gli accoppiamenti dei perni con le rispettive sedi sono estremamente precisi e la qualità dei cuscinetti è ottima dato che sono rimasti bene ingrassati e scorrono ancora come nuovi. L’unico aspetto che ritengo migliorabile è rappresentato dal supporto della pinza freno posteriore che è realizzato in una lega di alluminio piuttosto tenera: nei frequenti aggiustamenti della posizione della pinza la sua superficie si è leggermente deformata compromettendo la perfetta planarità e perdendo qualche scheggia di vernice sui bordi.

Geometrie

In ambito geometrie, Trek non ha stravolto il precedente progetto ma lo ha semplicemente attualizzato con poche modifiche mirate. L’angolo sterzo è di 1 grado più disteso, la lunghezza del carro è aumentata di 3mm per bilanciare l’avantreno più lungo e anche il top tube è più lungo su ciascuna taglia ma è bilanciato da un attacco manubrio più corto che rende di fatto le taglie simili a quelle del modello precedente ma con maggiori vantaggi in discesa in quanto a stabilità e maneggevolezza. Anche l’angolo sella è stato rivisto con un angolo più verticale di oltre 2 gradi che risulta essere comunque ancora parecchio inclinato rispetto alle geometrie più attuali ed efficaci. Come avrete notato dalle foto precedenti, ho dovuto posizionare la sella completamente in avanti (e se ci fosse stato ancora spazio l’avrei fatta avanzare ancora) per trovare una posizione di pedalata quasi ottimale.

In azione

Il primo approccio con la nuova Slash non è stato semplice e non ho trovato immediatamente il giusto feeling, sia in salita che in discesa, principalmente a causa del suddetto problema con il posizionamento della sella che risultava parecchio più arretrata rispetto alla mia posizione ideale. Spostandola completamente in avanti ho migliorato la situazione e, con po’ di abitudine, ho cominciato a godermi le eccellenti caratteristiche di questa bici. Sulle salite scorrevoli il blocco sostenuto dell’ammortizzatore rende la pedalata molto piacevole, nonostante l’oscillazione della forcella molto sensibile quando ci si alza in piedi sui pedali. Anche i copertoni sono sufficientemente scorrevoli quindi guadagnarsi la salita è piuttosto piacevole in relazione alla destinazione d’uso palesemente discesistica della Slash.

Pur considerando che non si tratta dell’ambito per cui è progettata una bici come la Slash, sulle salite ripide e tecniche sale molto bene, a patto di piazzare bene il peso sull’avantreno, spostandosi completamente in punta di sella o alzandosi in piedi. Sullo sconnesso è preferibile lasciare l’ammortizzatore in posizione open, sacrificando un po’ di energia a causa dell’affondamento, per sfruttare tutta la trazione che è veramente entusiasmante e permette di superare facilmente ogni ostacolo. Nelle salite tortuose occorrono tecnica e fisicità per compensare le geometrie lunghe e distese ma, con un po’ di impegno, si riescono ad affrontare adeguatamente anche i passaggi più ostici.

Il concetto di maneggevolezza cambia radicalmente quando si porta la Slash sul suo terreno di battaglia elettivo: la discesa. Senza nulla togliere alle doti in salita, è qui che si apprezza realmente tutta la qualità dell’endurona firmata Trek. Un missile preciso, stabile e tanto più maneggevole quanto più si tiene alto il ritmo. Nei tratti pianeggianti e tortuosi le geometrie aggressive rendono la Slash un po’ pigra e richiedono una maggiore fisicità per impostare agevolmente le traiettorie, ma non appena aumenta la pendenza e di conseguenza la velocità, la maneggevolezza cresce in modo esponenziale e ci si trova tra le mani un vero bisturi, leggero da condurre e assolutamente preciso. Lo stesso succede nei tratti molto ripidi, dove si può scegliere al meglio le traiettorie anche quando i trail sono molto tecnici e sconnessi e occorre affrontarli gestendo accuratamente la velocità ridotta e l’equilibrio, facendo pieno affidamento sull’avantreno.

È in queste situazioni in particolare che si apprezza la posizione di guida bilanciata che permette di essere sempre ben improntati sull’anteriore pur stando centrali sulla bici, senza necessità di sbilanciarsi sull’avantreno. Ne deriva un pieno senso di sicurezza che consente di spingersi sempre al limite in totale e assoluto controllo, facendo affidamento sull’enorme stabilità, sia sul tecnico che nei tratti molto veloci e sconnessi. Credo che la fiducia che infonde mano a mano che si alza il ritmo e ci si spinge verso il limite sia proprio l’aspetto che più mi ha colpito di questa Slash e che, per l’ambito race alla quale è destinata, sia in assoluto una caratteristica vincente. Il telaio, la forcella, le ruote e il manubrio condividono tra loro un ottimo equilibrio tra rigidezza e comfort, quindi l’insieme di queste caratteristiche rendono la Slash estremamente precisa e al contempo incredibilmente confortevole, smorzando efficacemente le vibrazioni residue. Inoltre è molto silenziosa, non solo per quanto riguarda gli urti della catena ma anche per quanto concerne scricchiolii e cigolii dai quali è totalmente esente nonostante i 6 mesi di abusi tra polvere e fango.

Non è un segreto che il sistema di sospensione ABP di Trek sia molto efficace in discesa e la versione applicata alla Slash ne è l’ennesima conferma, coadiuvata dal nuovo ammortizzatore dedicato Thru Shaft dal comportamento incredibilmente plush. La curva di compressione è ben calibrata per sfruttare tutta l’escursione, sensibile e davvero molto corposo nella parte centrale della corsa, senza subire violenti fondocorsa nonostante di serie sia privo di volume spacer al suo interno (comunque disponibili sia per la camera positiva che per quella negativa). L’assorbimento è eccellente anche sugli urti in rapida successione, dove spesso gli ammortizzatori ad aria vanno in crisi, mentre la regolazione della compressione alle basse velocità è semplice e intuitiva da utilizzare e ottimizza concretamente il comportamento della sospensione in base ai percorsi che si affrontano. In generale il comportamento molto plush della Slash, con le ruote sempre perfettamente incollate al terreno, penalizza leggermente la reattività della sospensione alla quale bisogna sopperire con maggiore fisicità nella guida. Da sottolineare anche che il rodaggio di entrambe le sospensioni è stato parecchio lungo e che inizialmente risultavano piuttosto pigre, quindi ho iniziato a spremere davvero il meglio dalla Slash dopo diverse uscite.

Conclusioni

La Slash nasce per aggredire i percorsi da enduro e per garantire performance elevate in discesa… e mantiene in modo superlativo le promesse. Ritengo sia la bici più performante in discesa tra quelle che ho avuto modo di provare negli ultimi anni e, per quanto non riesca proprio ad apprezzarne la posizione in sella per pedalare, devo ammettere che si fa perdonare abbondantemente questo difetto una volta che si puntano le ruote a valle, con un equilibrio tra stabilità, precisione, efficacia delle sospensioni, comfort e affidabilità che si fa fatica a ottenere anche in una bici pronto gara, figuriamoci in una bici di serie.

Allestimenti e prezzi

Trek propone ben 8 diversi allestimenti per la Slash, di cui 6 con telaio in fibra di carbonio e 2 con telaio in lega di alluminio Alpha Platinum. Gli allestimenti 9.9 e 9.8 offrono ciascuno una doppia scelta: a parità di prezzo e componenti sono disponibili sia con trasmissione Shimano che con trasmissione SRAM. Recentemente il range degli allestimenti è stato aggiornato con l’inserimento di una nuova opzione per il 9.8 che ora si può scegliere anche con il nuovo cambio wireless SRAM GX AXS.

Slash 9.9 XTR – €8.999
Slash 9.9 X01 – €8.999
Slash 9.8 GX AXS – €7.599
Slash 9.8 XT – €6.299
Slash 9.8 GX – €6.299
Slash 9.7 – €4.799
Slash 8 – €3.799
Slash 7 – €3.279

Trek Bikes

 

Commenti

  1. Davvero una bella recensione esaustiva Frank, complimenti!
    La bici è molto interessante, sarei indeciso fra questa e la nuova Specy Stumpy Evo.
    Come convenienza del prezzo, forse la migliore è la Slash 8 col telaio in alluminio, con meno di 4.000 euro (...e magari un pò di sconto dal listino), si ha una gran bici senza dover cambiare nulla (...forse solo le gomme...).
    Rispetto al carbonio, comunque molto bello, un mezzo kiletto di peso in più...
  2. Ciao l'ho ordinata, proprio questo modello recensito, lo scorso febbraio. L'arrivo è previsto per il prossimo luglio. Tu hai utilizzato un size M/L, posso chiederti quanto sei alto, considerato anche come hai dovuto posizionare la sella prima di trovare, come dici, un assetto soddisfacente? P.s.: comunque ovviamente quello è il prezzo di listino, un po'di sconto, anche non proprio poco, te lo fanno sempre...
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